Mercuriali a Milano

5 Aprile 2014

Milano ha legato saldamente la propria immagine al design industriale, di cui il Salone del Mobile celebra ogni anno i meccanismi, ma nelle pieghe della produzione che dagli anni ’50 ha cambiato il percorso della rappresentazione dei nostri interni quotidiani, si insinua anche un altro percorso. Quello di un artigianato onirico e mercuriale, di cui è esempio d’eccellenza Piero Fornasetti, di cui alla Triennale, per le cure del figlio Barnaba, si è celebrata finalmente la strepitosa invenzione.

 

Arbasino raccontava il creatore mentre faceva capolino dalla sua vetrina come un oggetto di sua invenzione, in una domenica pomeriggio presto, prima del rito della Scala. Il Catalogo Cento anni di follia pratica, edito con dovizia da Corraini (prefazione di Patrick Mauriès), permette ora di verificare i simboli ricorrenti di un mondo di grande ricchezza iconografica. Le suggestioni ottocentesche delle pistole da duello, degli arcolai, delle chitarre alla spagnola, delle carte da gioco, si uniscono a un elaboratissimo, ricco bestiario. I gufi si moltiplicano, come la fauna marina, anche se qualche volta si tratta di sirene: trompe l’oeil è il motto, la scelta estetica prima: i portaombrelli possono essere dietro dei finti contenitori, o essere in grado di fingere porte e finestre.

 

Questa liberissima capacità di attingere all’antico e riprodurlo in oggetti di gusto squisito, reinventando elementi del decoro domestico spesso dati troppo per scontati, come i vassoi, è elemento fondamentale di un gioco creativo di rossiniana, lucidissima “follia completa e organizzata”. L’invenzione di Fornasetti, dialoga quindi da vicino con altri percorsi iconografici affini, che hanno proposto negli anni ’50-‘60 la città del design come possibile luogo di epifanie straniate. Quello di Dino Buzzati, per intendersi, nei curiosi figurini, stralunati, per Fantasmi al Grand Hotel di Luciano Chailly alla Scala, ma ancor di più nel magnifico Poema a fumetti (1969), che frulla Diabolik insieme a Orfeo e Euridice, creando una magnifica sequenza cartoon sull’Ade e sui suoi misteriosi ingressi (collocati nella immaginaria via Saterna, presso Moscova).

 

Non meno bizzarre sono nella stessa direzione anche le opere di moderna devozione di Gianfilippo Usellini, che nel secondo dopoguerra, dal suo lacustre osservatorio di Arona dipingeva una Milano tratta dalle figurine Liebig, abitata però da diavoli seduttori e da educande ben disponibili alla seduzione. Guido Crepax, prima di approdare alla sua eroina Valentina, che spesso ama attraversare porte che conducono verso mète imprevedibili, dava visionaria veste grafica al Blu dipinto di blu di Domenico Modugno, versione LP. Una tradizione parallela, quindi, le cui mappe sono ancora da esplorare in tutta la loro capziosa seduzione.

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