Il Dio degli animali / Gli animali hanno una religione?
“Il gatto non ha come il cane una concezione religiosa dell'uomo, e quindi un'inquietudine di coscienza nei suoi riguardi: per esempio, se il cane fa una lunga e arbitraria assenza torna con il pentimento negli occhi e il timore nelle orecchie; ma il gatto rientra da avventure cavalleresche di settimane, non d'altro curandosi che di trovare un cuscino.”
Questo testo intitolato Micceide è raccolto nel libro Nonsense e altro del grande teologo Paolo De Benedetti. De Benedetti fu autore di una lunga riflessione intellettuale che tentava di eliminare l'approccio antropocentrico alla divinità, parlando della spiritualità degli animali e ricordando ciò che è possibile trovare in diversi passaggi dei testi sacri: la salvezza non è appannaggio esclusivo degli uomini.
Il cane raccontato da De Benedetti ha una concezione religiosa dell'uomo, espressa nei termini del pentimento e della punizione dei peccati. Ma esistono prove dell'esistenza di pratiche religiose nelle comunità animali?
L'antropologo Antonino Buttitta disse in una intervista che “la vera differenza fra l'uomo e gli altri esseri viventi è che l'uomo si nutre di simboli.” Questa affermazione, basata sull'esperienza di una vita di ricerca antropologica, non è solo una boutade ma è stata confermata nel gennaio 2018 dal corso di Psicologia Cognitiva Sperimentale tenuto dal professor Stanislas Dehaene presso il Collège de France. Il 22 gennaio scorso, in una lezione intitolata L'apprentissage des symboles chez l'animal, Dehaene ha sostanzialmente confermato l'intuizione di Buttitta: le specie animali più intelligenti non hanno l'abilità del pensiero simbolico complesso. Decenni di esperimenti hanno dimostrato che alcune specie animali hanno la capacità di apprendere centinaia di segni arbitrari, di relazioni significante-significato: pensiamo agli scimpanzé in grado di imparare numeri, forme, colori e simboli. Ma appunto la vera differenza con gli uomini è l'assenza di reversibilità: il simbolo rimarrà sempre quello e non rimanderà mai ad un significato altro da quello imposto arbitrariamente.
La mancanza di reversibilità e di pensiero propriamente simbolico negli animali più intelligenti mostrata da Dehaene sembrerebbe mettere fine a qualsiasi discorso sui culti degli animali. Ma ci sono ancora oggi importanti studiosi che affermano invece che gli animali hanno qualcosa di simile ad una religiosità, ed effettivamente alcuni comportamenti osservati in natura potrebbero fare propendere per questa ipotesi. Pensiamo ai cosiddetti rituali funerari dei corvi o dei delfini, ai leoni marini che si stringono ai cadaveri dei loro cari, o a tutti quegli animali che sembrano onorare i propri partner con 'doni nuziali'.
Un recente studio in questa direzione potrebbe avere delle conseguenze importanti sul modo in cui consideriamo il periodo in cui noi stessi siamo passati dall'essere bestie ad essere uomini, attraverso l'evoluzione della specie e la nascita della cultura. Hjalmar Kühl ed Ammie Kalan, antropologi evolutivi del Max Planck Institute, hanno pubblicato uno studio intitolato Chimpanzee Accumulative Stone Throwing in cui si dà notizia dell'abitudine degli scimpanzé di lanciare pietre in un determinato spazio, che può essere un tronco cavo o altro. L'osservazione di questi comportamenti nei campi di studio in Liberia, Guinea Bissau e Guinea viene messa in relazione con i siti archeologici che presentano le stesse caratteristiche. La tesi dei due studiosi è che questo comportamento ritualizzato di raccolta di oggetti in luoghi precisi possa essere all'origine dell'abitudine umana di creare luoghi di culto e di tornarci periodicamente a fini rituali.
Insomma, gli animali non avranno il pensiero simbolico necessario alla creazione di una teologia, ma sembrano avere rituali che in alcuni casi potrebbero essere alla base dei culti umani. A tal proposito non va dimenticata Jane Goodall, la famosa primatologa, che parla di 'primate spirituality' in riferimento ad alcune scene effettivamente toccanti viste personalmente nel suo cinquantennio di ricerche sul campo in Africa:
Nel profondo della foresta ci sono delle spettacolari cascate. A volte uno scimpanzé- il più delle volte un maschio adulto - si avvicinava a una di queste cascate e piano piano il suo pelo si sollevava, un segno di aumentata eccitazione. Avvicinandosi, mentre il ruggito dell'acqua che cade diventa più forte, il suo passo accelera, i suoi peli diventano completamente eretti, e raggiungendo il flusso d'acqua si può ammirare un magnifico display che si completa vicino ai piedi delle cascate. In piedi, ondeggia ritmicamente da un piede all'altro, calpestando in basso sull'acqua che scorre, raccogliendo e scagliando grandi rocce. A volte si arrampica sui rampicanti che cadono dagli alberi in alto, andando a quietarsi sotto lo spruzzo dell'acqua che cade. Questa "danza della cascata" può durare per dieci o quindici minuti.
Non sono solo le cascate che possono attivare questi comportamenti. Gli scimpanzé "ballano" all'inizio di una pesante pioggia, muovendosi ondeggiando verso gli alberelli o i rami bassi ritmicamente avanti e indietro, avanti e indietro, poi in movimento in avanti al rallentatore, rumorosamente, battendo il terreno con le mani, poi con i piedi e scagliando le pietre. Per due volte li ho visti esibirsi così durante le prime violente raffiche di vento, presagio di una tempesta. E a volte uno scimpanzé si muoveva lentamente lungo un letto di ruscello, raccogliendo e lanciando pietre senza fermarsi.
Io non mi sento di mettere in dubbio le conclusioni di Jane Goodall frutto di osservazioni pluridecennali. Ma quando sento un umano che parla della religiosità degli animali non posso non pensare ad un racconto di Heinrich Heine nel libro Gli Déi in Esilio pubblicato da Adelphi.
Si parla di un vecchio marinaio che osserva le balene e nota delle mosse che possono ricordare una preghiera o un rito religioso:
Come Maometto Ben Mansur cominciava sempre i suoi canti con una lode del cavallo, Niels Andersen iniziava tutte le sue storie con un'apologia della balena. La balena, non è soltanto l'animale più grande, ma anche il più bello […] è bonaria, pacifica, e ha molta inclinazione per la vita familiare. È uno spettacolo commovente quello di una famiglia di balene raccolta attorno al padre sopra un enorme banco di ghiaccio, a gareggiare in teneri giuochi e scherzi innocenti. Talvolta balzano tutti insieme in acqua per giocare a moscaccia tra i grandi blocchi di ghiaccio. La purezza di costumi e la castità delle balene viene favorita assai più dall'acqua ghiacciata in cui sguazzano continuamente con le pinne, che non da principi morali. E purtroppo non si può negare che esse manchino di senso religioso, che siano del tutto irreligiose…
“Credo che questo sia un errore” interruppi il mio amico “ho letto di recente la relazione di un missionario olandese che descrive la magnificenza del creato delle regioni polari quando il sole irradia i giganteschi banchi di ghiaccio che sembrano fiabeschi castelli di diamanti, rendendo una testimonianza così imponente di Dio che non solo l'uomo, ma anche il rozzo pesce, commosso da quella vista, adora il creatore – il reverendo assicura di aver veduto con i suoi occhi parecchie balene che stavano dritte appoggiandosi ad una parete di ghiaccio e muovevano su e giù la parte superiore del corpo come le persone che pregano”.
Niels Andersen scosse stranamente la testa. Egli non negò di aver visto talvolta delle balene appoggiate ad una parete di ghiaccio, che si muovevano in modo non dissimile da quello che osserviamo nelle sale di preghiera di varie sette di credenti; ma egli non voleva assolutamente attribuire ciò a devozione religiosa. Spiegò la cosa con ragioni fisiologiche. La balena ha sotto la pelle uno strato talmente profondo di grasso che una sola balena può fornire cento barili di sego e olio. Quello strato di grasso è talmente spesso che vi si possono annidare molte centinaia di ratti acquatici mentre il grosso animale dorme sul blocco di ghiaccio. E questi ospiti, infinitamente più grossi e mordaci dei nostri ratti di terra, fanno una bella vita sotto la pelle delle balene, dove banchettano giorno e notte col grasso migliore senza bisogno di lasciare il nido. Questi festini danno infiniti tormenti, e le balene cercano di lenire la tortura interna mettendosi contro la parete aguzza di una parete di ghiaccio e fregandovi con fervore il dorso. Ora, il buon reverendo ha preso questi movimenti per quelli di un orante, mentre essi vengono provocati solo dalle orge dei ratti. “La balena, per quanto olio contenga, non possiede alcun senso religioso” concluse Niels Andersen.
Martin Lutero diceva che Dio si vede nell'uomo e nelle trippe del topo. Noi umani di fronte alla religiosità degli animali possiamo essere come Jane Goodall che osserva le danze degli scimpanzé, oppure come Niels Andersen di fronte alle preghiere delle balene. In fondo, un umano che tenta di capire la spiritualità delle bestie è come un cane randagio che entra in chiesa durante la messa di Natale pretendendo di capire la religione degli umani.