Un mondo di mondi / Alla ricerca della vita intelligente nell'Universo

6 Marzo 2017

Da circa tre milioni di anni camminiamo su due gambe e ancora non ci siamo adattati perfettamente a questa nuova posizione, come dimostra il fatto che soffriamo spesso di mal di schiena. È un piccolo  svantaggio rispetto agli innumerevoli benefici che ne abbiamo tratto, tra i quali c'è anche l'aver potuto sollevare il capo e guardare il cielo. Può sembrare una cosa da poco, quasi un dettaglio romantico rispetto al resto, ma non è così. Lo sguardo verso l'alto, verso le stelle potrebbe avere segnato l'inizio della capacità speculativa, forse addirittura, come pensano alcuni, è stato il primo gesto che ha portato alla religione e alla spiritualità. Senz'altro è stato il primo inizio della cosmologia. Da allora non abbiamo più smesso di scrutare la volta celeste con meraviglia e timore, talvolta con la sensazione di essere persi nella sua ostile, immensa oscurità; talaltra, invece, sentendoci racchiusi in una sorta di bolla stellare protettiva in cui possiamo vivere al riparo dai pericoli dell'Universo circostante. Nell'ultimo secolo, la scienza ci ha costretti a pensare il mondo in modo del tutto nuovo, ci ha snocciolato  numeri e date astronomici – 14 miliardi di anni l'età dell'Universo, 4,5 miliardi quella della Terra, 3,5 la prima cellula procariote, 600 milioni di anni la comparsa dei primi organismi pluricellulari (anno più, anno meno) –

 che non hanno soddisfatto, ma piuttosto reso vorace il desiderio di sapere. E ha sdoganato dal campo della fantascienza un tema che da sempre alimenta la nostra immaginazione, ossia se esista e come potrebbe essere la vita extraterrestre. 

 

Lo dimostra un bel saggio uscito presso Raffaello Cortina dal titolo: Un mondo di mondi, sottotitolato: Alla ricerca della vita intelligente nell'Universo. Scritto a due mani dal filosofo della scienza Giulio Giorello e dal fisico Elio Sindoni, esso muove da un interrogativo antico che le conoscenze della cosmologia contemporanea hanno reso stringente: "Cento miliardi di galassie, da cento a quattrocento miliardi di stelle in ognuna di esse. Tutto questo solo per noi?" Qualcuno lo pensa. Altri sono convinti che l'Universo pulluli di vita. Non necessariamente, però, di vita intelligente (anche sulla Terra l'intelligenza si manifesta con una certa parsimonia). La questione della vita extraterrestre, infatti, presenta tre aspetti distinti: il primo, riguarda la possibilità che esista altrove vita biologica e, per quanto la sua produzione sia complessa e ancora non chiara del tutto, il fatto che ovunque nell'Universo esistano gli elementi chimici necessari e vi siano le stesse leggi fisiche, fa ritenere che forme elementari di vita biologica siano probabili. Il secondo aspetto riguarda la vita intelligente e la presenza di esseri coscienti, cosa possibile ma di cui per ora non si è trovata alcuna evidenza. Il terzo, infine, è che vi siano, da qualche parte, luoghi abitabili per noi, una questione piuttosto urgente dato che sappiamo di non potere restare sulla Terra per più di altri 4 miliardi di anni circa. 

 

 

Nella prima parte del saggio si racconta come, a partire dall'antichità fino alle dispute ottocentesche, diversi pensatori e letterati hanno immaginato la vita su altri pianeti. Si va da Anassimandro di Mileto che già nel VI secolo a.C. pensava esistessero altri mondi come la Terra nell'Universo, abitati da creature che avrebbero potuto evolversi, come immaginava fosse avvenuto qui, dai pesci a creature acquatiche le quali poi, "stanche dell'umidità", si sarebbero trasferite all'asciutto imparando a camminare; ad Anassagora, uno dei primi, nel V secolo a.C., a ipotizzare l'eliocentrismo e una teoria oggi nota come panspermia, secondo la quale "la vita sulla Terra [sarebbe] giunta dallo spazio, tramite qualche meteorite o qualche cometa, e che quindi la stessa cosa [potrebbe] essere successa anche su altri pianeti o satelliti".

 

Si cita, poi, la grandiosa e visionaria concezione dell'Universo di Giordano Bruno, tanto sicuro della presenza di infiniti Soli e Pianeti oltre il nostro Sistema Solare da preferire essere bruciato sul rogo piuttosto che rinnegare la sua idea. E il fatto che la sua intuizione (confermata dal 1995!) fosse più vicina alla realtà di quella generalmente accettata ai suoi tempi, resta una grande lezione che dovrebbe imparare chi fa fatica a mettere in discussione le proprie certezze. E non può mancare Jules Verne, il romanziere che avendo saputo "coniugare fantasia e rigore scientifico", sostengono Giorello e Sindoni, ha visto meglio e più lontano dello scienziato Camille Flammarion, entusiasta sostenitore dell'abitabilità degli altri mondi, compreso il Sole!

 

La seconda parte del saggio è dedicata alla contemporaneità. Riassumendo accuratamente i dati fondamentali delle conoscenze cosmologiche e biologiche attuali, gli autori si soffermano sulla loro compatibilità con l'ipotesi che la vita esista o sia possibile al di fuori della Terra. A questo proposito, sottolineano, è necessario tenere conto, trattando dello sviluppo della vita, di alcune nozioni acclarate a proposito di questo Universo, accennando anche all'ipotesi – plausibile a livello matematico ma non dimostrabile – che esso sia solo uno dei tanti appartenenti a un Multiverso.

 

Sappiamo che è immenso, ma non infinito, e molto vecchio, ma non eterno; sappiamo anche che è "amico della vita" biologica e intelligente, perché ne siamo la prova. Però, affinché la vita emergesse, sono state necessarie una serie incredibile di convergenze tra moltissimi parametri che, se fossero stati anche di pochissimo differenti, anziché favorirla l'avrebbero resa impossibile. Insomma, per arrivare a noi – come ha affermato chiaramente anche il fisico del CERN Carlo Tonelli – è stato necessario un Universo immenso e vecchio, con caratteristiche proprio esattamente uguali a quelle che ha. Giorello e Sindoni lo ribadiscono: "Le leggi della fisica hanno generato un Universo le cui condizioni sembrano le sole adatte allo sviluppo di esseri intelligenti". Questo principio/constatazione, spiegano, è noto come principio antropico e fu formulato  in due varianti, l'una detta debole e l'altra forte dal fisico australiano Brandon Carter nel 1974 (chi sia interessato ad approfondire può consultare, anche on line, la voce principio antropico nel Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, a cura di Giuseppe Tanzella Nitti e Alberto Strumia).

 

Dalla rivoluzione copernicana a oggi, tutto sembra confermare l'impressione kantiana che la terra sia "solo un sassolino che [ruota] intorno a uno dei miliardi di Soli sparsi nella nostra Galassia", tuttavia, si chiedono Giorello e Sindoni, "il nostro sassolino è davvero comune nell'Universo?" Non possiamo affermare con certezza che sia unico – proseguono –, ma la complessità delle caratteristiche storiche (evolutive) e cosmiche che lo rendono un pianeta "amico della vita" fanno pensare che sia perlomeno raro.

 

Non siamo in grado di dire che il cosmo sia davvero solo per noi creature della Terra, ma è certo che le condizioni grazie alle quali siamo arrivati sin qui sono molto precise, complesse e tutt'altro che frequenti. "L'esplorazione dello spazio, iniziata da oltre mezzo secolo, ha permesso di constatare che attualmente non sembra esistere, a parte la nostra, alcuna forma di vita intelligente nel Sistema solare, e che è estremamente improbabile… che sia esistita anche in passato". E anche nelle zone vicine della Galassia, laddove è stato possibile spingersi, per il momento non si sono trovate tracce di vita intelligente. Ma la ricerca continua, nonostante il monito lanciato ironicamente dal grande fisico Stephen Hawking, il quale pare abbia esortato a smetterla di cercare gli alieni, perché probabilmente ci sono e potrebbero avere per noi la stessa considerazione che noi abbiamo per i microbi! E, tuttavia, come resistere in tanta solitudine? Abbiamo già vuotato il cielo da Dio, è dura rinunciare anche agli extraterrestri!

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