Tavolate romagnole

17 Gennaio 2013

Furlé o Forlì è l’epicentro della romagnolità, quel sentimento della dismisura che lega a un tenace filo Rossini e Valentino Rossi, Renato Serra e Mussolini, Pascoli e Fellini, Francesco Baracca e Pantani (anche se non riesco a perdonare a quest’ultimo la frode sportiva, con buona pace del romagnolo Teatro delle Albe). Un contributo decisivo all’unità gastronomica d’Italia venne da Pellegrino Artusi da Forlimpopopoli.

 

Forlì sconta la vicinanza a Predappio, eppure il welfare autoritario dell’architettura del ventennio non dispiace in quello che i romagnoli chiamano il Zitadon.

Io ci sono andato per la riunione nazionale di “Una Città”, piccola rivista, molto meno nota di quanto si meriterebbe e che, attraverso l’uso metodico dell’intervista, tasta il polso dell’Italia e del Mondo. Il quale, come è noto, specie ora, non è che sia granché combinato. Molti di noi sono reduci da tante battaglie, malinconici ma non disincantati, e poi le rezdore del gruppo danno il buon esempio e non consentono più di tanto la deprecatio temporis.

 

L’umore però migliora decisamente quando saliamo verso Bertinoro, un bel terrazzo sulla piana dove d’estate si va a prendere il fresco e in tutte le stagioni a baciare la morosa. Entrando nella popolare locanda penso che nella mia città ci sono ristoranti che, secondo l’uso americano, mettono la musica di sottofondo. Qui il baccano ha un crescendo rossiniano che si placa, ma mica per molto, all’arrivo delle portate. Siamo una lunga tavolata, l’altro lato del tavolo è raggiungibile solo via megafono, ma ho vicino a me Gianni, Barbara, Enrica e il leggendario Francesco Ciafaloni che con le “rivistine”, come le chiama lui, ci traffica fin dai tempi dei “Quaderni Piacentini”.

 

Menu fisso, ma di grande soddisfazione: Tagliatelle ai funghi o con le erbe, Ravioli al ragù (squisiti). A seguire una classica carne alla brace (costina, salsiccia, braciola) con contorni che denotano la qualità del luogo: patate arrosto (chissà perché son sempre meno di quelle che ti mangeresti), radicchio con i bruciatini (pancetta fritta) e aceto balsamico e dell’ottimo cardo al vapore che ci ricorda che d’autunno l’orto ancora produce. Quando usciamo dalla pianura sale la foschia marina, qualcuno dice: “Guarda c’è il Rex!”. Però avevamo bevuto un bel po’ di Sangiovese della casa e lo spirito di Tonino Guerra (ottimista anche da defunto, ma c’est plus facile) si aggirava tra di noi.

 

 

Osteria del Vignarolo, via Roma 51, Bertinoro (FC).

Chiuso il martedì e sabato a mezzogiorno, 3481216375. Abbiamo speso 20 euro a testa.

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