La Corte di Cassazione della Storia / Dedichereste una strada al geocentrismo tolemaico?

8 Aprile 2018

Mi sembra che la vicenda dell’ANPI del 25 aprile, nella quale i partigiani “veri” (cioè quelli defunti o vecchissimi) apprezzerebbero la Brigata ebraica del 1944-45, mentre invece i partigiani “nuovi” (cioè quelli giovani e male informati) si schiererebbero per Hamas, costituisca un bell’esempio di conta delle mele con le pere. C’è da sperare che un simile equivoco non si presenti più in futuro.

Mi auguro non ve la prenderete troppo con me se mi lascio andare a una serie di affermazioni che non intendo neppure discutere: oggi non è più questione di memoria, stante il fatto che l’oblio alla fine vince lui, e non è che sia di destra. Esiste e basta. Ma esiste anche la Corte di Cassazione della Storia, le cui sentenze non possono essere dimenticate mai. 

 

Prendiamo per esempio Giorgio Almirante, al quale di tanto in tanto si vuol dedicare qualche strada: a parte che questa storia della toponomastica forzosa comincia a darmi un po’ ai nervi dato che non è obbligatorio guadagnarsi una strada in città per il merito di una vecchiaia magari decorosa, ma mi chiedo se si sappia che, fascismo o no, razzismo o no, antisemitismo o no, in giovinezza Giorgio Almirante fu Segretario di Redazione di una delle riviste più stolte che si possano immaginare, e cioè “La difesa della razza”. In questo periodico scimunito il giovane Giorgio stampò come intestazione fissa versi di Dante, nientepopodimeno che della Commedia, scritti contro il mercato delle indulgenze praticato per lucro dalla Chiesa di allora: “Uomini siate, e non pecore matte, perché il Giudeo di voi tra voi non rida”. Dante voleva evidenziare che gli ebrei nella propria religione non avevano mai praticato l’istituto delle indulgenze. Le pecore matte erano quei cristiani che si esponevano al ridicolo convinti di abbreviare con denaro il soggiorno in Purgatorio dei propri defunti. Nell’equivoco da liceale impreparato di Giorgio, le pecore matte diventavano invece quelli che si rifiutavano, nel 1938, di trattare a pedate nel culo i loro concittadini ebrei considerati una vil razza dannata. Errori di gioventù certo, ma errori blu, vale a dire piuttosto madornali. 

 

Ecco, ho già detto tutto quello che so, e probabilmente non si è capito nulla. Provo a esprimermi in altre forme: il Padre della Patria Giorgio Almirante non merita una strada se non altro per il fatto che da giovane era un ignorante furbastro che non avrebbe neppure potuto fare il giornalista delle previsioni del tempo o della rubrica astrologica… 

La questione che si pone oggi non è quella della memoria, ma quella della ignoranza: si può accettare eccome una toponomastica gremita di Marinetti, Sironi, Boccioni, ma una strada dedicata a Piacentini potrebbe essere solo “via della Conciliazione” a patto che nelle targhe si aggiungessero le seguenti parole: “A memoria eterna di quanto un architetto possa aver danneggiato la Città Eterna”.

Come potete constatare, ho evitato accuratamente l’uso di parole come fascismo, antifascismo, Resistenza etc. non già per motivi politici, ma per evitare qualsiasi richiamo alla memoria. Ma voglio essere ancora più esplicito: che senso avrebbe dedicare un viale al Geocentrismo tolemaico? Una piazza all’Inquisizione? Un parco ai gas asfissianti? 

 

Questo testo è già uscito su “Pagine ebraiche” di gennaio.

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