La legge del porno

11 Maggio 2021

Come mai Beppe Grillo ha realizzato un video con il quale intendeva scagionare dalle accuse di violenza sessuale suo figlio e invece probabilmente ha inguaiato ancora di più quest’ultimo? Non sappiamo come questa vicenda finirà sul piano giudiziario, ma è interessante chiedersi come mai un comunicatore dalla lunga esperienza come lui è incappato in questo errore. Le ragioni possono essere diverse, ma una è meritevole di riflessione: Grillo probabilmente si è fatto influenzare da quello che pensano i giovani e ha scambiato le idee di questi per qualcosa che viene condiviso dall’intera società. Perciò ha fatto suoi i pensieri dei giovani, ritenendo che giocassero a favore di suo figlio. Nella società invece continua a essere predominante una legge morale che è differente, ma che è quella che trova una traduzione nella legge giudiziaria. 

I giovani di oggi ritengono che sia normale adottare quella che possiamo chiamare “la legge del porno”. La possiamo chiamare così perché è frutto di quella massiccia diffusione di contenuti pornografici che è avvenuta negli ultimi anni grazie al sempre maggiore utilizzo del Web ed è stata analizzata da Marco Menicocci in Pornografia di massa (Altravista 2014). I dati disponibili su questo fenomeno sono scarsi, ma si pensi che negli Stati Uniti a novembre 2020 la parola “pornhub” è stata più ricercata su Google di “coronavirus” e “Trump”.

 

Questo fenomeno è particolarmente grave in un Paese come l’Italia, nel quale da sempre l’educazione sessuale non esiste e il processo di acculturazione dei più giovani rispetto al sesso viene in gran parte svolto da parte dei media. È però ben differente l’acculturazione al sesso del passato, basata sulla lettura occasionale di un fumetto o di un giornaletto illustrato oppure sulla visione di un film in un cinema specializzato, da quella che è presente nell’attuale era digitale. Una volta la società in qualche misura censurava e limitava l’esposizione al materiale pornografico, mentre oggi rispetto a ciò non esiste praticamente nessun vincolo. Va considerato che oggi le persone si rapportano al Web per molte ore ogni giorno, la metà degli adolescenti per più di cinque ore al giorno (DAD esclusa), secondo una recente indagine della Fondazione PRO. Inoltre, la potenza comunicativa dei media digitali odierni è decisamente superiore rispetto a quella dei media del passato.

 

I nuovi media, infatti, sono estremamente ricchi sul piano linguistico e offrono a un giovane di oggi un gigantesco supermercato liberamente accessibile sui cui scaffali si possono trovare pratiche sessuali di ogni genere. È ovvio perciò che tali pratiche vengano scambiate da persone facilmente influenzabili come i più giovani per la norma condivisa nella società.

 

Opera di Ryan Humphrey.


Il vero problema però è che da molto tempo i materiali di tipo pornografico contengono una ideologia fortemente maschilista che prevede che la donna rivesta un ruolo subordinato e passivo. Forse perché sono nati come materiali prodotti da uomini per essere consumati da altri uomini . Sta di fatto che, come scriveva qualche tempo fa Pietro Adamo nel volume Il porno di massa (Cortina, 2004), «Almeno da metà anni Novanta la messa in scena hard ha privilegiato una potente e prepotente iconografia della violenza, organizzata in massima parte su meccanismi di esplicita subordinazione della femmina da parte del maschio». Negli ultimi anni, come si è detto, il consumo di materiale pornografico si è ampliato e ciò ha comportato che al suo interno sia entrata anche una audience femminile. Il porno continua però a essere caratterizzato da un’ideologia maschilista e le donne che lo consumano l’accettano solitamente anch’esse come qualcosa di normale.

 

Con la diffusione del consumo di materiale porno attraverso i potenti strumenti digitali di oggi tale ideologia si è rafforzata. E a volte si traduce in concreti comportamenti violenti, come è dimostrato dai sempre più frequenti stupri di gruppo. La scena di una gang bang in cui una donna si accoppia con molti uomini, se vista tante volte, può diventare qualcosa da praticare in un normale sabato sera. Questo non vuol dire naturalmente che chi guarda del materiale pornografico sia destinato a diventare uno stupratore. Vuol dire però che l’attuale iperconsumo di pornografia via Web “normalizza” in misura crescente la violenza verso le donne.

 

Perché nella cultura sociale si creano degli standard di riferimento per i comportamenti e questi vengono progressivamente condivisi. Non stiamo parlando dell’esistenza di un rapporto causa-effetto tra un messaggio pornografico e dei comportamenti illeciti sul piano morale, ma del fatto che i messaggi si sommano e sommandosi potenziano i loro effetti nella società. L’influenza di un singolo messaggio è trascurabile, ma non lo è quella di migliaia di messaggi. I quali producono pertanto nuovi standard all’interno della cultura sociale. Non è un caso che dall’indagine Eurispes Sesso, erotismo e sentimenti, i giovani fuori dagli schemi di qualche tempo fa sia emerso come nelle coppie di giovani sposi intervistate più del 70% delle persone consuma abitualmente materiale pornografico, il 44% tradisce il proprio partner e quasi la metà vorrebbe ricorrere a pratiche sadomasochistiche.

Possiamo dire pertanto che da una decina d’anni, cioè da quando l’utilizzo di Pornhub, YouPorn e altri siti Web simili si è diffuso a livello di massa, nella società è nata anche una nuova morale sessuale. Una morale che abbiamo chiamato “la legge del porno” e che viene spesso condivisa da chi si è acculturato al suo interno al mondo del sesso. Generando così nella società una vera e propria frattura culturale, ma anche probabilmente dando vita a molti dei recenti fatti di cronaca nei quali le donne rivestono il ruolo di vittima. 

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