Quattro poesie / Osservando il lato luminoso

26 Ottobre 2016

Pubblichiamo la terza delle quattro poesie di Robin Morgan. Qui il saggio introduttivo di Maria Nadotti, qui la prima delle poesie da lei scelte e qui la seconda.

 

Vivendo in un’epoca di agonismi scientifici,

è facile scordare che un tempo

ci avrebbero bruciate vive.

 

Sul serio, avrebbero bruciato me

e quelle come me per così tante ragioni

per così tante volte:

per avere amato, non sposata, un uomo

per avere amato una donna,

perché donna.

Perché donna che ha imparato a leggere.

Perché donna che ha imparato a scrivere.

Per questo, adesso, perché ora tremo

da Satana senza alcun dubbio posseduta.

 

 

Quelli che ci bruciavano vive

sono ancora in giro. E come amano

dare fuoco alle cose! Adesso

appiccano incendi virtuali ai fondi di ricerca,

alle leggi che ci proteggono quando infine

non riusciamo più a camminare in linea retta.

 

 

Il che porta alla mente una metafora – che cosa non lo fa? –

di ciò che in fondo tutti quanti siamo; di ciò che accade

quando non riusciamo più a camminare in linea retta.

 

È ben difficoltoso navigare la notte

per le specie che si affidano ai segnali visivi.

Già più semplice quando splende la luna,

ma come fare nelle notti senza luna?

 

Be’, le più modeste fra le creature,

quelle che ci disgustano, gli scarabei stercorari,

la strada la sanno trovare.

 

Rotolano palline di sterco, gli scarabei                                                                                   

ad uso futuro, sì, come cibo – o per l’accoppiamento, a volte,

come un dono. Radunato lo sterco, rotolano veloci la pallina

lontano dall’ammasso, per impedire agli altri di rubarla.                                                     

Tutto questo lo fanno muovendo in linea retta.

 

 

Studiandone il comportamento gli scienziati hanno scoperto                                                         

che nelle notti di luna si muovono gli scarabei in linea retta

e anche nelle notti senza luna – quando la Via Lattea si vede.     

Ma se il cielo è coperto, ma se gli scarabei

portano fissate sulla testa minuscole visiere

che del cielo notturno negano la vista, eccoli vagare senza meta.

 

È questa, dicono, la prima ricerca che documenta

l’utilizzo della luce galattica per l’orientamento nel regno animale.

 

E ho pensato:

 

1) Be’, anche questa è scienza.

2) Che bello. Tutti quei fiammeggianti soli cosmici per indicare la strada alle più infime creature di un solo piccolo pianeta blu.

3) Molto meglio usarla così, la fiamma, che per una pira.

4) Guarda, soffiami una metafora nell’orecchio e ti seguirò in ogni dove.

5) Come dev’essere irritante avere una visiera fissata sulla propria testolina.

6) È possibile vagare con una meta?

7) Gli antichi egizi presentivano un simile talento negli scarabei stercorari quando li veneravano come sacri?

8) Così,  anche se pretendiamo di essere umani, siamo tutti scarabei stercorari, che solcano la notte al bagliore di una gloria indifferente, celestiale.

9) Il punto è che loro trovano la strada.                           

10) In ogni caso, che bisogno c’è di camminare in linea retta?

 

Traduzione dall’inglese di Cristina Alziati e Maria Nadotti.

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