Stili del contemporaneo / La McDonaldizzazione nell’era digitale
George Ritzer è uno dei più rilevanti sociologi statunitensi. Ha insegnato sociologia presso l’Università del Maryland e, nel corso degli anni Settanta e degli anni Ottanta, si è prevalentemente occupato di temi sociologici di carattere generale. Nel periodo successivo, invece, pur continuando a interessarsi a questioni relative alla teoria sociologica, ha cominciato a studiare con attenzione il mondo dei consumi, adottando una prospettiva di analisi che è in gran parte influenzata dai concetti teorici sviluppati da Max Weber, e ha pubblicato nel 1993 negli Stati Uniti The McDonaldization of Society (Pine Forge Press), che sviluppava il concetto della “McDonaldizzazione della società”, da lui già espresso in un articolo del 1983, e che è uscito nella sua prima traduzione italiana nel 1997 con il titolo Il mondo alla McDonald’s (Il Mulino). Nel corso del tempo, il libro The McDonaldization of Society ha avuto negli Stati Uniti nove versioni e viene presentato ora in una nuova edizione anche in Italia, tradotta e curata da Piergiorgio Degli Esposti, con il titolo La McDonaldizzazione del mondo nella società digitale (FrancoAngeli).
Ritzer ha continuamente rivisto e aggiornato il suo volume, ma ha mantenuto ferma la sua tesi centrale: l’idea che nei Paesi maggiormente avanzati le più importanti istituzioni sociali (scuole, società sportive, partiti politici, ecc.) tendono ad adottare quel principio di razionalizzazione e standardizzazione nella gestione delle risorse umane ed economiche che viene quotidianamente impiegato da parte di McDonald’s, grande impresa multinazionale di ristoranti fast food, nella sua offerta di servizi al consumatore e nella sua organizzazione del lavoro. Questo è un principio che Max Weber aveva ritrovato anche alla base del funzionamento della società del suo tempo e, in particolare, della burocrazia e di quella rigida organizzazione dei comportamenti degli individui che la sua applicazione comporta. Si trattava dunque di un principio adeguato alla società industriale e capitalistica che andava sviluppandosi con grande forza proprio in quei primi anni del Novecento in cui operava il grande sociologo tedesco. Ritzer, invece, l’ha applicato alle società contemporanee, sostenendo che il funzionamento di queste ultime è simile a quello della McDonald’s, il quale dipende dall’impiego sapiente di quattro variabili, utilizzate in egual misura per i clienti e i dipendenti:
- efficienza, cioè la capacità di offrire un metodo ottimale per soddisfare rapidamente l’appetito dei clienti attraverso un’efficace organizzazione delle mansioni lavorative dei dipendenti;
- calcolabilità, vale a dire un’elevata attenzione agli aspetti quantitativi del prodotto venduto (elevate dimensioni della porzione, basso costo, risparmio di tempo dei clienti, elevata velocità con cui i compiti vengono eseguiti dai dipendenti);
- prevedibilità, ovvero la garanzia per il consumatore che i prodotti e i servizi offerti da McDonald’s saranno sempre gli stessi ovunque grazie a un’efficace programmazione dei comportamenti dei dipendenti;
- controllo, cioè il fatto che i clienti dei ristoranti McDonald’s sono continuamente soggetti a controlli, così come i dipendenti, che vengono addestrati a compiere un numero molto limitato di interventi, ed esattamente nel modo prescritto.
Ritzer ha inoltre sostenuto che è necessario considerare anche la presenza di una quinta variabile che ha denominato «irrazionalità della razionalità», perché il processo di progressiva razionalizzazione del capitalismo comporta delle conseguenze negative in termini di disumanizzazione del lavoro svolto dai dipendenti delle imprese e soprattutto sull’ambiente ecologico e quindi sui consumatori. Sebbene Ritzer abbia messo in luce la paradossale “irrazionalità della razionalità”, non ha tratto le necessarie conseguenze da ciò e cioè che il concetto di razionalizzazione di Weber appare inadeguato oggi per spiegare l’attuale fase di evoluzione delle società capitalistiche. In queste è presente infatti, dagli anni Ottanta in poi, un orientamento dei consumatori verso scelte sempre più personalizzate che consentono al singolo di esprimere la propria personalità e le proprie esigenze. Pertanto, anche la McDonald’s è costretta a raggiungere un compromesso con le scelte individuali e con le specificità delle diverse culture, come ha mostrato qualche anno fa l’antropologo James Watson nel volume Golden Arches East (Stanford University Press), relativo alle modalità con le quali il modello di consumo proposto da questa importante azienda statunitense è stato diversamente rielaborato nei Paesi asiatici. A Pechino, Seul e Taipei, ad esempio, i ristoranti McDonald’s sono diventati dei luoghi per il divertimento e la fuga dallo stress della vita moderna, mentre a Hong Kong gli studenti vi passano molte ore a studiare e chiacchierare, facendogli perdere il loro significato di ristoranti fast food.
La tesi di Ritzer sulla “McDonaldizzazione della società” ha avuto un notevole successo in tutto il mondo e ha suscitato negli Stati Uniti un vasto dibattito, che spesso si è legato all’accesa discussione in corso da tempo sul processo di globalizzazione economica e culturale. Lo stesso Ritzer ha sentito l’esigenza di intervenire a più riprese in questo dibattito per chiarire dettagliatamente la sua posizione. Ha però progressivamente “ammorbidito” la sua posizione, inizialmente molto critica verso McDonald’s, forse perché si è convinto, come scrive alla fine dell’ultima versione del suo libro, che «c’è sempre meno evidenza rispetto al fatto che molte persone sono consapevoli delle irrazionalità legate alla McDonaldizzazione» (p. 251). È arrivato inoltre ad ammettere che la “McDonaldizzazione” non è un processo così omogeneo come normalmente si ritiene, ma comprende anche delle declinazioni di tipo localistico.
Ha mantenuto comunque ben salda la convinzione nella sua tesi di fondo e nell’ultima edizione del suo libro ha cercato anche di applicare tale tesi alla nuova realtà delle imprese digitali. Cioè ad aziende come Google, Amazon, Apple o Facebook, le quali, a suo avviso, attraverso i loro algoritmi e i loro programmi di intelligenza artificiale, stanno sviluppando una specie di radicalizzazione della “McDonalizzazione” e dei suoi quattro principi di funzionamento (efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo). Ciò può essere condiviso, ma va aggiunto però che Ritzer ha efficacemente descritto il funzionamento di McDonald’s dal punto di vista economico e organizzativo, ma ha di solito trascurato l’analisi della dimensione simbolica di tale marca. Questa infatti, come qualsiasi altra marca, ha costruito il suo successo anche operando su un piano comunicativo. Cioè proponendosi sul mercato come uno strumento relazionale, come una sorta di ambiente dove i produttori e i consumatori possono stabilire una connessione reciproca. Perché tutte le marche si caratterizzano oggi per la loro capacità di creare e gestire delle relazioni sociali e generano pertanto il loro valore economico proprio a partire da tale capacità. Ciò vale per McDonald’s come per le marche operanti nel nuovo universo digitale.