Intervista con il sociologo Grigory Yudin / Un movimento contro la guerra in Russia
Il 24 febbraio, la Russia ha cominciato la guerra in Ucraina. In quello stesso giorno, sono cominciate le proteste in tutta la Russia. È difficile chiamarle manifestazioni di massa, anche se in definitiva quasi 6,500 persone sono state arrestate (in Russia, questo genere di assembramenti è di fatto vietato, e le autorità perseguono persino individui che fanno picchetti solitari). Anche il sociologo Grigory Yudin è stato arrestato ed è finito in ospedale in seguito a una protesta contro la guerra a Mosca. La corrispondente speciale per Meduza Svetlana Reiter ha discusso con Yudin il motivo per cui non ha senso dire che le proteste in Russia siano “piccole” – e perché Yudin crede che gli studiosi e gli intellettuali debbano assumere una posizione dettata da principi morali.
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Quando abbiamo cominciato a pianificare questa intervista, hai avuto da ridire sulla mia affermazione che le proteste contro la guerra fossero piccole: “Non così tanto”, hai risposto. Cosa te lo ha fatto dire?
Non viviamo a Berlino, dove a partecipare a una protesta ti becchi una pacca sulla spalla. Puoi finire con un trauma cranico, o passare la notte in carcere, o ricevere l’ordine di spogliarti [per un’ispezione corporale], o venire denunciato. Data la situazione attuale, non possiamo escludere che le proteste verranno presto punite con una pena fino a venti anni di galera o con la pena capitale. Quindi, ecco, a mio parere le persone stanno esponendosi in massa.
Durante una recente protesta, sei stato picchiato al punto da avere una commozione cerebrale. Ci puoi dare qualche dettaglio in più?
Francamente non ho molta voglia di parlarne – in fin dei conti è anche poco importante rispetto all’enorme disastro che stiamo vivendo. Comunque, sì, quella serata è finita con un trauma cranico.
Come ti senti ora?
Così così. Mi sto ancora riprendendo.
Qualcuno ha già condotto indagini sociologiche per stabilire quali segmenti della popolazione russa approvano le ostilità in Ucraina?
Le indagini sono in corso, ma è troppo presto per parlare dei risultati – non possiamo ancora basarci su numeri. O, in ogni caso, io non li ho.
Pensi sia possibile che le proteste si intensificheranno?
Sì, è possibile. La situazione iniziale era in gran parte inaspettata, e in effetti ci sono degli studi che mostrano come le persone in Russia non fossero interessate all’Ucraina. Da qui la convinzione che non ci sarebbe stata alcuna guerra.
Qui il pericolo è che, quando non sei interessato a qualcosa, allora dopo un evento scioccante sei pronto a accettare qualunque interpretazione conveniente ti venga offerta. Il che è esattamente ciò che è avvenuto – molte persone si stanno aggrappando alla spiegazione più immediata, prontamente fornita dalla propaganda di governo. È la scelta più comoda: in generale, la gente vuole evitare problemi, specialmente durante una guerra.
Ma già ora c’è un fattore che introduce una dissonanza nel quadro interpretativo – è ovvio che la guerra-lampo è fallita. Sta diventando sempre più difficile far finta che si tratti di una vicenda che ha luogo in qualche angolo remoto del pianeta e che tutto sarà passato in fretta. Al contrario, è già ovvio come si tratti di un conflitto militare di dimensioni considerevoli. Molte persone nello schieramento russo sono state già uccise o ferite, e molte lo saranno nei prossimi giorni. I cittadini e le cittadine russe hanno molti parenti in Ucraina, e, a giudicare da svariate fonti, le forze aeree russe hanno iniziato a usare bombe a grappolo, il che si tradurrà in un numero molto elevato di morti civili.
Tutto ciò disturberà il quadro interpretativo, e le persone saranno obbligate a prendere una posizione chiara. Diventerà impossibile seppellirsi nel tran tran quotidiano. In più, la realtà a cui siamo abituati verrà distrutta dalle conseguenze del collasso economico. Ecco perché penso che sia probabile un aumento degli atteggiamenti critici in diversi segmenti della società.
Ma non siamo certo i soli ad averci pensato – e dobbiamo aspettarci azioni nel futuro prossimo che proveranno a stroncare sul nascere ogni tipo di protesta generalizzata.
Che genere di azioni dobbiamo aspettarci?
Se la leadership russa riconosce gli eventi, cioè, se ammette che si tratta di una guerra e non di una vaga missione per liberare [l’Ucraina], allora è probabile che verrà introdotta la legge marziale – con le conseguenze del caso: mobilitazione generale, economia di guerra, liquidazione dei beni. È possibile che la distruzione dell’economia venga attribuita a “agenti nazisti infiltrati”, e potremmo assistere al ritorno della pena di morte. Ovviamente, i confini verranno chiusi – dopotutto, c’è una guerra, siamo in uno stato di eccezione.
Cosa si può fare?
La vita sarà diversa nel possibile scenario futuro che ho appena delineato, quindi le strategie dovranno cambiare: vedremo resistenza clandestina e lotte partigiane con tutti i rischi e le implicazioni a esse associate. La situazione attuale sta avvicinandosi a un punto di svolta – l’esito sarà o quello che ho appena descritto, oppure l’aumento di un malcontento generalizzato dal basso. Stiamo già vedendo come questo malcontento stia crescendo…
Beh, sta crescendo, ma più lentamente del conflitto armato.
Sì, sta crescendo troppo lentamente, ma sta comunque crescendo. Stiamo vedendo sempre più figure pubbliche prendere una posizione contraria [alla guerra]: membri del parlamento, associazioni di vario genere; personaggi famosi, che, nonostante la loro tendenza a tacere, stanno comunque esponendosi. Forse non è molto, ma è già qualcosa.
Se la tendenza a esporsi passa dai circoli della sub-élite a quelli dell’élite vera e propria, circoli che sono più vicini alla leadership russa, i rischi per Putin sono ovvi. L’intera vicenda può cominciare a apparire come un’avventura senza senso con conseguenze terrificanti e una sconfitta ineluttabile all’orizzonte. Per questo dico che siamo a un punto di svolta: il mondo in cui viviamo adesso non durerà a lungo…
Forse un’ora o due.
Sì, forse persino così poco.
È vero che questa è la prima volta che la Russia si trova in una situazione del genere. Ciò nonostante, puoi come sociologo provare a fare qualche previsione? Quali sono le probabilità che questo punto di svolta produca un risultato più favorevole, rispetto a uno meno favorevole? Nutri qualche speranza nei negoziati cominciati il 28 febbraio?
Siamo di fronte a una situazione senza precedenti nella storia del mondo – non c’è mai stato niente del genere prima. In questo momento, il mondo è sull’orlo di una catastrofe mostruosa, perché non c’è una conoscenza logica su cui possiamo fare affidamento.
Il mondo sta già realizzando che il 24 febbraio ha segnato la fine di un intero, lungo periodo postbellico, e ora stiamo vivendo in una nuova era. Il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha detto che questa era vedrà una nuova Germania, pronta a assumersi nuove responsabilità.
Oggi siamo sull'orlo di una guerra immane. I suoi potenziali partecipanti possiedono armi nucleari, che alcune persone stanno già minacciando di usare. Parole come “nazista” o “de-nazificazione" sono tutt'altro che innocue – nel discorso attuale, portano con sé il potenziale per una totale disumanizzazione e preparano il terreno per ogni tipo di “soluzione finale”. E non dovremmo escludere la possibilità che la risposta sia analoga…
L'analogia più vicina [al momento attuale] è il 1938-1939. Tuttavia, a quel tempo, il mondo era segnato dalle divisioni, mentre ora si sta riunendo. Non del tutto, naturalmente, ma ogni giorno che passa la gente si rende conto sempre di più che la situazione è davvero seria. Ecco perché penso che siamo tutti di fronte a un bivio che determinerà [il nostro futuro collettivo] per i decenni a venire. Questo vale soprattutto per bielorussi, russi e ucraini – tre popoli che sono caduti in ostaggio di chi punta le armi contro di loro e cerca di mettere gli uni contro gli altri.
È importante capire che questa non è una guerra della Russia contro l'Ucraina. Questa guerra è condotta da una fazione che ha accumulato un mucchio di armi, ha preso a usarle per intimidire, e ora è passata alle ostilità aperte contro tutti e tre questi popoli.
In questo momento, ti senti più un essere umano o più uno studioso? O è la domanda più stupida del mondo? Riformulo: Dobbiamo studiare o fuggire?
No, non è affatto stupida; è una domanda abbastanza logica [da fare] in un momento storico decisivo. È importante capire che queste due posizioni coesistono in ogni ricercatore o ricercatrice e devono in parte coincidere. Devi sapere in cosa credi e per cosa stai studiando: se studi o analizzi senza un fine specifico, solo perché ti è stato ordinato o richiesto, finirai come Elvira Nabiullina [la governatrice della Banca centrale russa]. Rischi di diventare un criminale di guerra.
Pensi che Elvira Nabiullina sia una criminale di guerra?
Albert Speer era un criminale di guerra.
Non è una vittima delle circostanze?
Se è per questo, non era una vittima delle circostanze anche Adolf Eichmann? Non sto facendo una battuta – a un certo punto devi smettere di pensare a te stesso come a un semplice ingranaggio, e devi trovare un punto d'appoggio che diventi la base di una visione morale. E da quel punto in avanti, le tue capacità analitiche devono servire quella visione, ma allo stesso tempo devi anche essere in grado di guadagnare una certa distanza critica, capire come mantenere la tua freddezza e non perdere l'autocontrollo. Ma è importantissimo non perdere la tua visione morale – soprattutto nei momenti critici.
Tu stesso cosa preferiresti in questo momento: andartene o restare?
Ci sono delle linee rosse per me. So per certo che non andrò in nessun caso a combattere in questa guerra folle, la più inutile di tutta la storia della Russia. È peggio della guerra di Crimea e finirà o in una catastrofe per il mondo intero o soltanto per il paese che amo di più. Putin sta agendo contro gli interessi della Russia, e io non muoverò in nessun caso guerra alla Russia.
Quanto è legittimo aspettarsi che ogni persona trovi il suo punto di appoggio morale? E cosa deve succedere perché Elvira Nabiullina o, per fare un altro esempio, Sergei Shoigu [il ministro della difesa russo, NdT] si comportino diversamente?
Questo è una faccenda che devono risolvere loro con il loro Dio. Io penso che ci troviamo in un momento che, nonostante la sua unicità, ricorda comunque gli eventi del XX secolo. Hannah Arendt ha detto credo molto giustamente che ci sono momenti in cui devi accettare la tua impotenza a cambiare il mondo nel suo insieme e capire di cosa sei personalmente responsabile – in modo tale che dopo sarai capace di vivere con te stesso, potrai sopportare di guardarti allo specchio.
Questa è la domanda più importante a cui ogni persona deve rispondere da sola, consapevole che la situazione potrebbe evolvere verso uno scenario peggiore, e probabilmente lo farà.
E come superi la paura in quel momento?
Ci sono alcuni metodi infallibili: piccole azioni con un effetto chiaramente misurabile. È il miglior rimedio per la paura, e ogni volta si scopre che la situazione non è così disperata come poteva sembrare all’inizio. Se prendi una posizione di principio, se non fallisci nell'affrontare la sfida morale, se non fai finta che non stia succedendo niente o che tu sia impotente, ma invece capisci che sei in una situazione in cui la sfida morale è enorme, di cui tutti saranno chiamati a rispondere, allora non potrai rimanere solo un passeggero. Devi credere di poter fare qualcosa, compiere un atto che abbia qualche conseguenza misurabile.
Theodor Adorno, citando il drammaturgo Christian [Dietrich] Grabbe, disse una volta che solo la disperazione può salvarci. Oggi, i russi che sono addolorati da ciò che sta accadendo si accontentano di provare auto-recriminazione e vergogna; cercano di giustificarsi o scusarsi. Sono sentimenti comprensibili e le intenzioni sono buone, ma così non si arriva all'azione. Alla fine della fiera, questa non è una guerra che il popolo russo sta conducendo contro l’Ucraina. I russi non otterranno nulla da questa guerra, perderanno nel modo più mostruoso possibile, sarà un'immensa catastrofe per il paese – tutto ciò che otterremo sarà odio a livello planetario, un'economia distrutta, una società schiacciata e forse un esercito sconfitto.
E infine, perderemo quella base incrollabile di rispetto che storicamente ha suscitato la riverenza della gente di tutto il mondo: perderemo la nostra immagine di nazione liberatrice, di nazione eroica – la vincitrice della peggiore di tutte le guerre. Ed è per questo che dobbiamo fermare questa catastrofe, perché dobbiamo unirci agli ucraini e ai bielorussi. Le circostanze sono tali che gli ucraini stanno resistendo a modo loro, mentre bielorussi e russi devono trovare una strategia diversa. Una strategia che non impedisca loro di guardarsi negli occhi nel futuro.
C’è modo di capire cosa succederà nel prossimo futuro?
Immaginare il peggiore scenario possibile, tutte le possibili sanzioni e controsanzioni. Così ti semplifichi le cose perché eviti brutte sorprese. [Pensare in questo modo] ti impedisce di essere distratto dalla valanga di notizie in corso, ti permette di mantenere quella posizione di principio che hai elaborato in anticipo, e che ti dice cosa dovresti fare in una determinata situazione, dove sta la tua responsabilità morale.
È questo il principio in base al quale vivi?
Faccio del mio meglio. Questo è ciò che rende i principi principi: è impossibile seguirli alla lettera. Ma aiutano a tenerti a galla.
Tu però insegni. Hai avuto qualche problema causato dalla tua posizione morale – per esempio, dopo quella protesta in cui sei stato picchiato?
Non è la prima volta che occupo questa posizione, e sono stato così fortunato con le persone che mi circondano, con i miei colleghi, da non avere mai avuto problemi. Il che naturalmente non mi dà alcuna garanzia in questo nuovo mondo, dove le vecchie regole non varranno più.
Non valgono già più.
È ben probabile.
Si legge molte volte che la Russia ha un problema di memoria storica. È vero?
Ci sono problemi con la memoria storica ovunque – è il regalo che il XX secolo ha fatto a quasi tutte le società. Stiamo tutti ancora cercando di superare in qualche modo i nostri problemi di memoria.
C'è modo di prevedere cosa succederà alla nostra memoria collettiva quando tutto questo sarà finito?
Dipende da come finiranno le cose. Al momento, siamo abbastanza sull’orlo del precipizio – se non finiamo per liquidare il pianeta e riusciamo ad emergere, potremmo trovarci costretti a una rimessa in discussione totale.
Se escludiamo la possibilità che il male assoluto trionfi – se riusciamo ad andare oltre i sentimenti di offesa, rabbia e vendetta, oltre la convinzione che a contare sia solo la forza bruta – allora dopo si scoprirà di nuovo che molti di noi “non sapevano nulla”, che “tutto è stato deciso per conto nostro”, che stavamo solo "seguendo gli ordini", che non eravamo “responsabili” di nulla, e così via.
Ma non è solo un problema della Russia, non dobbiamo fissarci sulla Russia e cadere nell'autoflagellazione. Tutto il mondo sta affrontando una sfida; questo fatto sta cominciando a essere chiaro a tutti. Le élite corrotte sono le stesse in tutto il mondo, pensano tutte solo a se stesse. E sì, la situazione attuale è che questa sfida proviene dalla Russia, e noi abbiamo un ruolo speciale.
So che può essere una domanda strana da fare a te in particolare, ma alla luce degli eventi del 27 febbraio, quanto è alta la probabilità di una guerra nucleare?
Qualche probabilità c’è. Ma a giudicare dalle dichiarazioni di Putin, non la considererei una minaccia immediata o imminente. Per ora, è solo un atto avvenuto in parallelo ai colloqui – colloqui che sono indiscutibilmente decorativi e non reali – ma ad ogni modo, la dichiarazione sulle armi nucleari è più probabilmente una forma di ricatto destinata a creare una base per il negoziato.
Ma il fatto stesso che questa minaccia sia stata formulata, soprattutto in un contesto in cui Putin e la sua squadra hanno chiarito che non si fermeranno davanti a nulla per ottenere ciò che vogliono, pone seriamente la questione nucleare. Inoltre non dobbiamo dimenticare i pericoli dell'uso di armi nucleari tattiche.
Ho sempre pensato che gli esseri umani sono motivati fondamentalmente dall'istinto di sopravvivenza. Ma la decisione di usare armi nucleari è suicida – e sto usando un eufemismo.
Gli esseri umani sono creature interessanti. Molti pensatori e pensatrici hanno definito gli esseri umani proprio in base alla loro capacità di concepire la possibilità del suicidio. Qualunque ne sia il motivo, una persona è capace di dire: “Io dico no alla mia esistenza fisica”. Puoi essere motivato dalla sensazione che il proseguimento della tua vita sia diventato impossibile, ma puoi anche essere motivato dal desiderio di acquisire fama e prestigio – storicamente, cose del genere hanno effettivamente spinto le persone al suicidio.
Certo, una volta non avevamo il pulsante nucleare – ma cosa cambia, in fin dei conti? Quelli che commettono un suicidio nucleare sono, dopo tutto, sempre persone, il che significa che ne sono capaci.
Scusa, devo interrompere – sto ricevendo una chiamata da mia moglie, che quasi certamente è stata arrestata durante una protesta contro la guerra.
Fonte. Pubblicato originariamente il 2 marzo 2022. Traduzione di Tullio Viola dalla versione inglese di Maya Vinokour.