Gente senza frizione
Prima della rete, prima che la tecnologia per agirla giungesse ai più, vivevamo in un sistema media-centrico, in cui la tv costruiva l’immaginario comune e chi lo controllava ne vendeva gli sfavillanti surrogati agli “utenti”. I due principali “prodotti mediatici”, “intrattenimento” e “informazione” si sono poi appiattiti sul primo andando ben oltre l’idea dell’ibridazione (“infotainment”).
Con la diffusione della banda larga e la rivoluzione dei costumi socioeconomici, la struttura gestore - medium - utente che fin lì aveva retto, con la TV a fare da fulcro, tenta una sovrapposizione se non proprio un assalto “normalizzatore” alla rete collezionando una serie di clamorose disfatte. La rete non è la tv! Non è colonizzabile, non è regolamentabile, né compatibile coi vecchi modelli economici.
Ciononostante approcciare il web come luogo di nascita di nuovi mercati e nuove opportunità commerciali è un’ottima idea per comprenderne a fondo le dinamiche sociali, vero motore del web.
Gerd Leonhard, Guru USA dell’economia su web, suggerisce due parole chiave: “fluidità” e “frizione”. I modelli economici fondati su forme di attrito o “frizione”, su momenti in cui l’utente è costretto a interrompere la sua “fluidità” per consentire al “gestore” di offrirgli servizi a pagamento sono finiti! In effetti la metafora della “friction” si rivela più che adeguata ed esportabile all’aspetto sociale della rete, ammesso che “economia” e “sociale” siano davvero due momenti distinti.
Pensate a quanto poco fluida fosse la visione di un programma continuamente interrotta dagli spot. Talmente poco che ben prima della rete e di Gerd Leonhard l’utente aveva imparato a ‘skippare’ la pubblicità col tanto bistrattato zapping mostrando per altro una naturale “acquaticità” o “mediaticità”, un’inclinazione, meglio, un’ambizione alla libera navigazione.
Questa fluidità ante litteram dell’utente suggerisce quanto esso non sia mai stato del tutto passivo ma sempre - col mouse come col telecomando - in cerca di qualcosa, in fase di esplorazione.
Che il movente degli utenti sia l’intrattenimento non è un mistero, lo sappiamo tanto più ora che il web, potentemente orientato all’informazione comunicata, ri-comunicata, meta-comunicata, multi-comunicata, liberata, rivelata... si propone, poiché luogo liberamente esplorabile, quale unica entità totalmente intrattenitiva.
Così il web, da medium, contenitore di medium, messaggero, messaggio e destinatario, gioca a un livello più “superficiale” la partita di un intrattenimento che consiste nella stessa libera esplorazione.
Di fatto il “surfing” è ben più dello spazio/tempo tra un sito e l’altro, è sperimentazione di nuovi poteri. Muoversi attraverso le dimensioni, costruirsi personalità molteplici, sperimentare l’ubiquità, l’ipervelocità, il download, il file-sharing, sono modi per fingere il sovrumano e sperimentare la libertà. Internet ha letteralmente consegnato alle persone la chiave per l’acquisizione di ciò che prima poteva vivere solo in forme archetipiche, in tensioni ancestrali: la libertà del volo.
Di fronte a questi “poteri”, i vecchi imprenditori che si affacciano alla rete non sono diversi dal povero Coyote della Warner Bros condannato a essere travolto a vita dalla sua stessa preda.
Interrompere il super-surfer, bloccarlo avvertendolo che il contenuto ricercato non è presente perché oscurato, censurato, edulcorato o cancellato non è un buon modo per aumentare la sua soddisfazione, ma è perfetto per farlo volare altrove.
Nel film “The Social Network” Mark Zuckerberg dice: “noi non crashiamo mai!” Che equivale a dire “sappiamo bene che la fluidità di navigazione sulla rete è tutto ciò che i surfer vogliono.”
Sciocco chiedersi se questa grande libertà sia destinata a soccombere sotto il fuoco incrociato degli “antichi” potenti che la temono e vogliono imbrigliarla a tutti i costi, ora che l’Islanda ha annunciato che offrirà asilo a tutti i siti internet censurati. Per non parlare delle comunità dell’opensource e degli hacker.
Che questo strumento magmatico, organico, fluido e multiforme possa contribuire alla maturazione in senso democratico di una società è certo. Il fatto che persino nell’Italia degli over-sessanta e dell’analfabetismo al 12% (Dati UNLA 2005) abbia saputo dare clamorose prove di forza, dimostra un’inclinazione naturale, fisiologica della “rete” alla democrazia. D’altra parte l’oceano dei surfer è fatto di persone con storie diverse, appartenenti a diverse culture, sub-culture, generazioni. Ognuno di loro è lì a nessun titolo, e, a prescindere dal grado d’istruzione e dallo status, libero di navigare.
Allo stesso tempo è impensabile che il risultato dei recenti referendum si sia giovato di una massa di giovani consapevoli, improvvisamente motivati e politicamente attivi. Maturati chissà quando nell’Italia medioevale degli ultimi anni. La comunità del web si comporta come un organismo e muove verso una direzione solo in presenza di meccanismi “virali”, cosiddetti proprio perché basati sul contagio e non su una reale collettiva presa di coscienza.
Neanche questa è una novità, ma ancora una volta la crescita democratica passa per la strada obbligata dello sdoganamento mediatico. Lo stesso è accaduto e sta accadendo con ogni forma di stigmatizzazione. Così vediamo l’omofobia messa sempre più alle corde da commedie, film, telefilm e sitcom che propongono personaggi omosessuali sempre più credibili e “rotondi” quindi adatti ad empatizzare.
Allo stesso modo non c’è ragione di dubitare che l’abitudine a un pensare democratico, sia pure nella “incoscienza” della democrazia, possa, una volta sdoganata, semplicemente essere agita, quindi interiorizzata e una volta “fatta”, persino pretesa, quand’anche mai nominata, spiegata, meditata. Sarà una democrazia fluida non retorica né ideologica ma finalmente strutturale. Vera.