Speciale Ai Weiwei
Artista e architetto tra i più famosi del nostro tempo, Ai Weiwei è salito alla ribalta della cronaca politica come oppositore e critico irriducibile del regime autoritario cinese, bersaglio di una serie di ritorsioni culminata nel suo arresto nell’aprile di quest’anno e nella lunga detenzione senza processo, interrotta dopo diversi mesi anche grazie a una vasta mobilitazione internazionale in suo favore.
Attraverso il suo blog, pubblicato tra il 2006 e il 2009, quando fu chiuso d’autorità, Ai ha denunciato soprusi, additato responsabilità istituzionali, connivenze e censure, riflettendo sulla condizione sociale, politica, culturale della Cina contemporanea, sul suo modello di sviluppo economico, sulle conseguenze dei radicali mutamenti che ne hanno trasformato il volto negli ultimi trent’anni. Con le sue pagine dense di riflessioni sull’arte, lo scenario urbano, la cultura e la politica cinesi, con le sue annotazioni autobiografiche, le petizioni e le inchieste, il blog ha dimostrato la possibilità di organizzare su internet inedite forme di resistenza democratica in un paese dall’opinione pubblica rigidamente controllata.
Cancellati per motivi politici, scritti e immagini rivivono oggi in un volume che testimonia in modo vivido la passione, la curiosità intellettuale, la rabbia civile di Ai Weiwei. Giudicato sin dal suo primo apparire una delle testimonianze più originali e coraggiose provenienti della Cina contemporanea, il blog viene tradotto in italiano in un volume che inaugura la collaborazione tra l’editore Johan & Levi e doppiozero. Al libro tradizionale, distribuito nelle librerie nelle prossime settimane, si affianca l’edizione elettronica che sarà acquistabile direttamente dal nostro sito.
Ad Ai Weiwei doppiozero dedica uno speciale che si arricchirà via via di contributi, interviste, video, articoli selezionati dalla stampa mondiale. Un modo per approfondire la conoscenza di una delle figure più importanti della cultura contemporanea e per guardare ancor più da vicino la fisionomia di un paese che ha ormai conquistato un’enorme influenza tanto sulla scena mondiale che nel nostro quotidiano.
Il Blog di Ai Weiwei
Molti usano la rete per distrarsi; Ai Weiwei ne ha fatto invece un potente mezzo di cambiamento sociale. In un rito divenuto quotidiano, Ai dedica varie ore al giorno al computer, passando dalle notizie ai tweet e diffondendo i suoi pensieri nel cyberspazio. “Metto il novanta percento della mia energia nel blog”, ha detto in un’intervista rilasciata poco prima della sua forzata chiusura. Dopo la censura imposta dalle autorità, più di duemilasettecento post, incluse migliaia di foto e milioni di commenti dei lettori, sono spariti. L’indirizzo blog.sina. com.cn/aiweiwei da cui Ai aveva diffuso aspre critiche sociali, severe denunce della gestione politica e infine una scottante lista di nomi di studenti morti o scomparsi nel terremoto del Wenchuan, è stato chiuso a tempo indeterminato; al suo posto appariva il seguente messaggio: “Questo blog è stato chiuso. Se avete domande, per favore digitate il 95105670; cliccate su ‘dare un’occhiata’ nella stringa a sinistra per visitare altri eccellenti blog”. Il messaggio è ancora lì.
Per promuovere il lancio della sua nuova piattaforma di blog, sina.com aveva invitato diverse “celebrità”, tra cui Ai Weiwei, ad aprire dei blog che sarebbero stati posti in evidenza sulla homepage. Fino al suo primo post, nell’ottobre del 2005, Ai non aveva quasi avuto contatti con Internet. Scherzava addirittura sul fatto di sapere a malapena scrivere al computer. Inizialmente, in quanto figlio di un famoso poeta, l’idea del blog gli era piaciuta perché gli appariva come una possibilità per mettere alla prova quelle doti letterarie che aveva sempre desiderato esplorare. Cominciò a passare diverse ore al giorno a scrivere sul blog, scoprendo nella piattaforma digitale un luogo in cui divulgare la sua vita attraverso le foto. Usando una Ricoh R8, faceva la cronaca della sua vita scattando ogni giorno centinaia di fotografie, alcune delle quali postate quotidianamente sul blog.
Nel 2008, mentre la capitale si preparava per la ventinovesima edizione dei Giochi olimpici, Ai Weiwei fu uno dei primi cittadini cinesi a boicottare pubblicamente le Olimpiadi, anche se il suo nome era legato al nuovo Stadio nazionale, un simbolo importante per la Pechino olimpica. Per il suo contributo al progetto avrebbe potuto essere acclamato come un eroe nazionale, specialmente ora che la reputazione del padre era stata ristabilita e la sua poesia considerata come un importante patrimonio culturale, ma queste contraddizioni implicite nel suo boicottaggio non sembravano disturbarlo in nessun modo. Invece continuava a far volare invettive su Internet, disdegnando le pompose cerimonie e condannando il regime tra lo sconcerto di molti osservatori della blogosfera cinese.
Per Pechino, l’onore di ospitare i Giochi olimpici equivaleva alla realizzazione del nuovo sogno collettivo cinese di parità rispetto al resto del mondo. Tuttavia, mentre l’orgoglio nazionale raggiungeva il picco, i disastri sociali e naturali minacciavano di rovinare la festa. L’orologio gigante di piazza Tienanmen segnava i giorni, le ore e i secondi mancanti all’apertura delle Olimpiadi e nel frattempo l’anno del trionfo cominciava con migliaia di vacanzieri bloccati a causa della neve nelle stazioni ferroviarie sulla via per la festa della primavera (il capodanno cinese); in seguito, le tensioni etniche a Lhasa, il terremoto nel Wenchuan, il sanguinoso assalto di Yang Jia a una stazione di polizia di Shanghai, rappresentarono altri choc per la nazione. Ai reagì a ognuno di questi eventi con una prospettiva critica molto diversa dalle opinioni mainstream diffuse sui media e sui forum online. La sua non era l’unica voce di dissenso sul web a invocare responsabilità sociale, responsabilità del governo e trasparenza, ma era spesso la più diretta. “Molti pensano che i miei interventi siano tra i più chiari di tutti quelli pubblicati su Internet” disse “e questo ha avuto una grande influenza su di loro”.
Il 20 marzo 2009 Ai Weiwei postava un invito a unirsi a un’azione collettiva volta a far pressione sulle autorità della provincia del Sichuan perché si assumessero la responsabilità della pessima qualità degli edifici scolastici crollati durante il terremoto nel Wenchuan causando la morte di migliaia di scolari. La definiva Indagine dei cittadini e prometteva: “Scopriremo i nomi di ogni bambino morto, e li ricorderemo”. L’indagine ha coinvolto un centinaio di volontari che hanno viaggiato nelle zone del terremoto per intervistare famiglie, funzionari, operai, o telefonato dal suo ufficio per chiedere in modo pressante ai funzionari di fornire il numero delle vittime. Nonostante molti burocrati insistessero sul fatto che un conteggio esatto dei morti e un rapporto complessivo fossero già stati forniti, nessuno riusciva a capire chi avesse fatto il calcolo e dove fosse stata pubblicata la lista. Le trascrizioni delle conversazioni dei volontari venivano pubblicate sul blog solo per essere cancellate qualche minuto dopo dall’host del blog, sicuramente su pressione delle autorità.
L’indagine dei cittadini ha prodotto una lista di nomi, completa di date di nascita, scuole, classi, contatti di genitori o responsabili per più di cinquemila bambini (ad agosto 2010 la lista ne contava cinquemiladuecentodieci). I volontari hanno incontrato i genitori delle vittime e raccolto le loro storie: alcuni erano stati arrestati e costretti ad accettare soldi in cambio del silenzio. L’indagine si è tradotta in un ampio e compromettente insieme di dati, oltre a ore di filmati trasformati in seguito in un documentario che lo studio di Ai ha distribuito a largo raggio e gratuitamente in tutta la Cina, quasi a chiunque ne facesse richiesta su Twitter. Dopo l’Indagine dei cittadini, i blog cancellati sono aumentati e le tensioni sono cresciute ancora quando la polizia ha messo sotto controllo il telefono di Ai, intercettandone gli sms e controllando la sua casa con due telecamere puntate sul portone e un furgone stazionato all’esterno. Nel Sichuan la polizia tratteneva i volontari consegnando loro dei messaggi per Ai: “Saluta Ai da parte nostra, lui qui non è il benvenuto, meglio che non si faccia vedere”.
Il 26 maggio alcuni agenti in borghese si presentarono a casa di sua madre e tentarono di interrogare Ai quando lui arrivò sul posto: l’artista invocò il rispetto della legge, rifiutandosi di parlare finché non si fossero qualificati. Di fronte alla loro impossibilità di mostrare un tesserino della polizia, Ai li costrinse a stilare un rapporto. Dopo altre difficoltà con la polizia e alcuni post cancellati, le pressioni crescenti sull’Indagine dei cittadini e l’avvicinarsi del ventesimo anniversario di Tienanmen portarono alla chiusura del blog il 28 maggio 2009.
Ogni tanto, l’arresto dei volontari bloccava il progredire dell’Indagine dei cittadini. Sebbene quasi tutti venissero fermati e poi rilasciati dopo brevi interrogatori (“Stai lavorando per Ai Weiwei?”), l’intellettuale e attivista Tan Zuoren rappresentò un’importante eccezione. Tan aveva cominciato, subito dopo il terremoto del Wenchuan, a reclamare per conto proprio un elenco di nomi. Quando fu arrestato e accusato di sovversione, fu chiaro che le accuse erano il risultato del suo coinvolgimento nel processo di raccolta dei nomi. Nell’agosto 2009 Ai si recò nel Sichuan accompagnato da assistenti e molti altri attivisti con l’intenzione di testimoniare al primo processo contro Tan Zuoren. Subito dopo il loro arrivo nell’albergo di Chengdu, il 12 agosto, fu evidente che la polizia locale era a conoscenza dei loro movimenti. Com’era abitudine di Ai e del suo entourage, l’intero processo fu filmato. Ai fu svegliato alle tre del mattino da qualcuno che bussava alla porta della sua stanza d’albergo. Quando la polizia entrò ci fu una colluttazione, di cui esiste solo una registrazione audio, e Ai, colpito alla testa, riportò un trauma che fu diagnosticato correttamente solo dopo il suo arrivo a Monaco dove doveva preparare la sua mostra di settembre alla Haus der Kunst. Il 14 settembre i medici tedeschi gli diagnosticarono un’emorragia cerebrale e lo operarono immediatamente, salvandogli la vita; l’emorragia è con tutta probabilità il risultato della colluttazione di Chengdu. Dopo l’operazione cessarono i dolorosi mal di testa di cui aveva sofferto in seguito all’incidente, ma continuò ad avere problemi di concentrazione e attenzione.
La reputazione di uomo saggio di cui Ai Weiwei gode nel mondo dell’arte e la sua conseguente notorietà ne hanno fatto quasi una figura intoccabile per le autorità, che avrebbero potuto facilmente fermarlo, ma non lo hanno reso immune da critiche. Gli osservatori cinesi oscillano nei suoi confronti dall’ammirazione alla censura, e quando la blogosfera parla, lui reagisce con la sua prosa, a volte colta, a volte ostentatamente semplice. Quando i critici hanno affermato che osava criticare solo perché aveva un passaporto straniero, ha pubblicato online il suo passaporto cinese. Gli insulti più popolari vanno da “senza vergogna” a “privo di senso patriottico” a “servo degli imperialisti americani”. Altri suoi contemporanei ritengono che il suo entusiasmo nell’impegno critico contro le autorità e il suo atteggiamento conflittuale siano il risultato di quella che è stata definita “sindrome da stress post Rivoluzione culturale”. Ma probabilmente è stato lui stesso a definirsi meglio, quando ha scritto: “In me si riflettono tutti i difetti della mia epoca”.
Per quanto riguarda l’attivismo di Ai Weiwei e l’eredità artistica che ha lasciato a una generazione, un’approvazione unanime sarebbe impossibile. Condannato da alcuni, controverso per altri, l’impegno di Ai per la libertà di espressione gli ha fatto guadagnare le lodi di persone da ogni parte del mondo. La libertà di parola dovrebbe essere il fondamento di ogni autentica opera d’arte, e nella sua lotta per portare questo diritto basilare a un numero crescente di persone, la sua arte è realmente al servizio del popolo.
Lee Ambrozy
(Il testo completo dell’introduzione di Lee Ambrozy al blog di Ai Weiwei appare nel volume Ai Weiwei. Il Blog. Scritti, interviste, invettive 2006-2009 in corso di pubblicazione e nato da una collaborazione tra la casa editrice Johan & Levi e doppiozero. Il saggio sarà disponibile sia in versione cartacea – nelle librerie tradizionali – che in versione digitale – su doppiozero – da fine gennaio).