L’appassionante esperienza di un territorio. Ravenna

22 Agosto 2014

Continua la collaborazione con Il Giornale delle Fondazioni - Giornale dell'Arte. Pubblichiamo oggi un approfondimento su Ravenna, città italiana candidata a Capitale Europea della Cultura 2019 con un'intervista a Alberto Cassani, Assessore alla Cultura del Comune di Ravenna e Coordinatore di Ravenna 2019.

 

 

 

Perché Ravenna? In attesa che venga indicata ad ottobre per il 2019, quando sarà in Italia la Capitale Europea della Cultura, il Giornale delle Fondazioni ha intervistato Alberto Cassani, già Assessore alla Cultura del Comune di Ravenna, oggi Coordinatore di Ravenna 2019.

 

Mi faccia dire innanzitutto perché Ravenna si candida. Le ragioni della candidatura non si fondano soltanto sull’eccezionale persistenza di un patrimonio monumentale prestigioso, inserito dall’Unesco nella World Heritage List, e nemmeno in via esclusiva su una produzione culturale di livello internazionale, caratterizzata dalla relazione tra eredità culturale e istanze innovative, tra conservazione e creazione, tra ricerca identitaria e apertura al mondo. Ravenna si candida innanzitutto perché, attraverso la candidatura, crede di poter realizzare pienamente le proprie potenzialità, facendo i conti con i propri problemi e dandosi gli strumenti per uscire da quella crisi economico-sociale ma anche etica e politica che attanaglia l'Europa. Poi non c'è dubbio che Ravenna sia anche in grado di rappresentare in modo esemplarmente efficace il nostro Paese.

 

La sua dimensione, la sua storia, le testimonianze artistiche di cui è ricca, il legame con Dante e le origini della nostra lingua, il rapporto del territorio con l'acqua, delineano un modello di città in cui può ben rispecchiarsi l'identità italiana. Allo stesso tempo le sue caratteristiche le consentono di interpretare in modo originale quel modello, enfatizzando quei tratti virtuosi che meglio possono metterla in relazione con l'Europa, offrendo un contributo positivo e costruttivo per il futuro europeo.


In particolare Ravenna, a partire da una storia che la consacra come luogo di incontro e di dialogo tra culture diverse, antico Ponte tra Oriente e Occidente, si connota più di altre per la presenza di un capitale sociale e di un insieme di forze cooperative che hanno permesso in passato, e permetteranno sempre di più in futuro, la tenuta del tessuto civile di cittadinanza. La cooperazione, ovvero il fare insieme, che attraversa trasversalmente i settori della cultura, dell’economia, della società, costituisce non solo una leva strategica di sviluppo, ma anche uno strumento per affrontare il cambiamento e la trasformazione.


Di quale struttura organizzativa intende dotarsi la città per la governance della candidatura e del proprio programma?


Ravenna è stata la prima città italiana ad intraprendere il percorso di candidatura verso il 2019, attivando e mobilitando già dal 2007 tutte le energie della città e del territorio in vista dell’ambizioso obiettivo di prospettiva. In tal senso ci siamo dotati di innovativi strumenti di partecipazione, consultazione e governance.


La candidatura è sostenuta dalla Regione Emilia-Romagna e dalle principali città della Romagna (da Rimini a Forlì, da Cesena a Faenza) che fanno parte del Comitato Promotore. L'operatività è in capo a uno Staff che agisce con il supporto di un Comitato Artistico-Organizzativo. In caso di vittoria siamo pronti a costituire una Fondazione che veda una larga partecipazione delle istituzioni territoriali  e delle realtà economiche ravennati, con una parte operativa dinamica, capace di garantire una efficace realizzazione del programma, anche grazie ad un forte coordinamento di una direzione artistica collettiva competente e articolata per ambiti tematici e disciplinari.

 

foto di Marco Gualazzini

foto di Marco Gualazzini


Pubblico e Privato, locale e internazionale. Quale è la vostra strategia di sostenibilità per garantire al programma mezzi finanziari certi e adeguati?


La nostra previsione di budget è solida e fondata sulla realtà. Abbiamo lavorato per tempo perchè ci fosse un'ampia condivisione politico-istituzionale. Tutti i soggetti e le istituzioni locali e regionali che sostengono la candidatura danno ampie garanzie di poter corrispondere agli impegni. I privati, coinvolti capillarmente, interverranno per oltre il 20% della spesa operativa.


Il coinvolgimento dei cittadini è insieme alla «dimensione europea» il criterio principale su cui viene giudicato il progetto di candidatura e un fattore strategico su cui si gioca il successo del programma, anche in termini di effetti nel lungo periodo. Cosa propone la città?


Abbiamo da subito fondato la nostra candidatura sul coinvolgimento dei cittadini, innanzitutto quelli più giovani, anche perché era questa una condizione necessaria per vincere scetticismi e diffidenze e dare durata al nostro sforzo. Per questo l'elaborazione del programma si è avvalsa delle risorse intellettuali disponibili sul territorio, la cui valorizzazione ci ha portato fin da subito ad escludere l’ipotesi di un affidamento della costruzione del percorso e del programma di candidatura a consulenze esterne.


Abbiamo puntato sulle sinergie di idee e progetti che nascono dalla partecipazione della città. Attraverso un' OpenCall - uno strumento finalizzato alla raccolta e alla selezione delle idee progettuali per la formulazione del dossier di candidatura di Ravenna al titolo di Capitale Europea della Cultura 2019 – e attraverso l'azione di 28 working groups abbiamo coinvolto cittadini (in forma singola o associata), enti, organizzazioni, associazioni culturali, sociali ed economiche del territorio.
Se Ravenna vincerà il titolo, le idee, sviluppate in uno o più progetti esecutivi, verranno realizzate entro il 2019. Nel caso di mancata vittoria, le idee più innovative otterranno comunque la possibilità di trovare realizzazione nel piano di sviluppo della città.

 

Non basta essere una città conosciuta a livello europeo. Le Capitali Europee della Cultura devono mostrare le diversità culturali, avvicinare i cittadini e aprire nuove opportunità di collaborazione a livello internazionale. Come viene sviluppata la dimensione europea nel programma? Quali i possibili rapporti con la Ecoc della Bulgaria?


La dimensione europea del nostro programma si sviluppa su diversi piani, mescolando azioni, relazioni e innovazione. Dunque evidentemente molti progetti si fondano su partnership europee e hanno al centro tematiche di valenza europea: dal gemellaggio tra quartieri interculturali all'esplorazione delle rotte verso Oriente, dal ruolo delle città di porto al carattere universale di immaginari come quello dantesco o quello felliniano. In particolare, abbiamo stretto accordi con le quattro finaliste bulgare e siamo pronti a realizzare progetti condivisi, legati alla valorizzazione di peculiarità e aspetti comuni dei rispettivi territori. 

Quali sono i temi e i principali orientamenti del progetto culturale?


Partendo dalla metafora del Mosaico di culture, il nostro Programma assume una struttura frattale, nella quale la più piccola tessera è informata dal disegno più grande, che a sua volta reca tracce delle singole parti: siamo partiti da Cinque Tracce che portano a cinque “scene” suddivise in “frammenti” tematici e poi in tante “tessere” di eventi che dal 2015 porteranno al 2019.

 


Di soglia in soglia è la prima scena, percorso dell’ospitalità, della diversità culturale, sessuale e di genere, del convivio, di nuovi spazi dell’agire collettivo. La danza dei contrari mette al centro il conflitto, ma anche le contraddizioni e gli ossimori che innervano il nostro vivere quotidiano urbano, dai rapporti interpersonali all’organizzazione sociale, per capire in che modo la cultura possa rappresentare un’occasione per comporre le diversità, senza annullarle né fingendo che tutto sia in pace. Ci spingiamo anche Verso il mare aperto, terza scena, disegnando nuove rotte della cultura che connettono mari e orizzonti orientali, tracciando cammini e transumanze.

 

Ma cosa fare per un immaginario malato, sia in Italia che in Europa? Urge tornare a Immaginare l’immaginario, quarta scena, fabbricando nuovi alfabeti insieme a bambini e ragazzi, lasciandoci ispirare dalla visionarietà dell’arte, prospettando un nuovo modello di città smart, aperta a tecnologie e nuove imprese. Ravenna e la Romagna sono storicamente la terra del fare insieme: è ancora così? E, tale identità, può diventare un modello per l’Europa, in cui sia possibile affermare: «Trasformo, dunque siamo» (quinta scena)? Ce lo chiediamo guardando alla storia industriale e agricola, scommettendo sulla riqualificazione della Darsena, mettendo al centro il lavoro in campo culturale come tasselli di una vocazione al fare insieme italiana ed europea.

Quali sono i progetti infrastrutturali a cui la città intende dare vita (nuove opere, riqualificazione e interventi di conservazione e valorizzazione?


Prevediamo molti interventi di recupero di spazi da destinare ad attività culturali: dal Museo e Parco Archeologico di Classe al Museo Byron dal Museo Dantesco alla Casa dell'Europa nel Palazzo Rasponi delle Teste. E poi tutta la riqualificazione della Darsena di città, 140 ettari tra il centro storico e il mare, per farne un nuovo hub culturale vocato all'innovazione e alla creatività giovanile.


Quale è la vostra strategia di comunicazione?

Abbiamo deciso di adottare una comunicazione che sappia dare voce ai cittadini. Abbiamo per esempio raccolto le parole dei cittadini per avviare un vero processo di partecipazione, di consapevolezza dell’impatto che tale percorso può avere per la città, verificando e registrando il “sentimento” dei ravennati rispetto alla candidatura e registrare che futuro si immaginano per la città. Da questo punto di vista i nostri testimonials sono i cittadini. Certo siamo contenti quando importanti personalità del mondo dell'arte e della cultura ci esprimono il loro apprezzamento e sostegno, ma il nostro sforzo non è teso a costruire gallerie di testimonials, ma semmai a coinvolgere operatori culturali, artisti e cittadini con idee e voglia di fare, siano famosi o no, nel nostro programma.

Quali sono gli effetti di lungo periodo che il progetto auspica di generare a seguito dell'anno dedicato alla manifestazione?


Effetti importanti per la crescita del nostro territorio: sia nelle proposte culturali (dove Ravenna già presenta significative eccellenze) sia nella riqualificazione urbana (il progetto Darsena) sia nei flussi turistici, ma anche nel superamento di quei limiti infrastrutturali che ancor oggi condizionano le possibilità di sviluppo della città.
Ravenna acquisirebbe un riconoscimento internazionale più ampio, un rilancio di visibilità nel panorama europeo e non solo; si avrebbe un periodo di grande fermento che inizierebbe molto prima del 2019 e continuerebbe ben oltre.

 

Sarebbe l’occasione per un “rinascimento” culturale e progettuale, a beneficio di tutto il territorio e di tutte le componenti: privati cittadini, mondo economico, tessuto sociale, turisti. A Ravenna ci crediamo, c'è spinta, c'è motivazione, c'è “fame” di questo titolo che può aiutare a migliorarci e ad affrontare le sfide della contemporaneità.

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