La lentezza dell'umano / Abraham B. Yehoshua, Il tunnel

11 Gennaio 2019

Con il tredicesimo romanzo, Il tunnel, appena uscito per Einaudi, Abraham B. Yehoshua dedica la narrazione a uno dei grandi temi dell’umano, tema talvolta presente in precedenti suoi titoli in maniera marginale ma qui ne è il protagonista: la malattia. E come per tutti gli altri suoi libri, con il protagonista appare anche la controparte che è sempre rappresentata dalla lotta; in ogni suo romanzo mette in scena un topos dell’umana sofferenza e come controparte la lotta per sopperire o consolare o risarcire tale sofferenza.  

 

In L’amante, suo primo romanzo uscito in Italia nel 1990, il grande tema è la verità sotto le spoglie dell’amore, un amore che Adam, la moglie e la figlia, cercano ognuno a modo proprio. Una narrazione corale dove la lotta è il tentativo di ritrovare l’amore e dunque la verità di se stessi. In Un divorzio tardivo, uscito in Italia nel 1996, è la crisi la grande protagonista, una crisi che, a seconda dei personaggi, si declina in matrimoniale, di identità, genitoriale, religiosa; qui la lotta si identifica con l’amore che molto può unire e molto altro dividere. In Il responsabile delle risorse umane, uscito in Italia nel 2004, la compassione è il sentimento che in ogni sua sfaccettatura esce dalle pagine. Una donna è vittima di un attentato, il suo corpo giace per settimane senza nome e senza identità in un obitorio; nessun amico o parente che la cerchi, nemmeno il datore di lavoro nonostante siano settimane che lei non timbra il cartellino. Sarà il responsabile delle risorse umane della ditta dove la donna lavorava, che si farà carico di portarne il corpo alla madre in un lontano villaggio, attraversando il gelo, l’incomprensione della gente, intraprendendo una sfida con se stesso. 

 

In questo romanzo Abraham B. Yehoshua sembra voler puntare i riflettori non solo sulla compassione come atteggiamento di comprensione e di empatia, ma anche sul risvolto negativo laddove prevale il disprezzo. È un argomento che potrebbe adagiarsi come una coperta sull’intero agire umano degli ultimi decenni. In La scena perduta, uscito nel 2011, è la creatività la tematica che Abraham B. Yehoshua sviscera e stana da ogni suo anfratto, una creatività personificata da un regista oramai stanco che deve assistere in Spagna a una retrospettiva a lui dedicata. Lui, con la sua attrice prediletta e un mondo che proviene dal passato, deve fare i conti col presente e con progetti mai conclusi: la lotta per giungere alla decisione di riprendere in mano la propria arte è affidata alla passione. In La comparsa, tradotto in Italia nel 2015, è la condizione femminile, le scelte della donna, a venir messe in luce dal tormento di Noga, giovane arpista israeliana che vive in Olanda ma che rientra a Tel Aviv per occuparsi del trasloco dell’anziana madre. Noga ha un divorzio alle spalle, nel suo paese d’origine, per non aver voluto dei figli, e da qui una serie di condanne da parenti e conoscenti con cui deve costantemente, dal suo rientro, fare i conti. L’equilibrio tra la ricerca della propria felicità e le aspettative sociali pare non possa esserci nel proprio paese d’origine; la lotta per quell’equilibrio o per la fuga dalla ricerca di quell’equilibrio sarà impersonata dalla musica, grande passione e motivo di vita di Noga.

 

Il tunnel si apre con una risonanza magnetica e la diagnosi di un principio di demenza senile per Zvi Luria, ingegnere stradale in pensione. La malattia è la protagonista di ogni dialogo tra Luria e la moglie, gli amici, gli sconosciuti. Luria, uomo da sempre affidabile, preciso e concreto, inizia il suo cammino verso il caos sbandierando la sua malattia con grande spontaneità: una sorta di confessione mista a giustificazione. La lotta è rappresentata dall’amore, l’amore di tutti quelli che si imbattono in quest’uomo ancora attonito di fronte all’evidenza; l’amore della moglie è l’antidoto alla paura, quello del figlio l’antidoto allo spavento. 

Abraham B. Yehoshua anche nell’ultimo romanzo ci porta nel cuore di una famiglia e nelle pieghe recondite dell’intimità tra marito e moglie; mai come in questa opera l’amore coniugale è narrato con tanta lucida tenerezza, quasi con una sbigottita sorpresa, una resa totale dell’uno all’altra e viceversa, e la conseguente reciproca presa in carico.

 

In tutti i romanzi di Abraham B. Yehoshua le vicende personali dei personaggi e i grandi temi che di volta in volta scandaglia sono sempre legati a doppio filo con le vicende politiche e civili del paese: il privato e il collettivo sono inscindibili dagli avvenimenti del popolo palestinese e del popolo israeliano. Quasi tutte le trame hanno come ambientazione Tel Aviv, Gerusalemme e dintorni; sempre presente è il deserto, la luce del deserto anche di notte, la polvere, il giallo del sole; come la musica, uno strumento musicale, il teatro: dai suoi libri escono sempre un suono e una luce.

La genialità di Abraham B. Yehoshua sta nel tutto: nella capacità di sviscerare i temi che cuce addosso ai suoi protagonisti – o sono i protagonisti che lui cuce addosso ai temi – con una perizia e pacatezza discorsiva senza eguali. Lo scandagliare l’animo umano attraverso piccoli esseri che dalle pagine occhieggiano a tutti noi come a dirci “Hei, guarda che riguarda anche te”. Più che un chirurgo un anatomopatologo dell’anima, che punta a individuare, analizzare, sviscerare le reazioni dell’essere umano agli eventi della vita.

 

 

La genialità dei suoi romanzi corali, tra tutti L’amante, risiede nella capacità di esprimere una simultaneità di punti di vista sempre uguali e sempre diversi: un approccio che porta rispetto anche per le microdimensioni dell’identità. Quella, non minore, degli intrecci e della passione la si ritrova invece nelle trovate contenutistiche: in Il tunnel è un tunnel da costruire sotto una piccola collina nel deserto che impegnerà le ultime settimane di lucidità dell’ingegnere stradale in pensione; altrettanto indimenticabile è la trovata degli ascensori di nuova costruzione in cui si infila il vento creando ululati spaventosi di cui Amotz, il progettista, non riesce a venire a capo in Fuoco amico.

 

In tutti i suoi scritti la donna è una figura centrale che agisce nella storia senza attendere di agire con la storia, le sue azioni sempre di una forza decisa e al contempo dolce, espressione di una ebraicità femminile netta. La forza delle personagge di Yehoshua si fa sempre più evidente di libro in libro, prevalentemente in quelli degli ultimi dieci anni laddove delle figure giovani, come Noga, si trovano a fare i conti con la loro libertà dentro e fuori del paese. Sono a volte donne che se ne vanno da Israele cercando una libertà dalla propria patria, dalla propria storia, da se stesse ma che, nel momento del rientro, rielaborano tutte le riflessioni che le hanno condotte dove sono. Non è forse un caso che in Il tunnel vi sia una donna con due nomi, Ayalà Hanadi, nessun documento, una storia che la colloca in due diversi paesi, in due lingue, divisa tra l’amore per il padre, per il fratello, per i due uomini che si occupano di lei, ma anche decisa a sbarazzarsi di tutti per trovare la propria nuova identità. 

Il modo in cui Yehoshua fa muovere, agire, parlare i suoi personaggi femminili, soprattutto lo sguardo che ha su di loro è tra i più delicati e meno misogini della letteratura contemporanea mondiale, cui fanno eco solo in pochi, come Amos Oz e Mario Benedetti l’uruguayano. 

 

Va infine segnalata la peculiare, pacata lentezza con cui l’autore mette sulla carta i dialoghi, la minuzia e la ripetitività nelle descrizioni, i monologhi, le elucubrazioni che inevitabilmente ogni personaggio porta cose sé; una lentezza a ragione incurante del lettore, di quel lettore che potrebbe abbandonare la lettura in cerca di altri ritmi. La lentezza di Abraham B. Yehoshua è permeata di guizzi di vita, di spasmi di acutezze, di osservazioni geniali. È quel ritmo, la sua lentezza, dell’umano che presenzia nel tempo, nel proprio tempo, che pare prendere per mano il lettore – come in un noto e datato videoclip – per portarlo tra le pagine del libro e dirgli della luce del deserto, delle strade di Tel Aviv, del cuore dell’uomo. 

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