Speciale

Tavoli | Franco Cordelli

6 Maggio 2013

Il tavolo circolare, inscritto dentro un tappeto, è rivestito di panno verde. Quattro sedie, una per ogni quadrante. La superficie può apparire spoglia, o laconica: un barattolo con un cespo di penne e matite, fra di essi una forbice, circondato alla base da un orologio da polso; un libro di tela azzurrata, rilevato dal fondo, che lascia intravedere un emblema sul dorso; un telefono senza fili, la linea di una sveglia, alcuni taccuini con una gomma Staedtler, una pezzuola per pulire gli occhiali, quindi degli occhiali; una o più scatoline arabescate. Questi oggetti sono distribuiti in tre quadranti, mentre uno rimane vuoto.

 

Non sappiamo quale posizione vi occupi il proprietario, salvo immaginarne lo spostamento, su ciascuna sedia, per brevi o lunghi archi di tempo, visitando ora il libro ora i taccuini, o se più spesso è seduto al margine di quello spazio vuoto. Non già un tavolo di lavoro, quindi, affollato di oggetti, un campo stabile che colleghi i pensieri alla scrittura, bensì l’astrazione di un tavolo, un’idea per metà abbandonata.

 

Con il suo panno verde, la sua regolarità disusata, questo cerchio chiuso deve essere, forse, un tavolo da gioco, il luogo in cui si riafferma incessabilmente lo schema del caso.

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