Emma Dante tra i vivi e i morti
Tutto ha inizio con un funerale. L’atmosfera è tetra, un profondo nero avvolge la scena. Deboli fasci di luce lentamente illuminano un corpo leggero, vestito di nero, che si muove da un lato all’altro della scena. Sentiamo i passi e il fruscio dei vestiti che fendono l’aria. Sul fondo, dal buio, iniziano ad affiorare gli altri personaggi e si fa ben visibile una croce a conferma di una sensazione di morte che avevamo iniziato a presagire. Sono tutti vestiti di nero, abiti mascolini, camicia e pantaloni, quasi a ricordare la compostezza di una divisa.
Ne Le sorelle Macaluso si resta sospesi tra vita e morte. È un limbo particolare, una dimensione dove si permane per un ultimo scambio, dove non si distingue tra chi è morto e chi è ancora in vita, dove chi muore si chiede se davvero è morto. Uno spazio dove la mente può correre lontano ad acciuffare una memoria passata che fa tornare all’infanzia, a quella spensieratezza che tralascia le difficoltà di un padre solo e di una madre che non c’è più. Tutte insieme le nostre sorelle corrono ai ricordi di ragazzine, all’unione che c’era tra di loro, robusta e complice come solo tra sorelle può esserci, un’unione non ancora scalfita dalla tragedia.
Ph. Clarissa Cappellani
La memoria è colorata. Lentamente le ragazze iniziano a spogliarsi: sotto agli abiti scuri iniziano a intravedersi i colori accesi di vestitini estivi e prendisole. E la mente vola a quella gita al mare, all’attesa per quella giornata, alla pasta al forno preparata a casa da portare in spiaggia con una sola melanzana, però tagliata finissima per farla bastare per tutti. Per la maggior parte dello spettacolo le sette sorelle stanno una accanto all’altra, in fila come scolarette, al limite del proscenio a ripercorrere quella loro storia. E anche noi spettatori siamo lì a fremere nei preparativi, a guardarle con i vestiti del mare, quelli raramente indossati, siamo partecipi dell’aria di gioia e di straordinaria festa per questa gita. Anche noi siamo in quella corriera, stipati come sardine, confusi tra gli odori, frementi di gioia per la giornata che ci attende. E finalmente in acqua a fare un bagno, sembra quasi di poterla sentire quell’acqua di mare.
Hanno questo dono le sorelle Macaluso, quello di farti completamente empatizzare con loro. Sono coinvolgenti, credibili. E in questo coinvolgimento sentiamo la tragedia avvicinarsi, il tempo che si ferma e le vite che si inceppano. Da allora in poi niente sarà più come prima. Questo limbo diventa allora l’occasione di rinfacciarsi le colpe di una vita, è il tempo di una resa di conti tra sorelle, tutte diverse, una un po’ più taciturna, l’altra un po’ ritardata, un’altra più responsabile, un’altra più manesca. È tempo di buttare fuori tutti i malumori mai sopiti, quelle parole che ci si è sempre tenuti dentro, quei pensieri censurati. È il tempo di dare le colpe della propria infelicità.
Ph. Clarissa Cappellani
Attraverso questa vicenda familiare, Emma Dante torna ad avvicinarsi ai sentieri della Trilogia della Famiglia e ci racconta un’altra pagina della storia di una Sicilia intima e personale, ambientata in un passato imprecisato. Una Sicilia fatta di grandi famiglie e di sentimenti forti. Il dialetto, quasi una calligrafia perduta nel tempo, rafforza la sensazione di intimità. Tutto il non detto di una vita ora riemerge con una tale dirompenza da scatenare violenza. L’incidente al mare e la colpa attribuita a una di loro portano alla resa dei conti con un padre che è stato costretto a chiudere in istituto la colpevole, “sola come una cana”, si dirà in un atroce j’accuse. L’angoscia accumulata ora può sprigionarsi. Il povero padre ci è presentato piccolo piccolo, un ometto che il destino ha messo a dura prova, lasciandolo vedovo e miserabile alle prese con una famiglia così numerosa da mantenere, senza nemmeno un figlio maschio cui potersi magari appoggiare. Ma in questo limbo magistralmente creato da Emma Dante c’è una luce che si affaccia sulle vite di tutti i personaggi, uno spazio solo loro. Il padre potrà ricongiungersi in una danza commovente con la moglie amata e perduta, cullarsi di nuovo tra le sue braccia come un bambino. Vivi e morti abitano il palco tutti insieme. I morti a colori e i vivi vestiti di nero. Non se ne vanno mai dalla scena i morti, così come non se ne vanno mai dalla vita. L’amara convivenza non ci abbandona mai, fa parte della vita, così come la morte è una parte immancabile della vita. È nato tutto da un racconto fatto alla regista siciliana: una donna in fin di vita chiama i figli al capezzale, è convinta di essere già morta e crede che glielo stiano tenendo nascosto per non farla spaventare.
Ph. Clarissa Cappellani
C’è qualcosa di magico nel teatro di Emma Dante, qualcosa che non può essere completamente spiegato con la ragione, bensì solo con un appello all’immateriale, con il sogno forse. Questo spettacolo è un continuo dialogo tra buio e luce, tra tangibile e intangibile, tra respiro e oblio. Il disegno delle luci di Cristian Zucaro racconta la profondità della sofferenza che si vive in scena, così come le musiche, un’alternanza di strazianti sonorità bandistiche e trame di archi. Sul palco ci sono attori e attrici danzatori bravissimi e completi. Una Alessandra Fazzino indimenticabile nei panni di Maria la sorella più grande, che nella danza finale, oramai libera del peso di una vita castigata, potrà realizzare il sogno coltivato negli anni spiando e fantasticando sulla scuola di danza di fronte a casa.
Forse è stato uno scherzo del destino quello che ha portato questo spettacolo a chiudere il sipario della stagione di Romaeuropa al teatro Palladium di Roma. Con Le sorelle Macaluso finisce un sodalizio, quello tra la Fondazione Romaeuropa, il teatro e l’Università RomaTre, durato dieci anni: un progetto artistico che ha aiutato la capitale a essere in senso culturale una vera capitale dove hanno gravitato numerosi artisti della scena contemporanea internazionale e dove un pubblico nuovo si è formato. Ma senza la certezza di finanziamenti pubblici e, anzi, con la loro cancellazione per l’anno in corso non è possibile organizzare una stagione. Ed è giusto ammetterlo e porre ad alta voce il problema. E allora con qualche singhiozzo noi spettatori abbiamo applaudito al lavoro di Emma Dante e uscendo ci siamo chiesti quando ancora potremo sederci in quelle poltrone tutte dai colori diversi a vedere spettacoli di questo spessore.
“Le sorelle Macaluso” saranno al Teatro Biondo di Palermo dal 25 febbraio al 2 marzo, poi a Torino alle Fonderie Teatrali Limone dal 29 aprile al 4 maggio e dal 6 al 18 maggio a Milano al Piccolo Teatro Grassi.