Eric Fischl, "Birthday Boy", 1983
Due figure completamente nude su un letto matrimoniale, in una stanza anonima dal soffitto basso, illuminata da due o tre lampade con paralume, ai piani alti di un edificio immerso in un tessuto urbano congestionato e verticale, visibile dalla finestra in fondo alla stanza, in un momento serale o notturno. La luce è soffusa, calda, ma i colori sono spenti, ad eccezione di due macchie rosso vivo, il copriletto su cui sono adagiati i corpi, e il vassoio sul quale stanno, insieme a un giornale ripiegato, una caraffa e un bicchiere. In primo piano una donna sulla quarantina, semidistesa, il busto sostenuto dai cuscini, la testa appoggiata alla spalliera del letto, gli occhi chiusi o più probabilmente socchiusi, rivolti distrattamente verso la parete di fronte. Vicino a lei un adolescente è steso su un fianco, al centro del letto (al centro del quadro), un’aria moderatamente annoiata, la mano destra a sostenere il capo, gli occhi che guardano nel vuoto, ma di sottecchi deviano il loro corso verso il sesso della donna, godendo, per così dire, di una visuale perfetta, dal momento che lei tiene la gamba sinistra sollevata, il piede a mezz’aria, il bacino leggermente ruotato verso destra. Che sia un gesto intenzionale o involontario, l’esposizione, l’ostensione, l’esibizione è il soggetto del dipinto, anche se l’atteggiamento della donna non sembra tanto provocatorio, quanto rilassato e naturale. E però il titolo del quadro è Birthday Boy, “il festeggiato”: il ragazzo ha compiuto gli anni, e lo spettacolo di una vagina osservata nei dettagli è il suo regalo.
Perché ho sentito il bisogno di dire che i due personaggi del quadro sono completamente nudi? Perché in loro c’è un eccesso di nudità, una nudità incongrua, inopportuna, sia per la differenza d’età sia per l’atmosfera rilassata e domestica della scena. Non sembrano due amanti, non c’è tensione erotica, anche se nulla si può escludere, anzi nel momento stesso in cui le parole “non sembrano due amanti, non c’è tensione erotica” prendono forma nel discorso, il semplice fatto di negare che ci sia stato o ci debba essere un rapporto sessuale tra loro rivela il più antico dei rapporti sessuali latenti, la più antica delle attrazioni inconsce. I due personaggi sembrano madre e figlio: lei la caraffa che colma il desiderio di lui. E però lei distratta, assente; lui annoiato, indifferente. Mostrano all’altro il loro corpo senza veli, ma è come se non avessero nulla da dirsi, nessuna reazione da ottenere, se non nel fantasma, in futuro. Il ragazzo manda a memoria quello che vede, come l’allievo riluttante di una scuola di nudo, destinato a diventare autore di una nuova Origine del mondo.
Bad Boy è il titolo di un altro quadro di Eric Fischl, molto simile a questo: una donna matura completamente nuda, stesa su un letto e occupata a tagliarsi le unghie dei piedi, mostra senza pudori il proprio sesso a un ragazzino, che dando le spalle all’osservatore, assiste all’esibizione e nello stesso tempo, non visto, ruba qualcosa dalla borsetta della donna. Bad Boy è anche il titolo dell’autobiografia di Fischl, dove l’artista racconta della sua vita in un sobborgo residenziale americano negli anni sessanta, infanzia e adolescenza segnate dall’alcolismo della madre e dall’abitudine di entrambi i genitori di girare per casa completamente nudi. In particolare, Fischl descrive il disagio di guardare la televisione la sera in camera dei genitori, tutta la famiglia completamente nuda sul lettone, in una versione domestica del Giardino delle delizie; descrive la sua confusione, rabbia e dolore di fronte alla madre ubriaca, nuda e priva di sensi. L’aria distratta e assente della donna di Birthday Boy non sarebbe quindi nient’altro che nebbia alcolica. Nessun genitore può mai sapere cosa sta mostrando di sé a un figlio, o forse può saperlo e credere che sia un gesto naturale, o non avere scelta, o mentirsi. Il figlio dal canto suo guarda e non capisce, può ignorare e proseguire più o meno irretito o infastidito o perturbato per la sua strada, ma può anche continuare a porsi delle domande, a cercare di interpretare i comportamenti, intenzionali o involontari; il figlio può continuare a recitare, a provare, a ripetere nella sua immaginazione le scene conservate nel ricordo; può provare a variarle, a ricombinarle, a studiarne gli elementi alla ricerca di un senso nascosto. Può cercare di rubare dalla borsa della madre il significato dei suoi gesti.
Vent’anni dopo, per una serie di dipinti intitolata The Krefeld Project, Fischl arruolò due attori che fece muovere nello spazio di una casa, fissandoli in fotografie che modificava con Photoshop e a mano a mano trasformava in dipinti. Qual era il rapporto tra i due personaggi? Quale storia li legava? In un certo senso mise in pratica nella realtà il metodo che aveva sempre usato con i propri ricordi. Ciò che lo interessava, e che l’aveva interessato fin dall’inizio della sua carriera era cogliere un gesto nel momento aurorale, nella sua ingenuità devastante, nella sua irrilevanza piena di significato; dice in un’intervista: disegnare un corpo nell’istante in cui il peso si sposta, la massa si sbilancia, e il movimento perde la sua casualità e diventa narrativo e insieme universale, risuonando a un livello più profondo. Una gamba sollevata mollemente, il piede arcuato, ondeggiante a mezz’aria; una testa che accenna un impercettibile movimento, seguendo lo sguardo di sbieco, fino a mettere a fuoco l’origine della ferita.
Nella foto un dettaglio dell'opera "Birthday Boy" di Fischlstudio, 1983, Ph. Carlo Vannini.