New York Public Library / Wiseman. Ex Libris

13 Ottobre 2017

La New York Public Library è una delle biblioteche più famose del mondo. In 1997. Fuga da New York (1981), in una Manhattan fuori da ogni legge, la NYPL è il quartier generale del Duca, il perfido criminale che domina la città. Nella prima scena di Ghostbusters (1984), le ordinatissime schede del catalogo, spinte da una forza misteriosa, schizzano fuori dai cassetti e volano nello spazio, terrorizzando la bibliotecaria. 

 

Quello che l'immaginazione hollywoodiana non ha saputo prevedere è il presente della biblioteca, quello che racconta Frederick Wiseman in Ex Libris, il documentario presentato in concorso alla Biennale di Venezia nel 2017. Sono 3 ore e 17 minuti in cui i libri sembrano diventare fantasmi. Se ne vedono pochissimi, malgrado i 53 milioni di unità (volumi, opuscoli, mappe, video...) conservati nei suoi depositi. Per un attimo si intravede il primo libro stampato a caratteri mobili, la celeberrima Bibbia di Gutenberg (anche se all'inizio avevamo sentito dire che il volume non era al momento disponibile). I partecipanti a un gruppo di lettura discutono di sentimenti tenendo tra le mani le copie consunte di Amore ai tempi del colera di Gabriel García Marquez. Non sono molti di più i “physical books” - come vengono ormai definiti dallo staff - che incontriamo in questo viaggio alla scoperta di quel che nasce dai libri, che si muove attorno ai libri, che parte dai libri, ma sta fuori dai libri. Il titolo del film non allude al fatto che i volumi di cui si narra siano di proprietà della NYPL, ma all'infinita gamma di attività che quei volumi ispirano oggi. Questa rivoluzione l'hanno interpretata in maniera innovativa gli Idea Stores londinesi, reinventati da David Adaye, ma investe ormai tutte le biblioteche, anche in Italia. La trasformazione è inevitabile.

Qualcuno lo spiega all'inizio del film: ormai – ma forse da sempre - una biblioteca non è solo e tanto un deposito di libri. Il lucidissimo Wiseman (classe 1930) dev'essere rimasto sorpreso da questa osservazione e ha deciso di verificare come sono cambiate le biblioteche e come sta dunque  evolvendo la cultura. In Ex Libris non mostra quasi nessuno che se ne sta seduto al tavolo, chino sulla pagina, in silenzio. Si legge più spesso insieme, facendo rumore. 

 

Wiseman è documentarista straordinario, che dà il meglio di sé quando racconta la vita e l'attività di organismi complessi, dove al centro delle dinamiche ci sono gli esseri umani e le loro relazioni. Ha raccontato magistralmente, tra l'altro, la National Gallery (2014), l'università di Berkeley (2013), il Crazy Horse (2011), il corpo di ballo dell'Opéra di Parigi (2010), la Comédie Française (1996), il Metropolitan Hospital di New York (1984), un ospedale psichiatrico (1969)... Wiseman non fa domande, non sovrappone il commento della voce fuori campo, non mette sul sottopancia il nome e il cognome di chi parla. L'intera narrazione è affidata alle immagini e ai suoni in presa diretta: parlano i luoghi, gli oggetti, le persone, i loro volti, voci, gesti, sguardi... La cinepresa (o la videocamera) e la troupe scompaiono, come se non esistessero. Eppure questo occhio invisibile ci mostra il reale in tutta la sua ricchezza e complessità. Quegli individui democraticamente anonimi sono parte di una collettività, compongono una comunità che condivide lo stesso luogo e gli stessi obiettivi. La narrazione scaturisce dal montaggio, dal piacere della scoperta, dalla fittissima tessitura dei rimandi interni, intorno a temi che si rinforzano o si contrappuntano. E' una lunga fuga che strato dopo strato, personaggio dopo personaggio, aneddoto dopo aneddoto, si avvicina sempre di più alla verità: ma è una verità complessa, impossibile da riassumere in tutti i suoi chiaroscuri e le sue ironie. Wiseman non ha tesi da dimostrare. Non presuppone alcun giudizio, ma offre allo spettatore gli elementi necessari per giudicare. 

 

 

Per quasi tutto il film restiamo all'interno del maestoso Schwarzman Building, inaugurato il 23 maggio 1911, o in una delle 92 sedi distaccate tra Manhattan, il Bronx e Staten Island. A raccordare le varie sequenze, solo le brevi inquadrature della vita che scorre nelle strade della città. A Wiseman basta punteggiare questi spezzoni in esterni con le immagini dei carri dei pompieri che sfrecciano nella città: dentro quel rifugio la quiete e fuori la traccia del disordine, dentro i rumori ovattati e fuori l'urlo della sirena. Per poi scoprire che tra quei due mondi, tra l'interno e l'esterno, c'è una dialettica strettissima: lo studio, gli incontri, le discussioni sono l'unica possibilità di cercare un ordine nel caos, ma costituiscono un ordine in cui il caos, inevitabilmente, irrompe sovente.

 

Wiseman dimostra che una biblioteca – o meglio un sistema bibliotecario – è tantissime cose, e che  offre una varietà di attività e di servizi in continua espansione. Ci sono gli incontri con le star del sistema culturale: si riconoscono Richard Dawkins che promuove la sua fondazione, Elvis Costello che racconta il rapporto tra musica e rabbia, Patti Smith, Ta-Nehisi Coates. Parlano in tono confidenziale a platee affollate come quelle dei festival letterari. Ci sono autori meno noti, impegnati a riscrivere la storia contro i pregiudizi del passato. E' una pratica politica che diventa più esplicita in biblioteche come la Macomb’s Bridge ad Harlem: lì non si fanno discussioni accademiche ma si confrontano esperienze vissute sulla propria pelle, compresi i prezzi delle chicken wings nei supermercati dei diversi quartieri. Si registra l'attore che legge Nabokov, per chi ha disabilità visive. Nella stessa Andrew Heiskell Braille and Talking Book Library si insegna a muovere i polpastrelli sui caratteri in rilievo. I più piccoli, accompagnati dalla mamma, imparano ad innamorarsi dei libri e delle storie. Si aiutano gli anziani a compilare moduli online e si danno in prestito ai meno abbienti gli hot spot che consentono una connessione casalinga a banda larga, perché l'accesso alla cultura oggi significa anche google, videogame e serie tv. Poi si suona, si recitano poesie. Si imparano a leggere le immagini del formidabile archivio iconografico,  sedimentato nel corso di oltre un secolo. Si visitano mostre, si discute di storia e di politica. Si approfondisce. Il presente si stratifica sul passato. 

 

Lo sguardo di Wiseman si focalizza sui dirigenti e sul personale della biblioteca, impegnati nella gestione ordinaria e nelle scelte strategiche (la NYPL è gestita da una associazione senza scopo di lucro). Dove è meglio investire? Sui “libri fisici” o sugli ebook? (Ogni anno passano per la NYPL 18 milioni di utenti, il suo sito ha 32 milioni di visitatori). Puntare sui best seller, così richiesti ma effimeri, o sul catalogo e sui libri “che tra dieci anni avremo soltanto noi”? Comprare i testi necessari alla ricerca o oppure quelli destinati ai bambini, per crescere nuovi lettori? La tradizione si scontra con la modernità, anche se le stanze che ospitano le riunioni sono quiete e arredate con gusto, anche se gli interlocutori sono preparati, appassionati, entusiasti... C'è l'abitudine e la necessità di romperla.

 

Lo scontro con la realtà del “mondo di fuori” può farsi ancora più duro. Come comportarsi con gli homeless, i senzatetto che trovano nella biblioteca un luogo caldo e accogliente? Come convincere i ricchi sponsor e l'amministrazione pubblica a finanziare queste mille attività? Come spiegare a miliardari e sindaco che le biblioteche sono necessarie al benessere della comunità? La sopravvivenza di un'istituzione sta anche nel rapporto con la politica e con il capitale, nella convergenza di sostegno pubblico e privato. E' anche per questo che in quelle stanze si parla di Marx e di Lincoln, o dei pregiudizi – spesso inconsapevoli ma per questo ancora più devastanti - degli storici nei confronti delle minoranze.  

Wiseman si interessa al destino della biblioteca sfogliando una dopo l'altra le varie funzioni che può svolgere: archivio della memoria personale e collettiva, rifugio per lo studio e la ricerca, centro di riflessione ed elaborazione politica, ma anche di svago e divertimento, community hub, riparo dalla violenza del mondo, pretesto per ostentare la propria ricchezza (e i  propri gusti raffinati, come nelle cene riservate ai filantropi)... E' un luogo di accoglienza, di formazione, di scambio.    

Quello che Wiseman interroga è il senso e la necessità della cultura, oggi, nel suo rapporto con la tradizione e nel suo scontro dialettico con l'innovazione tecnologica e antropologica, ma anche con le tensioni sociali. Una biblioteca non è solo e tanto un contenitore di informazioni e di nozioni, è occasione di incontri A renderla viva sono i rapporti tra le persone, la cura per le cose e per gli altri, la capacità di condividere.

 

Emerge una visione della cultura diversa da quelle tradizionali. Una biblioteca non è solo la cultura “alta”, il museo della tradizione e delle università, un patrimonio da conservare e replicare. Non riflette nemmeno il concetto allargato di cultura proposto dagli antropologi, che investe tutti gli aspetti della vita materiale e sociale, anche se di tutto questo i libri permettono di tenere una traccia. 

La cultura è uno strumento dinamico. Evolve. Si adatta. Muove le persone, le cambia. E cambiando le singole persone, cambia l'intera società. Fare cultura oggi, mostra Wiseman, significa accrescere competenze, consapevolezza, coraggio. Significa attivare relazioni, ampliando l'accesso a categorie finora escluse dai consumi culturali. La cultura è strumento di emancipazione e di crescita individuale e collettiva. Per ottenere questi obiettivi, la solitudine dell'abitante della metropoli non basta. Non basta nemmeno l'autosufficienza narcisistica dell'internauta. 

 

La biblioteca è lo spazio fisico – ma sono soprattutto le persone preparate, appassionate, curiose – in cui la cultura può accadere. Nelle biblioteche si combatte una grande guerra, che viene però vinta soprattutto grazie alle piccole battaglie, a una guerriglia costante, giorno per giorno, quartiere per quartiere. Libro dopo libro, pagina dopo pagina. E questa guerra si vince anche e prima di tutto fuori dai libri, ma a partire dai libri, là dove un tempo sembrava che ci fossero soltanto libri.

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