Liberty. Uno stile per l'Italia moderna

16 Maggio 2014

L’Italia, dopo il Risorgimento, faceva fatica ad essere moderna nelle arti, giunse quindi benvenuta, dopo il 1880, la ventata di un movimento dai tratti generalisti e onnicomprensivi, che altrove si chiamò stile giovane o moderno e da noi, un po’ per pigrizia, un po’ per comodità, prese il nome di Liberty, in omaggio a una celebre ditta londinese specializzata in cineserie, giapponeserie e decorazioni di pregio.

 

A questa stagione, già riscoperta e esplorata dagli anni ’70 da studiosi del calibro di Rossana Bossaglia, torna oggi la bella mostra ai Musei di San Domenico a Forlì che reca come sottotitolo Uno stile per l’Italia moderna, a cura di Maria Flora Giubilei, Fernando Mazzocca e Alessandra Tiddia (catalogo Silvana-Cassa di Risparmio di Forlì, pp. 407, euri 34). Il logo scelto è Il silenzio di Giorgio Kienerk, sospeso tra eredità macchiaiole e slanci simbolisti. Nell'ampia rassegna vincono le allegorie, i racconti a chiave, le vicende mitologiche: spicca soprattutto la scena onirica popolata di visioni di morte, o aperta alle presenze, sinistre quanto seducenti, delle sirene, gettonatissime figure di eros e violenza. I segni migravano rapidamente da una dimensione all’altra, trovando sicura dimora nello sfarzo dei manifesti, geniali reclames di mode e ultimi ritrovati della tecnica, con una decisa propensione per il reparto dell’illuminazione, tra gas e elettricità.

 

Le magnifiche ceramiche di Galileo Chini, gli incisivi disegni gotici del faentino Domenico Baccarini, i ricami impalpabili di Aemilia Ars, capace di riprodurre nel pizzo le fattezze di una complessa architettura, sono altrettanti momenti di grande rilievo. Colpisce il legame, strettissimo, tra libro e immagine, come riassume straordinariamente la doppia Parabola dei celibi dell’oscuro Alberto Martini, destinato a divenire maggior ritrattista della scatenata Marchesa Casati Stampa, che da questo suo repertorio di macabro eros trasse ispirazione per la sua magnifica edizione di Edgar Allan Poe. I volumi dannunziani stanno insieme a quelli di Govoni e Gozzano, che si parlano all’interno di una teca fitta di rare stampe.

 

Molte vicende seguenti, tra Futurismo e Metafisica, avranno insomma origine da declinazioni di queste ricerche: le architetture di Raimondo D’Aronco, gran creatore di dimore per gli ultimi sultani a Costantinopoli, dialogano benissimo con le prospettive di una futuribile Gotham City schizzate dall’imaginifico Antonio Sant’Elia. Insomma un vero e proprio gran galop delle forme, che permette di passare in rassegna un momento tumultuoso e a lungo controverso dell’identità estetica nazionale.

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