John Searle e Maurizio Ferraris / Il denaro e i suoi inganni

23 Giugno 2018

Il denaro tra filosofia ed economia. Il dialogo tra filosofi ed economisti è reso complesso dalle differenze di linguaggio e di concezione del mondo tra le due discipline. Ma è un dialogo che vale la pena portare avanti, per non correre il rischio di trincerarsi negli specialismi. Dall’interdisciplinarità abbiamo tutti da guadagnare. Ci sono state molte discussioni tra filosofi ed economisti. Si pensi al discorso sull’idea di giustizia sviluppatosi tra John Rawls e Amartya Sen, al confronto su liberismo e liberalismo che ha contrapposto Benedetto Croce e Luigi Einaudi, o alle chiacchierate sulla natura del linguaggio tra Ludwig Wittgenstein e Piero Sraffa.

Si può provare a intessere un’altra discussione partendo da Il denaro e i suoi inganni, pubblicato da Einaudi. Nel libro John Searle e Maurizio Ferraris hanno presentato le loro concezioni della moneta (per semplificare userò nel testo denaro e moneta come sinonimi). Non è un tema nuovo per la filosofia, dato che a partire da Aristotele e per arrivare a Simmel, i filosofi si sono interrogati sulla natura del denaro. Nelle righe che seguono cercherò di riassumere le idee dei due autori, sottolineando le affinità e le differenze con la concezione della moneta che hanno gli economisti. 

 

Searle: il denaro si fonda su un’intenzionalità collettiva. John Searle è uno dei maggiori filosofi contemporanei. Aveva già affrontato il tema della moneta nel libro La costruzione della realtà sociale del 1997. Il nuovo saggio si intitola Che cos’è il denaro?. Si tratta della rielaborazione di un articolo apparso sul “Cambridge Journal of Economics” nel 2017, a conferma del confronto in corso tra economisti e filosofi.

Secondo Searle il denaro è una funzione di status. Il denaro esiste nella misura in cui un’entità è pensata in quanto denaro. Gli uomini hanno la capacità di creare una realtà fatta di relazioni che esiste solo perché gli uomini credono che quella realtà esista. Le relazioni nascono quando a una certa persona o a un certo oggetto viene assegnato un certo status. Attraverso lo status è assegnata una funzione che può essere svolta solo in virtù dell’accettazione collettiva di quello status. Questa è la definizione di funzione di status. Il denaro è una funzione di status come il governo, la proprietà privata e il matrimonio. 

Il denaro si basa su un’intenzionalità collettiva e ha carattere sociale. L’unica ragione per cui il denaro ha valore è che tutti pensano che il denaro abbia valore. L’unica fonte di sostegno concreta del valore del denaro è il fatto che le persone continuano a riconoscere che il denaro abbia valore.

 

 

Utilizzando il linguaggio dell’economia, si può dire che Searle abbia una visione istituzionalista del denaro. Il denaro è una costruzione degli uomini. La scuola istituzionalista ha una lunga tradizione in economia. Oliver Williamson, premio Nobel nel 2009, ne è stato il propugnatore recente. Curzio Giannini, un economista della Banca d’Italia prematuramente scomparso, ha utilizzato la lente dell’economia istituzionale per discutere l’evoluzione della moneta e del sistema dei pagamenti nel bel libro L’età delle banche centrali, pubblicato dal Mulino nel 2003. Il sistema dei pagamenti è l’apparato istituzionale composto da norme, intermediari e strumenti (ad esempio l’assegno bancario o la carta Bancomat) su cui si fonda la circolazione della moneta.

Searle descrive le funzioni del denaro: mezzo di pagamento, riserva di valore e unità di misura dei prezzi. Coglie la differenza tra valore nominale e reale del denaro; spiega che il governo vuole un’inflazione bassa per mantenere stabile il potere d’acquisto della moneta: se l’inflazione è alta, il valore del denaro crolla. 

Si può aggiungere che da molti anni i governi hanno delegato alle banche centrali il compito di difendere la stabilità dei prezzi, il potere d’acquisto del denaro. Le banche centrali cercano di influenzare la quantità di moneta utilizzata in una società, tenendo conto delle condizioni economiche generali. L’obiettivo è mantenere la stabilità del valore della moneta, assicurando che oggi con una banconota da 50 euro possiamo comprare la stessa quantità di beni di ieri.

 

Limitando l’inflazione si difende la fiducia nel denaro e il benessere dei cittadini. L’uovo del serpente è un film sottovalutato, ma bellissimo, di Ingmar Bergman, uscito nel 1977. La storia è ambientata nella Berlino del novembre del 1923, nei primi anni della Repubblica di Weimar. Un pacchetto di sigarette costa 4 miliardi di marchi e, come dice la voce di sottofondo nella prima scena, i tedeschi hanno perduto la fiducia nel futuro. Servono 5 miliardi di marchi per comprare un dollaro. In una scena, il protagonista del film chiede una bevanda al banco di un bar. Per prendere in mano il bicchiere l’attore posa a terra una busta piena di marchi. Quando finisce di bere, lascia il bicchiere sul bancone e si piega per prendere la busta, per pagare il conto. Con sorpresa trova i soldi per terra, perché un ladro gli ha rubato la busta. Nella Germania del 1923 i marchi non valevano più nulla, mentre i beni reali valevano moltissimo. Nei periodi di iperinflazione il denaro perde la sua natura sociale, per usare le parole di Searle. Parafrasando il filosofo, si può dire che i tedeschi nel 1923 avevano perso, per colpa dell’inflazione, l’intenzionalità collettiva nei confronti del denaro.

 

Ferraris: il fondamento del denaro è la documentalità. Ferraris non condivide l’idea di Searle che il denaro si fondi su un’intenzionalità collettiva. L’essenza del denaro è la documentalità, un tema al quale Ferraris ha dedicato altri contributi. La registrazione è fondamentale per il denaro, come confermato da Bitcoin, la cui tecnologia tiene memoria delle transazioni. La società è fondata su documenti e il denaro è un documento come un altro. Senza documentalità non avremmo una realtà sociale, non avremmo neanche il denaro. Nessuna trasformazione potrebbe aver avuto luogo senza la costituzione di una memoria sociale. Questa idea di Ferraris è vicina all’opinione dell’economista americano Narayana Kocherlakota, che venti anni fa introdusse nel dibattito monetario la tesi che “money is memory”.

Ferraris vede un collegamento tra denaro e scrittura. L’origine del denaro è la stessa della scrittura: pietruzze e iscrizioni che tenevano conto degli scambi. Ferraris conclude che sin dalla loro apparizione sulla Terra gli uomini hanno sviluppato e raffinato tecniche, creando dei pezzi di storia, di coscienza. Il denaro rientra in questi sviluppi. Un mondo senza soldi sarebbe un mondo senza idee, senza arte, senza linguaggio. È un’offerta completa, non si può scegliere di avere un solo prodotto. Il processo che ha portato allo sviluppo del denaro e delle banche è lo stesso che ha generato la Bibbia, Shakespeare e il codice napoleonico.

 

Il punto di vista dell’economia. Per un economista le due tesi di Searle e Ferraris non sono in contrasto: esse colgono due aspetti diversi, ma complementari, della moneta. 

Il punto di vista di Searle è in linea con l’osservazione che ogni giorno accettiamo una banconota da 10 euro perché sappiamo che domani qualcuno l’accetterà quando la consegneremo in cambio di un libro o di una pizza. La banconota non ha un valore intrinseco: l’usiamo perché sappiamo che altri l’accetteranno. Searle parla di intenzionalità collettiva mentre in economia preferiamo parlare di fiducia. La moneta moderna è una moneta fiduciaria.

L’enfasi di Ferraris sulla documentalità coglie l’intersecarsi tra nascita della scrittura, sviluppo della registrazione dei rapporti economici e introduzione della moneta. In Mesopotamia, più o meno, tra il 3.000 e il 2.500 avanti Cristo, nasce la scrittura cuneiforme. I caratteri cuneiformi venivano incisi su tavolette d’argilla, che si possono vedere in molti musei della moneta. Come ha sottolineato Yuval Noah Harari, nel fortunato Da animali a dei. Breve storia dell’umanità, le tavolette non contengono poesie o leggende, ma documenti economici, come le registrazioni di pagamenti di tasse, conteggi di debiti, certificazioni di proprietà, prestiti tra privati e divieti dell’usura. Una società agricola che cresceva, distaccandosi dal modello precedente dei nuclei di cacciatori-raccoglitori, ha dovuto sviluppare una burocrazia per conservare in maniera ordinata i documenti. Dopo la scrittura sono state inventate tecniche di archiviazione e catalogazione dei documenti. Queste tecniche sono gli avi antichissimi, i progenitori, dei libri mastri medievali e dei “distributed ledgers” di oggi, la tecnologia che è dietro Bitcoin.

 

Volendo sintetizzare le idee di Ferraris e Searle si può dire che la documentalità e l’intenzionalità collettiva andarono, e vanno ancora oggi, di pari passo. La moneta emerse per superare gli inconvenienti del baratto. Prima ci fu la moneta merce: orzo, bestiame, grano, pelli, sale e altri beni, che avevano un valore intrinseco, perché le persone si fidavano poco tra di loro, in un quadro istituzionale assai debole. Solo nel VII secolo prima di Cristo arrivarono le prime monete coniate, in Lidia (nell’attuale Turchia), con il sigillo impresso dall’autorità politica: fu un primo salto istituzionale. Le manifestazioni successive della moneta – le banconote prima convertibili in oro, poi inconvertibili e la diffusione dei depositi bancari come strumento di pagamento – si svilupparono con manifestazioni sempre più alte di intenzionalità collettiva o, nel gergo economico, di fiducia e di articolazione del quadro istituzionale. Harari utilizza un’espressione simile a quella di Searle: il denaro comporta la creazione di una realtà intersoggettiva che esiste nella “immaginazione condivisa” delle persone. In economia parliamo di un sistema dei pagamenti basato su norme, istituzioni e tecnologie gestite dalla banca centrale e dalle banche commerciali, con l’obiettivo di mantenere la fiducia nella moneta e negli scambi.

 

Un’ultima riflessione. Searle e Ferraris parlano del denaro come inganno o enigma. Inganno è la parola che usa Searle e che dà il titolo al volume. Enigma è il sostantivo preferito da Ferraris. Anche Angela Condello, nel saggio che conclude il libro, parla del denaro come intrinsecamente enigmatico e ingannevole. Questa raffigurazione del denaro, ma anche delle banche, è a prima vista sorprendente per noi economisti, perché pensiamo, con la nostra frequente presuntuosità, di aver spiegato tutto, o quasi, della moneta e delle banche. Evidentemente non è così. Ciò conferma l’utilità di mantenere viva la discussione tra discipline diverse.

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