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Nel pieno della crisi: il rapporto Coop 2023
Come ogni anno, Coop ha da poco presentato l’anteprima digitale del Rapporto Coop 2023 - Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani (disponibile su questo sito). I dati contenuti nel rapporto, realizzato dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione di varie società di ricerca, mostrano con grande evidenza che la società italiana è entrata in una fase storica caratterizzata da notevoli difficoltà economiche. I consumatori italiani cioè stanno attraversando un momento particolarmente problematico. Basti pensare che il 10% della popolazione ha dichiarato di non sapere se riuscirà ad arrivare alla fine del mese, mentre il 23% ci arriva ma sente di essere costantemente a rischio di non farcela. Dunque, si può sostenere che un italiano su tre abbia oggi dei seri problemi di sopravvivenza.
Non è dunque un caso se dai dati del Rapporto Coop 2023 è emerso come gli italiani prevedano che ci sarà un forte calo per i consumi di quasi tutti i settori merceologici, ad eccezione soltanto dei cibi acquistati per il consumo domestico. Pensano addirittura che ci sarà un calo di circa il 40% per i viaggi e le vacanze, per i concerti e gli spettacoli e per i pranzi e le cene al ristorante. Insomma, sembra che i nostri connazionali siano intenzionati a ridurre drasticamente l’acquisto di tutto quello che non considerano necessario per la loro sopravvivenza. D’altronde, già quest’estate sono andate in vacanza circa cinque milioni di persone in meno rispetto a quattro anni fa. E molti di quelli che hanno comunque fatto le vacanze hanno cercato di risparmiare in vari modi. Tutti, inoltre, stanno cercando di risparmiare rispetto alle spese relative ai beni maggiormente costosi: abitazioni, elettrodomestici, automobili. Persino gli smartphone oggi sono meno desiderati: in Italia nell’ultimo anno se ne sono acquistati un milione e trecentomila in meno. Un altro risultato interessante del Rapporto Coop 2023 è che sono decisamente aumentati gli italiani che considerano i prodotti alimentari, tradizionalmente molto importanti all’interno della nostra cultura, meno rilevanti dal punto di vista della capacità di rappresentare la loro identità. Questo dato infatti è cresciuto in un solo anno di ben otto punti: dal 12 al 20%.
Eppure, nonostante ciò, gli italiani hanno dichiarato di essere ancora fiduciosi nei confronti del futuro che li attende. Ciò in apparenza è qualcosa di scarsamente spiegabile sul piano logico. Va considerato infatti che, se c’è un calo dei consumi, è fondamentalmente perché molti nostri connazionali devono fare i conti con minori risorse economiche a disposizione. È noto infatti che, a causa dell’inflazione, in Italia negli ultimi anni il potere d’acquisto si è drasticamente ridotto e ciò è avvenuto in misura maggiore rispetto agli altri paesi europei. Come reagiscono a tutto questo i consumatori italiani? Cercando di mantenere il più possibile il livello di benessere che avevano raggiunto in precedenza. Provano dunque a comperare quello che già acquistavano prima, sebbene dovendosi accontentare di prodotti meno costosi e di minor livello qualitativo. Prodotti cioè del discount, delle marche private, usati e d’imitazione. Gli italiani si recano inoltre a fare acquisti presso i venditori ambulanti, ma anche presso i discount, gli outlet, le catene low cost. E vanno anche direttamente dai produttori oppure nei cosiddetti “farmer’s market”. Insomma, sperimentano tutto quello che può consentire loro di spendere meno, ma mantenendo sostanzialmente lo stesso modello di consumo. Il fenomeno non è nuovo. Le ricerche sociologiche sui comportamenti d’acquisto hanno più volte dimostrato in passato come anche in altre fasi recessive si siano manifestati presso i consumatori degli atteggiamenti analoghi. Uno studio particolarmente importante da questo punto di vista è quello che è stato condotto dal sociologo francese Maurice Halbwachs in relazione alla crisi del ’29, la più drammatica crisi economica del Novecento, e di cui si parla nel volume di Halbwachs Come vive la classe operaia, curato da Domenico Secondulfo e Lorenzo Migliorati (Carocci Editore). La principale ragione alla base di questo tipo di comportamento degli individui è di tipo psicologico: poiché il consumo è il più importante strumento attraverso il quale le persone possono comunicare la loro posizione e la loro identità sociale, rinunciare al livello di consumo e di benessere raggiunto significa ammettere a sé stessi e agli altri la propria sconfitta nella lotta per la competizione sociale. Dunque, i consumatori fanno di tutto per mantenere il modello di consumo precedente pur disponendo di minori risorse.
È difficile rilevare nel Rapporto Coop 2023 la presenza di una relazione chiara tra questo fenomeno e un altro interessante fenomeno che emerge dai dati, ma forse un qualche legame sussiste. Vale a dire che circa un italiano su tre afferma di non essere convinto che il cambiamento climatico esista realmente e sia determinato dalle attività umane e forse ciò ha a che fare con il bisogno di mantenere il modello di consumo precedente. C’è un contrasto evidentemente con la constatazione empirica che nel clima sono in atto dei grandi processi di cambiamento, ma molti italiani non vogliono credere a ciò che il loro corpo sperimenta ogni giorno e cioè che, secondo quanto è stato registrato dagli apparecchi di misurazione, nel 2023 abbiamo vissuto l’estate più calda da quando la vita umana esiste sul pianeta Terra. D’altronde, come è recentemente emerso dall’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza, diretto da Ilvo Diamanti, gli italiani che si sentono preoccupati per la distruzione dell’ambiente e della natura sono passati dal 66% del 2020 al 53% di quest’anno. Un calo dunque di ben 13 punti in pochissimo tempo e un indicatore “al contrario” del fatto che i “negazionisti del clima” sono tanti e stanno ulteriormente crescendo.
In conclusione, il quadro che emerge dal nuovo Rapporto Coop 2023 non è certamente dei più confortanti. I problemi che caratterizzano attualmente la situazione della popolazione italiana sono tanti e particolarmente seri. Poco più della metà dei manager intervistati per realizzare il rapporto confidano però nel contributo che potrà venire dai fondi del PNRR. Pensano cioè che essi possano avere un effetto positivo sull’andamento dell’economia italiana e dunque sui consumi. Non ci resta che sperare che abbiano ragione.