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Perché Africa perché

30 Dicembre 2014

Perché l’Africa? Da parecchi anni lettera27 si dedica all’esplorazione di temi legati al continente africano e con questa nuova rubrica vogliamo aprire un dialogo con i protagonisti culturali che si occupano dell’Africa. Qui potranno esprimere opinioni, raccontare storie, stimolare il dibattito critico e suggerire idee per ribaltare i tanti stereotipi che circondano questo immenso continente. Ci piacerebbe aprire con questa rubrica nuove prospettive: geografiche, culturali, sociologiche. Creare stimoli per imparare, per essere ispirati, ripensare e condividere conoscenze.


Elena Korzhenevich,

lettera27

 

Qui l'articolo introduttivo della serie: Why Africa? 

 

english version

 

Perché Africa Perché. Chi sono io per dirlo? Perché Africa Perché? Ricordo solo un fiume che non ho risalito, in cerca di chi, Kurz, Marlon, chi? E ricordo qualche Masai, uno in particolare, in auto con me su una strada del Kenya, ed un lago con un nome europeo, che sarebbe ora di accantonare, e un deserto e dune e cose che sono più larghe anche dell’Africa, per quanto incredibile possa sembrare.

 

Non ricordo un deserto della Namibia e i suoi misteri aridi in una capanna distante, senz’acqua corrente, perché non l’ho mai visitato. E una vivace Costa d’Avorio che corre via solo nella mia immaginazione assieme a un Senegal che canta e a un Congo di cui ho letto in alcuni racconti brillanti e Zan-zi-baaar e il Mad-ag-as-caaar, che è poi la cicatrice più importante, come quella nel viso dei principi africani di dove? Non lo ricordo, ora.

 

Malawi meglio del Malindi. Due persone che litigano e sai che chi ride, e s’allontana per primo, è quello che ha vinto. Sì, voce tonante e sorriso, Africa.

Gente allineata sui bordi delle strade di quel poco d’Africa che ho visto, che danza via nella mia mente con l’Africa che ho letto e sentito e guardato solo su uno schermo o che ho immaginato o sognato. Poiché so davvero poco di quest’Africa, cosa ne so? Perché Africa Perché?

So che ti ho visto in Brazile. Braziu. Ti ho visto in Louisiana, Leee-ziii-anah! Ti ho visto sulla costa dell’Adriatico e ti ho tenuto tra le mie braccia a New York per troppo poco tempo. Ti incrocio sempre. E ancora non ti conosco. Perché Africa Perché. Fammi scoprire un po’ meglio chi sei. Non mi hai divorato come so tu puoi fare, perché te l’ho visto fare, Africa. Quindi, grazie.

 

Chi sono per poter dire perché? Perché è così? Perché così è stato dal primo per sempre? Perché sembra giusto? Perché dovrebbe esserlo? Perché sei maledetta da tutta quella ricchezza nascosta che non riesci a condividere equamente, visto che non possiamo mai condividerla equamente, vero? Chi sono per dirlo? Che ne so, intrappolato come sono in queste parole che hanno così poca Africa? Ti omaggio di lontano, conscio della mia ignoranza, certo che a malapena conosco ciò che non ho scordato. Africa.

Perché? Perché mi sussurri cose prima ancora che parole, cose che ho intravisto in te che mi hanno fatto avvicinare, ma quando ho fatto un passo avanti, ne ho fatto due indietro, poiché la tua bellezza africana sembrava troppa perché il mio cuore alpino riuscisse a reggerla. Africa.

 

Perché? Perché dicono che è iniziato tutto qui. E in questo tempo verbale intendono dire che non sta ancora cominciando tutto qui. Perché? Forse perché non vedono che continua a cominciare là da te, Africa. Non lo so. Lo percepisco. Percepisco che nuove parole, nuovi movimenti, nuove soluzioni a vecchi problemi stanno ribollendo nel caldo, qualcosa fiorisce là, tra il verde scuro e le sabbie pallide dei miei ricordi e non-ricordi, dalla vallée du Dadès delle oasi marocchine, giù fino al Sudan per arrivare al sud più fresco che posso solo immaginare, qualcosa è nato e qualcosa sta nascendo.

E non si chiede perché, Africa. Non è il perché, il cosa, il chi.

Ma qualcosa sta cominciano a chiedere perché.

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