Lourdes

2 Agosto 2023

Calvino scrive in Perché leggere i classici che i classici sono quei libri di cui di solito si sente dire "sto rileggendo..." e mai "sto leggendo...."

Il narratore verista, si sa, ha bisogno di un ciclo per verificare il fondamento delle grandi leggi biologiche (ereditarietà, selezione naturale ecc.) nell'avvicendarsi perenne delle generazioni.

Il padre del Naturalismo, Émile Zola, nel 1893, dopo aver concluso la mastodontica serie dei Rougon-Macquart, che si estende per ben venti volumi, si dedicò a un altro ciclo, il cui primo volume è intitolato a Lourdes, la cittadina del Miracolo, testo che uscì l'anno dopo, 1894. La casa editrice Medusa l'ha appena pubblicato, nella traduzione di Edi Pasini, a cura e con introduzione di Mario Porro.

La storia, che si snoda per cinquecentoventisei pagine, è caratterizzata da una sua ferrea semplicità. Un prete, che non crede più in Dio, accompagna una sua carissima e giovane amica, paralizzata dopo una caduta da cavallo, a Lourdes, al duplice scopo di far guarire lei e di ritrovare, se possibile, la fede lui.

La vicenda dura complessivamente cinque giorni, da un venerdì a un martedì di fine agosto. A ogni giornata è consacrato un macro-capitolo, a sua volta suddiviso in cinque sotto-capitoli. Perché il cinque? Molto probabilmente perché cinque sono i misteri delle tre corone del Rosario, quelli gioiosi, dolorosi e gaudiosi che vengono recitati dai fedeli del treno bianco su cui si trovano i nostri due personaggi, sia all'andata che al ritorno del Pellegrinaggio Nazionale, nel lungo ed estenuante tragitto da Parigi a Lourdes e da Lourdes a Parigi.

Anche il tre è ben rappresentato in questo romanzo numerologicamente assai interessante: nel treno vi sono trecento malati (e cinquecento pellegrini); ma in certi anni, a Lourdes, se ne potevano contare trecentomila, di malati, e cinquecentomila, di pellegrini.

Il primo macro-capitolo e l'ultimo si rispondono con precisione. Sono quelli per l'appunto del viaggio in treno. La parola “fortificazioni” (quelle che compaiono in prossimità di Parigi) ricorre esattamente nella prima e nell'ultima pagina, a sancire una sorta di immutabile circolarità.

Eppure tra il viaggio d'andata e quello di ritorno le differenze ci sono e sono notevoli. Innanzitutto Marie de Guersaint, la giovane amica del prete, Pierre Froment, è guarita e ora cammina felice, a gloria della Signora di Lourdes, mentre prima stava chiusa in una specie di triste bara mobile a rotelle. Altri personaggi presentati all'inizio, chiusi nel fetido vagone, arroventato dal sole, sono cambiati anch'essi: il lupus che devastava la faccia della signorina Rouquet è sensibilmente migliorato; la signorina Grivotte sembra anche lei guarita dalla tisi, ma solo apparentemente, perché poco dopo la partenza da Lourdes una tosse violenta la scuote ancora. La signora Vincent, dal canto suo, ha perso la sua figlioletta, deceduta proprio nella cittadina miracolosa, dove, all'ospedale di Nostra Signora dei Dolori, è defunta anche la signora Vêtu, titolare di una botteguccia in rue Mouffetard. Anche la zia del signor Vigneron è mancata nella cittadina del Miracolo, lasciando in eredità cinquecentomila franchi; non solo: proprio lì il medesimo Vigneron apprende che è morto anche il suo capoufficio, di cui da tempo immemorabile faceva il vice. La Vergine ha evidentemente ascoltato le sue preghiere.

La signora Volmar ha passato tre giorni chiusa in camera con l'amante, vittoria della carne che non si lascia domare dai divieti della religione.

Pierre Froment non ha riacquistato la fede. Il dualismo ereditario che lo segna, padre scienziato ateo e martire della Conoscenza (morto nel corso di un esperimento), madre religiosissima, vede il primo elemento sopravanzare nettamente il secondo.

Chiusi in questa cornice ferroviaria, che riguarda il primo e l'ultimo giorno, vengono diffusamente raccontati gli altre tre, che sono quelli tradizionalmente dedicati al pellegrinaggio, con le sue tappe consacrate: la visita alla Grotta, la Processione del Santissimo Sacramento, la Veglia Notturna, concessa solo a pochi eletti.

Inframmezzate e strategicamente collocate al termine del primo e del secondo macro-capitolo, e poi verso la fine dell'ultimo, stanno le vicende di Bernadette Soubirous, rievocate appassionatamente da Pierre, affascinato dalla candida semplicità di Bernadette, benché, come detto, incredulo.

La storia di Bernadette è prima una storia di dubbi e scetticismo da parte dell'autorità ecclesiale; poi, anche grazie all'ostinazione del parroco di Lourdes, don Peyramale, è una storia di trionfo, del trionfo della fede popolare sulle titubanze dell'ufficialità. 

La signora apparsa a Bernadette l'undici febbraio del 1858 era davvero la Signora, la Vergine Maria, che confermava il dogma appena proclamato della Immacolata Concezione.

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Lourdes, questa sconosciuta cittadina pirenaica, si trasforma ben presto in una modernissima città, piena di alberghi, ristoranti, pensioni e case del pellegrino. Sorgono nuove chiese, tra cui l'imponente Basilica, e l'albergo delle Apparizioni e l'ospedale di Nostra Signora dei Dolori e le guarigioni miracolose operate dall'acqua miracolosa della sorgente vengono vagliate da un apposito Ufficio delle Constatazioni (dal sapore vagamente pre-kafkiano).

Accanto alla vecchia Lourdes, fatiscente e addormentata, sorge una nuova Lourdes, frenetica e molto ricca. I Padri della Grotta hanno la meglio sul vecchio parroco Peyremale, che, emarginato, muore di dolore e anche su Bernadette, che si ritira nel convento di Saint Gildard a Nevers, dove morirà a soli trentacinque anni. Né di Peyremale, né, cosa ancor più singolare, di Bernadette esistono ritratti ufficiali a Lourdes, in nessuna delle sedi consacrate al culto, né, tanto meno, in nessuno dei mille e più negozi e negozietti che vendono souvenir e oggetti sacri.

Il mercimonio simoniaco delle cose sacre non può sfuggire allo sguardo di Pierre e anche a quello del dottor Chassaigne, un amico del padre di Pierre, anche lui scienziato, ma, alla fine, dopo gravi lutti, persuaso alla fede e rinnovato credente.

Non è solo l'insopportabile aria da fiera, da mercato, da sagra di paese a inquietare Pierre; la visione delle folle dolenti gli detta pagine amare e di grande crudezza.

La descrizione della “spaventosa sfilata” dei malati che si ammassano sul viale della Grotta è uno dei punti salienti del libro.

Teste mangiate dall'eczema, fronti incoronate di roseola, nasi e bocche ridotte a grugni dall'elefantiasi. Vecchie con la lebbra, altre ricoperte addirittura da licheni, come alberi marciti nell'ombra. Idropici gonfi come otri. Mani contorte dai reumatismi, pendenti fuori dalle lettighe. Idrocefali dondolanti crani enormi. Ragazze colpite da corea, e le loro danze inarrestabili e mostruose. Tisici sfiniti dalla dissenteria, tremanti di febbre. Facce bianchissime con occhi di fiamma, quasi teschi in cui fossero state accese delle torce. E poi esempi di contratture di tutti i tipi: vite sbilenche, braccia rivoltate all'indietro, colli piantati di traverso, poveri esseri incurvati e stritolati, immobilizzati in posture da fantocci, tragici fantocci, del tutto dimentichi, evidentemente, di esser stati fatti a immagine e somiglianza di Dio.

Un altro aspetto che sconvolge i sensi di Pierre, e del lettore, è quello offerto dalla massa degli ospiti che pranzano all'albergo delle Apparizioni (ricordiamo che la Vergine apparve a Bernadette per ben diciotto volte, e le confidò tre segreti).

Si tratta di una “formidabile masticazione” continua. Pierre non ha mai visto mangiare così tanto, e in mezzo a un tale sudore, a un tale ribollimento da lavanderia soffocante.

L'odore del cibo è spesso come nebbia. E c'è un rumore sordo costante, un rumore di mascelle, un gramolare da macina che si coglie distintamente. Una straordinaria promiscuità regna in quella sala da pranzo, in quella tavola comune, dove uomini e donne, giovani e vecchi, ecclesiastici e ragazzotte discinte si accalcano come il caso li ha fatti incontrare e lì, in quella mescolanza che non ha niente di sacro, appagano la loro fame “come una muta di cani sciolti”. I cestini di pane girano e si svuotano, in una pazza giostra. C'è un autentico massacro di carni fredde, tutti i resti delle carni del giorno precedente, il cosciotto e il vitello e il prosciutto, annegati in un tripudio di gelatina chiara. Niente sarà avanzato. Tutto verrà consumato, fino all'ultima briciola.

Accanto a queste pagine dove traspare tutto l'orrore di Zola per queste masse fanatizzate, voraci di meraviglioso e cibo, autentica “carne da miracolo”, ve ne sono altre di straordinaria distensione paesaggistica, autentica poesia dei luoghi, come quelle di pp.378-379, dove è descritto “l'immenso anfiteatro di alture, colline e montagne” che racchiude Lourdes, con le “cime all'infinito che si perdono nell'azzurro”, coronamento di una tendenza presente in tutto il testo, contrappunto di bellezze naturali al dolore umano.

Ricordiamo che parecchi anni fa Guido Ceronetti tradusse in versi parti di Gérminal, a sottolineare la tenuta poetica e ispirata delle descrizioni zoliane, benché in testi volti originariamente allo “studio del Vero” (Come un talismano, Adelphi, 1986).

Anche qui dunque un dualismo, tra bellezze di natura e brutture umane, quasi a riprodurre quello tra Fede e Scienza che lacera il cuore di Pierre Froment, perché lui sa che il miracolo che ha ridato l'uso delle gambe a Marie, e che l'ha resa la celebrità del momento a Lourdes, è tutto terreno e previsto alla lettera dal suo cugino medico Beauclair: scioglimento di una paralisi isterica (anche Bernadette è per lui “un'irregolare dell'isteria”), e nonostante ciò lui, con Marie, manterrà il silenzio; non può rovinare la fede di lei, che del resto sa dell'incredulità permanente di lui.

Un'altra grande dualità del libro è quella tra fuoco e acqua. Mario Porro dice giustamente che Lourdes è un romanzo del fuoco: la Grotta dell'Apparizione perennemente illuminata dai ceri, i fuochi costanti delle processioni, polvere di sole che illumina la tenebra eccetera. Ma è anche un romanzo dell'acqua: correnti di folla, flussi continui di persone, masse oceaniche e, anche, pre-proustianamente, le ondate di ricordi che assalgono la mente di Pierre e movimentano e increspano senza soste la superficie di questo libro la cui attualità le cronache recenti (con le apparizioni della Madonna nei pressi di Roma e altrove) alimentano in modo assai singolare.

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