Un libro di Claudio Vercelli / Neofascismo in grigio

27 Aprile 2021

Nell'Europa sovranista e populista il riferimento ai fascismi storici e la più diffusa trasversale e sensibilità destrorsa, nazionalista e identitaria sono modelli di mobilitazione e azione politica: una ragione urgente per fare i conti con le destre del presente, tanto più in situazioni di emergenza prolungata come quella attuale. Se nei diversi neo e post-fascismi sembra emergere un tratto di continuità con il Novecento, molti sono i tratti di discontinuità con quel passato e i recuperi, gli innesti che mettono insieme altri passati e danno vita a nuove sintesi. L'assalto di Capitol Hill a Washington il 6 gennaio 2021 da parte di una composita schiera di esponenti della destra americana è stato un fenomeno rivelatore e sintomatico di come le categorie politiche tratte dalla storia del Novecento siano insufficienti e dunque poco efficaci per la messa a fuoco e per la comprensione dello scenario attuale.   

 

La presa di distanza storicizzante che negli ultimi anni ha denunciato l'eccesso di allarmismo nei confronti dell'uso del termine 'fascismo' rischia di essere una sottovalutazione della presenza delle minacce al pluralismo e alle democrazie contemporanee: si ha anzi l'impressione che chi critica l'idea di un “ritorno del fascismo” sottolineando le forti differenze, sembri più infastidito dal discorso antifascista che non consapevole dei rischi reali (su questo tema si veda il recente lavoro di Carlo Greppi, L’antifascismo non serve più a niente). D'altro canto nel tempo l'inflazione di termini come “fascismo” e “fascista”, utilizzato a sproposito e per stigmatizzare qualsiasi atteggiamento autoritario, con connotazioni moralistiche , demonizzanti e improprie (si veda ad esempio il libro di Emilio Gentile, Chi è fascista) non solo non ha impedito il continuo scivolamento a destra ma anzi ostacola la piena consapevolezza del fatto che esistono moltissime persone, gruppi, movimenti e partiti che pensano e agiscono politicamente a partire dall'ammirazione, dalla simpatia o dalla piena adesione per qualcosa che – a torto o a ragione – si continua a designare come “fascismo”.

 

Doppiozero ha dedicato grande attenzione alle destre contemporanee: individuando  logiche e pratiche a partire da un linguaggio e uno stile comune e con la messa a punto di categorie efficaci per rendere ragione del presente. Proprio in questa direzione e con la messa a sistema di ricerche e pubblicazioni si muove Claudio Vercelli nel suo nuovo libro, Neofascismo in grigio. La destra radicale tra l'Italia e l'Europa, Einaudi 2021: per capire come si trasformi la destra si tratta di guardare a concezioni più generali della storia e della cultura che rendono possibile la proliferazione pulviscolare di un modo di pensare e agire che ne spiega la radicalità, la vastità e l'attualità. Si tratta di ragionare quindi sulle ragioni della sopravvivenza alterata dei fascismi a partire dai loro elementi, non solo in grado di sopravvivere (anche in forza di un certo grado di rimozione) ma di riconfigurarsi all'interno di un sistema politico democratico e in un mutato contesto storico. A partire dalla metafora cromatica del titolo, l'autore mette in luce dunque le caratteristiche mutevoli e mimetiche, camaleontiche e sfuggenti, di un “nuovo fascismo” plastico e opportunista: il libro, denso ma agile, è uno strumento fondamentale per l'analisi in forza di una concettualizzazione che si snoda tra storia e scienze sociali e dialoga con le uscite bibliografiche più recenti.

 

Vercelli si concentra sulla galassia grigia che consiste a livello organizzativo nell'«internazionalismo dei nazionalismi etnocentrici» e a livello culturale nella «saldatura tra xenofobia, avversione per il meticciato, nazionalismo di ritorno, rigetto della democrazia rappresentativa, elogio del movimentismo di piazza e della presenza popolare come esercizio di una protesta senza fine, richiesta di garanzie securitarie […] di contro all'erosione dei diritti». Ne emerge dunque una «fotografia della crisi della politica» molto nitida con l'idea che oggi non torni il fascismo storico né si affermi il neo-fascismo post bellico, ma si diffonda un tratto culturale e identitario di lungo periodo e di grande pervasività “dal basso” che a quelli si riferisce, minacciando la democrazia e il pluralismo.

 

La principale differenza tra fascismo e radicalizzazioni di destra nel presente è nella genesi storica: il primo sorge dalla Grande guerra e dall'antagonismo con la mobilitazione socialista intorno a un paradigma militare; a questo seguono la realizzazione organizzativa e la diffusione della violenza, il farsi Stato e la posizione di potere. Le destre post-fasciste contemporanee occidentali si configurano invece come realtà residuali dopo la sconfitta dei fascismi bellici e si ripropongono in funzione reattiva ai fenomeni di globalizzazione di fine Novecento; da qui in una diversa configurazione geopolitica ambiscono con crescente successo a farsi rappresentanza di un disagio sociale, di natura economica spesso strettamente legato a una grave deprivazione culturale e  alla marginalità territoriale: si rifanno al passato in una peculiare versione mitologica e, a partire da un radicamento nel presente hanno come obiettivo la promessa (che si vorrebbe) alternativa di un diverso futuro.

Il loro terreno di coltura è il cattivo funzionamento delle democrazie liberali attuali e quindi il fallimento di queste, reale e percepito a seconda dei casi, rispetto al soddisfacimento di bisogni fondamentali legittimi – tra tutti l'equità sociale e la  redistribuzione economica – a cui si annodano confusamente rivendicazioni e aspirazioni che non lo sono, come la restrizione dei diritti (pensati come risorse e beni limitati) solo ad alcuni soggetti, culturalmente ed etnicamente omogenei e il ritorno a primati nazionali e a sovranità “libertariane”, condizioni precedenti le integrazioni europee e internazionali e dei soggetti migratori.

 

 

Il nuovo fascismo ha quindi in comune con il vecchio la concezione organica, uniformante e omologata della comunità e il movimentismo che aspira a farsi governo, parassitando la debolezza delle istituzioni e attirando a sé le simpatie di diversi gruppi di interesse: analogamente al liberalismo ottocentesco, la condizione contemporanea neoliberale ed economicista vive una crisi di legittimità, che deriva dalla sua stessa  coestensività al capitalismo, dalle sue contraddizioni e dalle logiche di mercato, dirigiste ed escludenti. Per Vercelli «il radicalismo odierno è ancora una volta il prodotto dell'incontro tra ciò che resta di una sinistra che transita dall'idea di lotta sociale a quella di lotta nazionale e, sull'altro versante, di una destra non più conservatrice e legittimista, ma di movimento e “rivoluzionaria”, confrontandosi entrambe con le dinamiche di trasformazione in atto nelle società di massa». Non più potere assoluto, il nuovo fascismo si presenta come «esercizio di contropotere» e si offre come lessico di soluzioni a problemi presentati come insolubili con gli strumenti della democrazia e del pluralismo, traendo la sua forza dalla sua narrativa diffusa di un immaginario assolutorio e vittimista capace di farsi senso comune e mobilitazione rabbiosa contro i tanti “nemici” dell'ordine agognato; in sintesi, una concezione dei rapporti sociali fondati sulla forza, sulla gerarchia e sul differenzialismo assoluto come soluzione facile e capace di sciogliere i nodi del presente. Più che semplice nostalgia, il «neofascismo [...] rimanda a un patrimonio storico preciso» fatto di atteggiamenti – «qualunquismo, gregarismo e disposizione antidemocratica» – fino a farsi radicalismo «che si alimenta anche di quel passato, in parte andandovi oltre». Vercelli descrive una «rigenerazione di motivi e atteggiamenti di fondo che rimandano a un sedimento ideologico e subculturale con una sua specifica matrice fascista».

 

Il fascismo storico, all'inizio del terzo millennio e cento anni dopo la sua affermazione, è dunque il referente mitico fondativo della destra radicale: nei diversi capitoli il libro fornisce una ricostruzione dei fascismi dopo il fascismo e al tempo stesso delinea una mappa sensibile e aggiornata di movimenti e partiti attuali sullo scenario internazionale, mettendo al centro del discorso l'avvenuta conquista di un'egemonia culturale. Questa, è avvenuta con l'acquiescenza (se non complicità) delle forze liberali e a partire da progetti di sdoganamento e di modernizzazione delle destre nel momento in cui i partiti di sinistra implodevano sulla scenario internazionale, su linee guida come i temi delle migrazioni, il  genere, la sicurezza e la famiglia e nella loro proiezione sul domani come «progetto di coesione sociale, ambizione di occupare spazi collettivi di rappresentazione e di socialità che sono stati lasciati completamente a sé dal resto della politica». 

 

La ricostruzione storica dal secondo dopoguerra ad oggi mostra come realtà eterogenee abbiano trovato negli ultimi decenni una capacità strategica di sintesi e convivenza, prosperando a livello elettorale, nonostante le molteplici contraddizioni. Proprio l'elemento della contraddizione è la caratteristica più marcata del nuovo orizzonte grigio che si muove tra contestazione e conformismo, governo e opposizione, statolatria etnicizzante e individualismo superomistico, comunitarismo identitario e ipertrofia del sé. Tale contraddizione su più livelli sembra il portato specifico del presente, l'esito di un originale e contemporaneo irrazionalismo controilluminista grossolano e diffuso, che ha saputo rinnovare la nozione di populismo in chiave mediatica. Preparato da decenni di subcultura televisiva e da una progressiva crisi dell'informazione, il nuovo post-fascismo non sarebbe infatti tale senza il web e senza lo psichismo che rende i media sociali nella semiosfera un formidabile dispositivo di soggettivazione.

La galassia della destra radicale è prospera in rete, dove si attivano modelli di partecipazione dotati di grande attrattività, potendo contare sulla circolazione di notizie false e di propaganda a base di diffamazione e spudorate menzogne nell'agone politico e sul recupero di una storia fatta di miti e frammenti di passato sfigurati e idealizzati.

 

Nel caso italiano la fortuna della “fascisteria” in rete è innanziutto radicata nel riferimento alle prassi della propaganda della comunicazione del fascismo storico e nelle continuità di lungo periodo anche dentro la Repubblica,  come ha mostrato Francesco Filippi nei suoi recenti lavori, Mussolini ha fatto anche cose buone e Ma perché siamo ancora fascisti?. L'immagine destoricizzata dei fascismi prepara e accompagna dunque la diffusione di simpatie per le destre che si estremizzano, forte anche della capacità di sintetizzare e inoculare nell'immaginario nuovi spunti ideali da storie e esperienze diverse che vanno dal cattolicesimo tradizionalista al localismo “nordista” (e poi anche “sudista”), dal  nazismo al suprematismo bianco; ma contano anche forme di militanza rivoluzionaria come i riferimenti alle organizzazione terroristiche eversive (presenti negli Stati Uniti come in Medio Oriente) e le simpatie per Stati forti e autoritari contemporanei, visti come modelli (si pensi alla Russia di Putin o alla Siria di Assad). Tali percorsi “dal basso” si possono accompagnare a quelli “dall'alto” a comporre la logica dell'autoritarismo che si basa sul populismo: come ha mostrato Ece Temelkuran è possibile individuare in diverse aree del mondo una comune strategia, da parte di molti leader politici, di erosione dello stato di diritto a partire dalla progressiva torsione autoritaria sui media per arrivare allo smantellamento dei meccanismi giuridici e politici e all'uso sistematico della violenza repressiva.

 

Vercelli dedica ampio spazio alla rete per la capacità di costruzione di appartenenze che si radicano nelle idee di minaccia della “nazione”, della “razza” o dell'“identità” (realtà che esistono solo per chi ci crede) e nelle fantasie di complotti orditi da parte di oscure “élites” che tramano contro il “popolo”. Proprio su questo terreno il libro allarga lo sguardo all'alt-right americana e alla sua convergenza con le realtà europee, con le grandi narrazioni paranoiche che intrecciano la tradizione razzista e antisemita in chiave anticapitalista (come “la grande sostituzione”, il “genocidio bianco” e il “piano Kalergi”) e con la diffusione di logiche millenaristiche da setta (come QAnon), capaci di agganciare in rete segmenti generazionali e sociali diversificati e a diversi livelli di azione.

La fantasia di complotto, a cui è dedicato il nuovo lavoro di Wu Ming 1, rientra in una logica alternativa del  vittimismo demagogico che legittima il rifiuto della democrazia e l'affermazione della violenza insorgente di territori e comunità immaginate, a partire da una autorappresentazione come maggioranza oppressa e minacciata da élite voraci, demoniache e crudeli; il suo crescente successo si basa su una visione al tempo stesso iniziatica e di massa della realtà, una esperienza partecipativa di illuminazione e di visione che affonda le radici nella cultura alternativa, in cui si mescolano individualismo e critica del potere; tale esperienza viene potenziata dal web e a sua volta accentuata dall'isolamento sociale e psicologico di molte persone, prima strutturale e poi portato all'estremo dalla pandemia.

Questo sembra essere un paradigma della destra post-moderna contemporanea: il rinnovamento dell'armamentario classico dei fascismi storici è mutato con la proliferazione incontrollata del tratto “religioso”, esoterico e tradizionalista (già presente) che accanto alla politica mediatica, che si vuole di piazza e di lotta, produce un mix estetico-politico di subculture new age, cospirazionismo paranoide e uso ipertrofico del simbolismo (che viene definito “conspirituality”). A partire dalla ripresa di temi anticapitalisti ed ecologisti, più estetizzanti che vissuti, ne risulta un set di azione, credenze e cultualità fondate – paradossalmente e contraddittoriamente – su un passato astorico di comodo e inesistente, stilemi della cultura pop caratterizzati da confusioni tra immaginario e reale/allegorico e letterale:  mutazioni e riprese delle controculture alternative un tempo ritenute di sinistra e oggi politicizzate inequivocabilmente a destra (un aspetto su cui ha scritto con grande lucidità Carlo Ginzburg). 

 

Lo scenario del neofascismo in grigio si compone di gradi e sfumature di varia intensità che lo rendono opaco e che chiedono una nuova definizione a partire dagli effetti concreti nelle varie ramificazioni. Come scrive Vercelli, la politica è sostituita con le «fantasie che coniugano dimensioni paranoidi a rivendicazioni di identità, arcaicità dei simbolismi e modernità dei veicoli di trasmissione, fuga da un mondo altrimenti incomprensibile e ricerca di un ristoro dentro un universo autoreferenziato di false rassicurazioni». Vagheggiando scorciatoie facili e immediate, non importa quanto irrealizzabili, inumane e violente, la destra neo e post-fascista che avanza capitalizza il disagio e le inquietudini del presente, alimentata da una forma aberrante di pensiero mitico che prospera su se stesso e sulla forza incantatrice del suo idioma.

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