Milano immobiliare e la finanza

7 Marzo 2025

Il dibattito degli ultimi mesi attorno al Disegno di Legge n. S. 1309 ‘Disposizioni di interpretazione autentica in materia urbanistica ed edilizia’, il cosiddetto DDL ‘Salva Milano’, si intreccia innegabilmente a quel ‘modello’ di sviluppo sul quale le ultime amministrazioni comunali meneghine hanno puntato. Il tema della prospettiva ambrosiana di applicazione delle norme urbanistiche ed edilizie in materia attuativa, in particolare rispetto alle ristrutturazioni, si lega infatti a una politica urbanistica ‘espansiva’ orientata alla crescita dei valori immobiliari. Tale modus operandi, che ha ovviamente migliorato la qualità dello spazio urbano, ha altresì esacerbato alcune disuguaglianze della città, come dimostra la crescita dell’indice di Gini che rivela una polarizzazione salariale sempre maggiore a fronte di canoni d’affitto e prezzi delle case sempre maggiori.

In generale, il Comune di Milano ha fortemente sostenuto la rigenerazione urbana e questa, specialmente nelle grandi trasformazioni urbane, si è saldata alla finanziarizzazione immobiliare.

Il concetto di finanziarizzazione, emerso nell’ambito accademico già agli inizi del 2000, definisce la pervasività di attori, pratiche e strumenti finanziari nell’economia e nella società, nel suo complesso. Collegando l’egemonia finanziaria ai mercati immobiliari, tale concettualizzazione descrive il trattamento dei beni immobili come prodotti finanziari scambiabili mediante tecniche finanziarie, come la cartolarizzazione o la cessione-acquisizione di beni immobili. Gli immobili vengono così ‘finanziarizzati’, raggruppati in pacchetti azionari e obbligazionari sia da parte di società per azioni o società gestione risparmio, sia da parte di fondi comuni quotati controllati da banche, assicurazioni e pensioni, ovvero i fondi istituzionali oggi più presenti nei mercati delle maggiori città europee e mondiali.

Parallelamente all’ascesa degli strumenti finanziari applicati alla rigenerazione e trasformazione urbana, si è verificata una specializzazione delle strategie aziendali degli sviluppatori, seguendo un approccio industriale al prodotto edilizio. In particolare, i cosiddetti developer, che in passato erano dipendenti dai cicli del mercato immobiliare e sovente contraevano grandi prestiti sovra-indebitandosi, oggigiorno tendono a gestire gli immobili utilizzando la leva finanziaria per raccogliere il credito necessario non solo ad avviare ma anche a completare e gestire l’operazione sul lungo periodo.

Sicché l’introduzione di nuovi strumenti finanziari ha consentito l’allargamento della platea creditizia eludendo la ciclicità dei mercati immobiliari. Milano è un caso esemplare di queste innovazioni finanziarie e lo dimostra il fatto che, secondo il report annuale di UBS sulle bolle immobiliari, la città è stata classificata come sicura in tutti gli ultimi dieci anni.

Finanza e territorio

La finanziarizzazione non è certamente solo un fenomeno milanese, bensì globale. A partire dagli anni ’80, con il progressivo smantellamento neoliberista del welfare state vi sono state enormi trasformazioni del sistema bancario europeo e italiano. Questi cambiamenti hanno determinato una lenta ma progressiva capitalizzazione degli istituti bancari, la chiusura delle banche di territorio e una moltiplicazione del commercio di strumenti e prodotti finanziari.

Se da un lato, studiosi come Fernand Braudel, David Harvey e Giovanni Arrighi hanno ampiamente illustrato le interazioni tra finanza e industria, dall’altro lato, negli ultimi quattro decenni, la saldatura tra ingegneria finanziaria e norme statuali ha consentito di ‘finanziarizzare’ praticamente qualunque tipologia di asset in grado di produrre cespiti e questo ha determinato una trasformazione profonda del sistema capitalista.

Indubbiamente, il ruolo della finanza è sempre stato centrale nelle dinamiche di urbanizzazione. Esempi emblematici dell’intreccio tra interessi finanziari e politici sono i distretti di Canary Wharf di Londra, la Defénse a Parigi, Taunusanlage a Francoforte, Kirchberg a Lussemburgo e tanti altri nel mondo. Tuttavia, in passato era più la politica, con l’ausilio della finanza, a guidare queste trasformazioni piuttosto che il contrario.

Con la svolta verso la finanziarizzazione dell’economia, cominciata proprio dall’immobiliare con le prime cartolarizzazioni guidate dalla Federal Reserve negli anni ’70, si sta sempre più assistendo alla realizzazione di grandi veicoli finanziari finalizzati più alla massimizzazione del profitto che ad uno sviluppo urbano equo. Come avvenuto per la City di Londra, Zuidas ad Amsterdam o la stessa City Life a Milano, con l’assorbimento delle plusvalenze finanziarie nello spazio costruito e l’aumento esponenziale del valore dei beni immobili, la finanziarizzazione si sta sempre più fondando sulla rigenerazione e la densificazione urbana delle città.

Banche, investitori e sviluppatori

Il mercato immobiliare milanese vale circa il 50% di quello nazionale, avendo convogliato, secondo l’operatore Dills, 6,4 miliardi di euro in investimenti immobiliari solo nel 2024. Tale scenario è dato sia dal riconoscimento di Milano come uno degli epicentri nella mappa europea degli investimenti immobiliari, sia dallo status di capitale economica e finanziaria del Paese. In questo senso, hanno giocato a favore del capoluogo ambrosiano due elementi: la privatizzazione delle società pubbliche negli anni ’90 e il consolidamento degli istituti di credito bancario.

In primo luogo, la rifunzionalizzazione di aree e edifici precedentemente detenuti da soggetti pubblici, come per l’ex Fiera o l’ex Montecatini, hanno dato particolare linfa al mercato immobiliare, facilitando la finanziarizzazione. In secondo luogo, la presenza delle sedi dei principali istituti bancari italiani, come Unicredit e Intesa San Paolo, ha stimolato gli investimenti da parte di questi soggetti sia direttamente, sia indirettamente mediante spin-off immobiliari da essi controllati.

Parallelamente, c’è da considerare che dagli anni ’90 in avanti lo Stato italiano e la Regione Lombardia hanno, di fatto, fortemente abilitato sul piano legislativo e giuridico la finanziarizzazione. Seguendo l’intento di agevolare l’iniziativa immobiliare, i due organi che detengono in misura concorrente la potestà legislativa in materia urbanistica, hanno introdotto norme sui piani attuativi e premialità volumetriche pensate esattamente in prospettiva market-led.

Questo panorama si è reso particolarmente favorevole all’attrazione di capitali esteri, così come all’approdo di sviluppatori internazionali come Lendlease, Hines, Covivio e altri. Analogamente, il processo di finanziarizzazione non ha riguardato solo i grandi progetti di rigenerazione urbana ma anche la mercificazione di beni immobili di pregio come alcuni dei palazzi dell’aristocrazia milanese. Complessivamente la finanziarizzazione immobiliare ha consentito di affinare le tecniche di raccolta e allocazione dei cespiti immobiliari ma non la loro capitalizzazione poiché i fondi immobiliari ‘chiusi’ (non quotati in borsa) rimangono il 90% tra quelli italiani.

Il Piano di Governo del Territorio

Sulla scorta del processo di devolution del 2001, la Regione Lombardia ha aggiornato gli strumenti di pianificazione attuativa, introducendo nel 2005 i Piani di Governo del Territorio (PGT) e definendo un impianto urbanistico di tipo più localista, congeniato affinché le identità locali avessero in questo nuovo modello di piano regolatore la loro massima espressione spaziale.

Guardando nello specifico agli ultimi due Piani di Governo del Territorio promossi dagli Assessori Ada Lucia De Cesaris e Pierfrancesco Maran, si può sostenere che abbiano anch’essi contribuito a facilitare quella fase espansiva citata poc’anzi, nonché la finanziarizzazione dei beni immobili e l’attrazione dei capitali stranieri. Sia il Piano attualmente in vigore Milano 2030, sia il precedente, hanno da un lato definito Ambiti di Trasformazione Urbana e poi Grandi Funzioni Urbane le aree strategiche sottoposte a pianificazione attuativa, svincolandole – di fatto – dalla pianificazione generale, e, dall’altro lato, hanno inserito facilitazioni per la rigenerazione urbana diffusa come la densificazione fino a indice 1 m2/m2 in prossimità di grandi viali e stazioni delle linee metropolitane.

In questo senso, è indubbio che la Legge Regionale 18/2019 sulla Rigenerazione Urbana abbia ulteriormente favorito l’implementazione del mercato immobiliare milanese incentivando le dinamiche speculative, siano esse legate o meno alla finanziarizzazione dei suoli. Tuttavia, è altresì vero che il Comune di Milano non ha proposto correttivi a queste tendenze né mediante i PGT né attraverso un pronto aggiornamento dei tabellari sugli oneri di urbanizzazione, che è arrivato solo in seguito, su impulso dell’Agenzia delle Entrate.

Al contrario, è stata complessivamente agevolata la creazione di rendita fondiaria e poco della sua captazione mediante oneri di urbanizzazione, monetizzazioni e contributi di costruzione è stato ‘restituito’ ai quartieri in cui tale valore veniva estratto sia mediante attrezzature come palestre, piscine, parchi, parcheggi interrati eccetera, sia soprattutto nella produzione di nuovi alloggi a prezzi abbordabili. In particolare, la realizzazione di case sociali e popolari è al centro delle negoziazioni tra operatori e istituzioni nelle grandi trasformazioni urbane di quasi tutte le città europee, e non si capisce perché a Milano tale questione sia stata così marginalizzata.

Conclusioni

La saldatura tra finanziarizzazione immobiliare e rigenerazione urbana ha reso Milano un potente magnete per gli investimenti immobiliari. Questi hanno significativamente migliorato i progetti urbani della città, aumentando altresì il valore degli immobili di +50% e quello degli affitti del +42% tra 2016 e 2024 secondo le ultime analisi di mercato, ma contribuendo a espellere verso l’hinterland quote sempre più consistenti di nativi milanesi e persone della working class.

Oggi l’insieme di attori, strumenti e pratiche della finanziarizzazione è talmente penetrato all’interno del contesto milanese da rendere estremamente complicato proporre misure più forti per la captazione della rendita fondiaria nell’ottica di redistribuire le plusvalenze immobiliari a vantaggio della cittadinanza.

Proprio su questo nodo teorico si colloca sia il dibattito attorno al dispositivo Salva-Milano, sia soprattutto quello sul futuro della città. Al di là dell’interpretazione ‘autentica’ delle norme, la dialettica politica sconta la questione del caro-vita (e del caro-casa) che l’urbanistica milanese ha oggettivamente ben poco mitigato nello scorso decennio. La mancata azione redistributiva del PGT è da imputare, secondo chi scrive, a un impianto neoliberal in linea con la finanziarizzazione dell’economia, della società e, in generale, degli apparati statuali.

La finanziarizzazione immobiliare e tutto ciò che ne è conseguito sono state infatti possibili grazie ad un progressivo arretramento dello Stato (e delle sue ramificazioni amministrative) nel governare il rapporto tra spazio e finanza. Istituti e aziende finanziarie hanno progressivamente determinato una riflessione delle logiche finanziarie del potere nelle logiche territoriali di sviluppo e tali dinamiche possono essere ri-governate solo attraverso un uso più strutturale e spazializzato della fiscalità.

In conclusione, la posta in gioco per uno sviluppo più equo di Milano riguarda sì il DDL ‘Salva Milano’ ma soprattutto il prossimo PGT, lo strumento che più di tutti riflette la visione di politica urbanistica della Giunta, e nel cui Documento di Piano si gioca la capacità di redistribuire le plusvalenze fondiarie mobilitate dal mercato immobiliare milanese.

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