Pubblico e privato / CoRAGGIo
Immaginiamo uno scenario ribaltato: lui, un avvocato giovane, anche se non di primissimo pelo, si candida alla poltrona di sindaco nella Roma caput mundi devastata dalle giunte di sinistra e di destra degli ultimi decenni. Siamo nel 2016, anno della misericordia vaticana, e l’elettorato romano non ne può evidentemente più di chiacchiere e tappeti rossi, di salotti nel centro storico e voragini dalla prima periferia in là, di buche stradali e buchi di bilancio.
L’avvocato in questione, trainato dai furori popolari e ben acquartierato nel movimento pentastellato che ha costruito la propria immagine su una dichiarata bonifica del linguaggio e dei costumi, vince in modo schiacciante, lasciandosi alle spalle di molte misure anche il più accreditato dei suoi antagonisti.
Come vi immaginate che si sarebbe comportata sua moglie (o la sua ex-moglie, la differenza francamente non deve e non può riguardarci) il giorno dopo le elezioni? Non avrebbe forse inforcato un bel sorriso e squadernato l’orgoglioso eloquente silenzio delle first lady di tutto il mondo, ben consapevoli – come ci dicevano i nostri vecchi – che dietro ad ogni ‘grande uomo’ c’è (di solito mutola, ma non invisibile) una grande donna?
Ma torniamo allo scenario reale e vediamo come ci hanno accolti i media italioti in quest’alba dai colori politici – perché non ammetterlo – lievemente mutati. Inevitabile per tutti fornire cifre e tempestarci di commenti, per lo più prevedibili come il ronzio delle api.
Per fortuna, a sparigliare le carte in modo vagamente patetico, se non fosse che fa danno, molto danno, entra in campo quello che definirei senza esitazioni uno stalker mediatizzato, seguito da un codazzo di testate cartacee e digitali che pare non aspettassero di meglio. Come nei migliori casi di ‘femminicidio’ annunciato, la neoeletta sindaco di Roma Virginia Raggi viene letteralmente sfigurata dall’acido di una missiva si fa per dire amorosa scrittale attraverso il suo blog dal coniuge Andrea Severini, un cittadino in “MoVimento” (sic).
Che cosa sente il bisogno di scriverle, e le testate di cui sopra, da “Repubblica” a “Huffington Post”, di riprendere? Che il gioco politico è ad alto rischio, tanto che le donne che osano entrarci vanno protette come il toporagno del Gansu e la talpa persiana. Non si interroga sulla natura violenta del gioco in questione e su chi di solito lo giochi e a quali fini. Dichiara semplicemente alla moglie, da oggi sindaco di una grande città europea che – guarda un po’ – è anche sede di Città del Vaticano, che potrà sempre contare sulla sua “protezione”, come ha contato su “tutti gli attivisti che ogni giorno ti hanno protetto”.
Ora, quando a una donna che per volere dell’elettorato è appena andata a ricoprire un incarico importante nell’esclusivo club degli uomini viene ricordato che saranno gli uomini a proteggerla, gatta ci cova. Intanto perché la si scredita di fronte alle altre donne e agli uomini che usano la testa per pensare, poi perché la si relega per l’ennesima volta tra le “minoranze” da tutelare (e dunque di cui, per definizione, si abusa). Ora, come fa un sindaco di tutte e di tutti a doversi affidare ai sette nani come Biancaneve per non soccombere alla mela avvelenata della Strega invidiosa?
Complimenti per l’incredibile e spero involontario (auto)gol, signor Raggi. Come lei scrive, ci vuole davvero coRAGGIo a esporsi così tanto. E complimenti a “Repubblica” e Co., che con squisito accanimento mediatico si dedicano a inchiodare e/lettori e e/lettrici a uno stato di minorità culturale e politica. Perché, tanto per sprovincializzare un po’ le loro pagine, non vanno a domandare a Ada Colau, sindaco di Barcellona, se non ci si possa proteggere semplicemente con il ben fare?