Il sogno del giusto
Gli antichi credevano che attraverso i sogni si entrasse in contatto con una realtà soprannaturale e che essi contenessero un messaggio importante riguardante il futuro, di solito trasmesso con un linguaggio criptico comprensibile soltanto da chi aveva il dono dell’oniromanzia.
Si può dire che Freud, il padre della psicanalisi, la pensasse allo stesso modo, con la differenza che per lui i messaggi portati dai sogni provenivano dalle profondità dell’inconscio portando alla coscienza realtà dimenticate del passato. Oggi intere biblioteche si occupano dei sogni, delle loro interpretazioni psicologiche e, siccome viviamo in un’epoca d’insonni, delle tecniche e della farmacopea che ci può aiutare a dormire.
Un percorso diverso, poco frequentato, è quello scelto da Giampiero Comolli, scrittore, giornalista e presidente del Centro Culturale Protestante di Milano, nel suo ultimo libro Bibbia e sogno. Sonno e mondo onirico tra Antico e Nuovo Testamento (edito da Claudiana) in cui, ripercorrendo le narrazioni che parlano di sonno e di sogni nella Bibbia, racconta ciò che emerge «riguardo al legame tra sonno e sogni e morte e nuova vita». Così facendo, ricostruisce per il lettore la «sapienza biblica del buon dormire, una via biblica del coricarsi in pace, disponendosi a ricevere sogni di vita. Insegnamento tanto più prezioso in un’epoca come la nostra, in cui facilmente si dorme troppo poco e anche male, spesso agitati dall’ansia, spesso acquietati soltanto da un sonnifero poderoso».
Il primo nesso che l’autore mette in evidenza è il legame tra sonno e riposo che non sempre coincidono, come credo sappiamo bene se ci è capitato di dormire un sonno agitato e faticoso, per niente riposante. Non è il sonno, infatti, che conduce al riposo, ma viceversa è il riposo che prepara al sonno. Dovremmo prestare più attenzione a quel momento di abbandono che precede il sonno, quando, raccolti in noi stessi, siamo più vulnerabili all’assalto dei pensieri. Per potere godere di un sonno ristoratore bisogna imparare a riposare. Quando si va a letto troppo stanchi è difficile dormire, lo è ancora di più quando ci si corica agitati, sia per cose buone che per cose che inquietano, perché le emozioni impediscono il sonno, infatti si raccomanda sempre di acquietare i bambini prima di portarli a dormire. Bisogna coricarsi disposti al riposo, «in una dimensione di pace, astenendoci dall’ira e dall’ingiustizia»; lo insegna anche san Paolo: non tramonti il sole sulla vostra ira (Ef 4,26-27). Il nostro cuore riposa, e noi con lui, soltanto se è libero da sentimenti violenti, dalle contese con gli altri e con noi stessi. Scivolando pacificamente nel sonno possiamo sperare di avere bei sogni. Nel sonno solo il corpo è passivo mentre il cuore non dorme perché anche di notte il mio cuore mi istruisce (Sal 15). È possibile, allora, che una sapienza diversa venga a noi nel sonno, purché il nostro dormire sia buono, commenta Comolli. Anche Dio si è riposato il settimo giorno e il suo riposo ha donato alla creazione lo shabat, un giorno speciale per ricordare che siamo lavoratori ma non schiavi, e le ore del sonno quotidiano in cui trovare una sospensione dal dolore o dalla fatica, un momento di sollievo per riprendere vigore e rinnovare la speranza.
Adamo, il primo dormiente che si incontra nella Bibbia, dorme mentre il Signore trae dal suo fianco una compagna che gli stia di fronte, faccia a faccia; svegliandosi e vedendola esulterà di gioia, e saprà di essere un uomo. Dal sonno di Adamo impariamo che l’azione creatrice di Dio in nostro favore continua anche quando ci abbandoniamo al sonno.
Poi incontriamo il patriarca Abramo, il cui sonno rivela qualcosa ancora di Dio. Per sigillare la loro alleanza, secondo i costumi del tempo, Abramo divide alcuni animali a metà. In mezzo ad essi devono passare i contraenti dicendo: accada a me quello che è accaduto a loro se infrangerò il patto. Ma Abramo viene colto dal torpore del sonno così che solo Dio passa in mezzo agli animali sacrificati: solo Dio si impegna pienamente. Come se, conoscendo la debolezza dell’uomo, avesse voluto renderne più lieve la colpa, perdonandolo in anticipo di tutte le future infrazioni del patto.
Molti altri personaggi popolano il libro di Giampiero Comolli, tutti tratteggiati con sapienza e sensibilità ermeneutica. Alcuni fanno sogni premonitori, come Giuseppe, biblico re dei sogni, che in essi riesce a scorgere il proprio futuro glorioso, ma prima di vederlo realizzato attraverserà molte dure peripezie e infine, conquistata la fiducia del Faraone e salvato l’Egitto da sette anni di carestia, perdonerà il tradimento dei fratelli accogliendoli presso di sé insieme alle loro famiglie e all’intera tribù di Giacobbe suo padre. Un altro sogno premonitore, il più misterioso e male interpretato di tutta la Bibbia, è quello della moglie di Pilato che è anche l’unico fatto da una donna. Non avere a che fare con quel giusto, dice al marito, perché oggi in sogno sono stata molto turbata a causa sua. Pilato se ne spaventa e pensa di seguirne il consiglio col gesto famoso, divenuto emblema di menefreghismo, di lavarsene le mani lasciandolo in balìa dei suoi nemici. Un interprete più capace o più coraggioso avrebbe capito che il messaggio era un altro: liberalo per non macchiarti del sangue di un giusto.
Ad alcuni, nel sonno, il Signore manifesta la sua volontà esplicitamente senza servirsi di analogie, come è il caso di Salomone che sogna un dialogo chiaro con Dio al quale chiederà di donargli un cuore saggio. Altrettanto chiari e espliciti sono i messaggi inviati nel sonno a un altro Giuseppe, il padre terreno di Gesù, il quale in seguito ad alcuni sogni decide di prendere con sé Maria già incinta, poi di fuggire con la famiglia in Egitto per scampare alla furia di Erode e infine, dopo la morte del tiranno, di tornare in patria.
Grandioso è il sogno di Giacobbe: una scala che porta in cielo lungo la quale angeli salgono e scendono, così «il cielo si mostra… come [una cortina] dotata di un’apertura accessibile e percorribile». Comolli invita a interpretare la cura con cui Giacobbe sceglie una pietra sulla quale posare il capo come un suggerimento relativo all’importanza di prepararsi bene al sonno, perchè «le Scritture non ci insegnano soltanto a vegliare, ma anche a dormire bene, a raccoglierci in un sonno buono… Se vuoi scivolare nel dolce sonno di Dio… abbi cura del tuo corpo che ora giace inerme… scegliendo bene il tuo guanciale, come Giacobbe scelse la pietra giusta, prima di dormire».
Nella mitologia greca le due divinità Hypnos e Thanathos, il sonno e la morte, sono gemelli. L’episodio evangelico in cui si racconta che durante un’interminabile predica di Paolo a Troade un ragazzino seduto su un davanzale si addormenta, cade e muore, mette in luce «l’inquietante legame fra sonno e morte, il rischioso passaggio tra perdita della coscienza e perdita della vita…». In tutta la Bibbia corre un «misterioso rapporto tra sonno e morte, tra sonno e nuova vita». È stata l’esperienza del sogno a indurre gli uomini antichi a pensare che esista un altrove in cui ancora continui la vita, forse solo una parvenza di vita come nell’ade greco o nello sheol ebraico, o forse una vita migliore di questa. Ed è possibile che abbia avuto anche un ruolo nel formarsi della concezione di anima.
Il filosofo tedesco J.G. Herder (1744-1803) nel suo Idee per la filosofia della storia dell’umanità immagina che la morte sia «una delicata forma di attenzione paterna…un oppio benefico, sotto il cui effetto la natura raccoglie le sue forze e guarisce il malato assopitosi». Per spiegare la sua idea che la morte non fosse disgregazione assoluta, ma passaggio e mutazione, prendeva come esempio il bruco che si trasforma in farfalla. Il bruco, affermava, subisce una metamorfosi, attraverso un processo che assomiglia alla morte – il bruco infatti non c’è più, diventa farfalla, e questa è quello stesso bruco che sembrava morto. Una creatura passa da uno stato a un altro e, pur essendo assolutamente la stessa, tuttavia è radicalmente nuova. Avviene qualcosa di grande a quel corpo tanto che «la creatura stessa con la sua maggiore o minore coscienza non è abbastanza forte per vedere o reggere la sua lotta, perciò si addormenta; si sveglia soltanto, quando è ormai formata e sviluppata».
Nell’universo biblico la morte è vista così, ci si addormenta per svegliarsi nel seno di Abramo, per ricongiungersi ai propri antenati, per sedere tutti al banchetto di ricche vivande in un altrove in cui non ci saranno più né pianto né stridore di denti.