Il gran teatro della medicina

29 Gennaio 2025

La cultura scientifica e quella umanistica non sono due mondi contrapposti, ma due sguardi che si confrontano, due linee spesso convergenti, capaci di illuminare tante zone d’ombra. Alberto Mantovani e Claudio Longhi – un medico immunologo e un regista e uomo di teatro – in Breve storia letteraria e artistica della medicina (La nave di Teseo, 2024) raccontano la straordinaria relazione tra immaginazione scientifica e creazione artistica, mostrando quanto l’estetica sia stata una spinta determinante per la ricerca medica. Un viaggio rigoroso e sorprendente che comincia con la descrizione inconsapevole di memoria immunologica da parte di Tucidide: durante la peste di Atene, nel V secolo a.C., chi ha già contratto la malattia non viene colpito dal morbo una seconda volta. Questa descrizione storica fedele causa probabilmente l’inizio degli studi sul sistema immunitario, venticinque secoli prima che la peste torni protagonista del romanzo omonimo di Albert Camus. Una grande testimonianza viene data da Lucano, una riscoperta per me, nel suo Farsaglia o La guerra civile nel clima libico infestato da flagelli dove la natura mischia misteri e la fatica di capire riesce ad attribuire la causa solo alle leggende diffuse nelle desolate terre di Medusa. 

Se Lucano offre squarci poetici ma sempre con rigore scientifico su allergie e veleni, molti anni dopo Boccaccio mette in guardia dai ciarlatani (e anche dai medici di allora) e dai loro rimedi miracolosi. In verità mentre la narrazione storica scorre morbida e suscita interesse, le connessioni con la ricerca medica attuale sono un po’ squadernate, a dimostrazione che non sempre si avverte l’amalgama tra i due scrittori persino nel linguaggio adottato. Però anche questo potrebbe essere un punto di forza del libro, quello cioè di rendere ben identificabile chi sta scrivendo, così gli appassionati di storia si lasciano trasportare dalle memorabili descrizioni riportate dai cronisti del passato e gli appassionati di scienze ritrovano un senso nelle conclusioni di ogni capitolo, quando si riprende il tema conduttore che dovrebbe essere il resoconto della ricerca scientifica. Nell'introduzione viene detto che l'amore per il teatro che i due autori condividono è maestro di vita per lo spirito critico che genera rispetto ai bisogni della società civile: il teatro e la ricerca scientifica, nella loro diversità, condividono parole chiave ed esperienze. Per esempio condividono l’attesa, che sia quella dell'apertura di un sipario o dei risultati di un esperimento, ma anche la meraviglia che si prova davanti a un'opera d'arte che è la stessa che si manifesta di fronte alla scoperta scientifica dell'ignoto. Lo sviluppo della scienza non avviene in isolamento, ma è parte illuminata dalla cultura in cui è immersa e gli autori sottolineano come l'intelligenza artificiale possa travolgere tutto questo. 

La ricerca scientifica rispetta i dati e le competenze, la condivisione delle ipotesi, il confronto e il dibattito basato sui dati, la disponibilità a cambiare idea sulla base delle evidenze cliniche, sull'intreccio tra collaborazione e competizione e infine l'arte e la scienza sono libere per natura. Queste sono le premesse che ci guidano in questo viaggio nella terra desolata di Thomas S. Eliot, che ci ricorda le testimonianze di una grande poetessa come Wisława Szymborska che, nel discorso di conferimento del Premio Nobel, esalta Isaak Newton e Maria Curie per la loro vocazione alla curiosità e il coraggio di rifiutare categoriche certezze a favore di un dinamico esercizio del dubbio. Anche l'introduzione però rivela una scrittura singhiozzante perché ancora nel nostro paese scienze e cultura umanistica devono imparare a camminare insieme. Anche nella diversità però emerge il senso della scrittura, perché l'uomo è entrato nella civiltà che conosciamo quando hai imparato il racconto, dice Antonio Tabucchi, e si scrive quando la gioia o il desiderio di vivere non bastano. Spesso si scrive quando e perché si è malati e la letteratura nasce dal bisogno di liberarsi dalle passioni, nasce dall'angoscia, dall’ossessione, dalla frustrazione per cui i libri sono oggetti paradossali, perché concentrano su di sé tutte le figure dell’ambiguo, del materiale, dell’immateriale, del pubblico e del privato e il loro consumo non è fisico ma mentale e il tempo di un libro si misura sui secoli e sulle settimane, diversamente dalla fretta scientifica odierna; infine viene chiamato in causa il tempo, la cui dilatazione è nella memoria di chi legge e di chi riesce a recuperare i concetti essenziali che lo scrittore ci ha voluto trasmettere.

Tornando alla parte storica che occupa tante pagine del libro, viene da riflettere sulle considerazioni di Tucidide e la peste di Atene, quando, nella sua articolata rappresentazione, si svelano nefaste conseguenze relazionali, sociali, morali ed etiche in un paesaggio di orrore e di abiezione in cui vengono meno i legami comunitari a favore di un disperato e affannoso soddisfacimento di bisogni egoistici, dove dominano la disonestà e le effrazioni delle leggi, dove sono addirittura stravolti i riti di sepoltura e si sprofonda nella asfissia di un oscuro presente, monco di una apertura al futuro. Veramente tutto questo ricorda a noi di riconsiderare la tragedia della recente epidemia mondiale legata al COVID, sia per le conseguenze di tipo sanitario, che per quelle, non ancora del tutto comprese, di tipo sociale.

È straordinaria, fin dal primo capitolo, la connessione storica tra la peste di Atene e l’ epidemia romana del 66 d.C., quella di Gerusalemme del 70 d.C.; la mano storica ci guida da Bisanzio fino alla peste descritta dal Manzoni e poi oltre, attraverso il colera di La morte a Venezia di Thomas Mann fino all'epidemia dei tratti inafferrabili come in Cecità di Josè Saramago del 1995.Tutto ciò ci invita a rileggere la recente pandemia e le conseguenze cosiddette Long term che non sono soltanto di natura medica. È interessante vedere come la malattia si impone come questione medica sociale e politica e, a seconda dei casi, può contribuire all'annientamento, all’edificazione o forse persino alla rinascita di una comunità. Tucidide considera tutti gli elementi degni di una ricerca considerata scientifica per dialogare con il futuro, senza la mediazione di interventi divini, ma grazie alla forza e alla passione di un tangibile e faticoso esercizio di verità da rinnovare e mettere in discussione quotidianamente.

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Di fronte a tanta sapienza storiografica sembrano quasi banali le considerazioni sul sistema immunitario così come lo conosciamo oggi, che non generano lo stesso stupore anche se sono frutto di un lungo e sofferto cammino di ricerca.

Nel capitolo dedicato al vaccino, una scoperta che ci ha cambiato la vita, spiccano le lettere di lady Mary Worsley Montagu, moglie dell'ambasciatore britannico presso il sultano turco a Istanbul agli inizi del settecento (vedi l’articolo di Alesssandro Banda su Doppiozero). In esse troviamo descritti in modo dirompente spaccati di vite di cui oggi fortunatamente ci siamo dimenticati e descrivono un mondo in cui non avevamo a disposizione i vaccini, una delle più potenti armi di attivazione del sistema immunitario che, più di tutti, insieme all'acqua potabile e all’igiene, ha cambiato l'esistenza dell’uomo. La lettera di Lady Montagu e il suo sforzo per la diffusione della variolizzazione (così si chiamava allora la tecnica decritta) rivela il ruolo fondamentale di una donna nel progredire della scienza. Donna che aveva contro, all’interno del dibattito culturale del periodo, molte teste pensanti, tanto che bisogna aspettare fino al medico britannico Edward Jenner alla fine del settecento per leggere resoconti sulla vaccinazione come pratica sicura. È straordinario notare come fin da allora esistessero opinioni diffuse che oggi chiamiamo “No-vax”, opinioni che negli ultimi anni fanno registrare una diminuzione di copertura per i vaccini elementari e fondamentali e la conseguente ricomparsa di morbillo, difterite e pertosse. L’autore (certamente, per competenza, il Professor Mantovani) chiama “il silenzio della ragione” questo fenomeno e senza mezzi termini condanna la diffusione di falsi miti e leggende metropolitane amplificati dai social media che fanno percepire i vaccini come pericolosi. 

Ancora oggi a creare scetticismo nei confronti dei vaccini contribuisce la falsa credenza che l'infezione naturale sia un buon esercizio per il nostro sistema immunitario; in realtà i vaccini costituiscono il miglior allenamento per i nostri anticorpi e quelli che utilizziamo oggi aiutano il sistema immunitario a rispondere ai microbi che penetrano nel nostro organismo. Anche qui, nel tentativo di connettersi con la letteratura moderna viene chiamato in causa Gianni Rodari nel riflettere sul ruolo di Lady Montagu nella lotta al vaiolo: "Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio nella sua pace, nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire e a entrare in rapporto tra loro…”

La storia della tubercolosi invece attraversa un importante capitolo del libro. Parte da Thomas Mann e la sua Montagna incantata per arrivare fino all'ultimo vaccino tentato per il micobatterio con risultati ancora oggi non del tutto soddisfacenti; non sempre le storie di vaccini coincidono con un miglioramento di salute e a volte, come nel caso dell'HIV e appunto del bacillo di Koch, rappresentano un insieme di piccoli grandi fallimenti. Gli autori si perdono nel racconto di Hans Castorp, l'amore per la vita alla prova del fascino della morte, al punto che sembra quasi una raccolta di critiche letterarie.

Ne scaturiscono sensibilità, purezza e nobilitazione dell'animo; al successo di una tale visione, che spesso racconta un morbo intrecciato alla bellezza femminile, contribuisce un insieme di testi: La signora delle camelie” di Alexander Dumas, “A Silvia” di Leopardi, ma è soprattutto sulla Montagna incantata che si concentra l'attenzione degli scrittori. Thomas Mann viene criticato dalla più famosa rivista medica tedesca dell'epoca e risponde alle critiche sulle inesattezze scientifiche che alcuni circoli medici imputavano al libro: si giustifica dicendo che non è un romanzo sulla tubercolosi, ma è la natura metafisica, morale, pedagogica, interiore in senso compiuto l’oggetto del suo lavoro e chiama in causa una indeterminata malattia interiore che potrebbe anche essere la melancolia come elemento sintomatico dominante. Davanti a un capolavoro le evidenze scientifiche possono essere riconsiderate!
Le opere di Parini e Voltaire, il grande romanzo ottocentesco e l’opera lirica raccontano affascinati la tubercolosi, mentre la lotta al cancro è al centro di alcune delle più intense pagine di Solženicyn; nel Novecento un medico come Schnitzler testimonia le inquietudini del nuovo secolo diventando scrittore in prima persona, affrontando in letteratura questioni etiche che ci interrogano ancora oggi.

Arricchito da un corredo iconografico sulla medicina nella storia dell’arte, questa “breve storia” è un ponte tra due culture ritenute a torto inconciliabili. Un compendio affascinante che ci conduce dall’età antica alle nuove frontiere dell’intelligenza artificiale al servizio della medicina, condividendo i sogni rivoluzionari di artisti, medici e scienziati.

Quando si parla di medicina si pensa alle materie scientifiche. Si pensa alla biologia, si pensa alla chimica, si pensa all’anatomia. Tutte quelle discipline che, soprattutto in ambito universitario, sono costate (e continuano a farlo) notti insonni a chi oggi indossa il camice bianco di medico

Ma la medicina è qualcosa che va oltre ogni limite, abbracciando anche materie che, a un primo sguardo, potrebbero apparire lontane. Tentando di fornire una sintesi al potenziale lettore, vorrei riprendere le parole di Italo Calvino: "La scienza si trova di fronte a problemi non dissimili da quelli della letteratura: costruisce modelli del mondo continuamente messi in crisi, alterna metodo induttivo e deduttivo e deve sempre stare attenta a non scambiare per leggi obiettive le proprie convenzioni linguistiche. Una cultura all'altezza della situazione ci sarà soltanto quando la problematica della scienza, quella della filosofia e quella della letteratura si metteranno continuamente in crisi a vicenda.”

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