Un antimanuale dell’arte italiana

31 Agosto 2024

Parrà forse un po’ sacrilego, ma passatemi la metafora calcistica, poiché davvero funziona a meraviglia per spiegare l’impresa compiuta dal volume Arte italiana. Un percorso in cinquanta opere dal Romanticismo alla video performance (Carocci editore, Roma 2024; 295 pp., a colori). Scegliere cinquanta – e soltanto cinquanta – capolavori dell’arte italiana, nel contempo riuscendo a scardinare taluni logori canoni della narrazione storico artistica riguardo alle vicende che hanno interessato il nostro Paese, dalla sua nascita come stato unitario al tempo presente, è infatti un compito arduo quanto quello cui si trova di fronte ogni nuovo commissario tecnico della nazionale di calcio nostrana. Un simile paragone potrebbe sembrare ancor più blasfemo in ambito accademico, ma credo calzi a pennello, poiché chiunque in piena sincerità crede di intendersene della materia – nel calcio come in arte, quali eccellenze del nostro Paese – tanto da avere in cuor proprio la formazione ideale e lo schema perfetto. Nel gioco del pallone all’italiana ci vogliono il catenaccio in difesa, dei terzini veloci sulle ali, uno o meglio due fantasisti a centrocampo, infine qualche centravanti di carattere. Nella manualistica della storia dell’arte italiana degli ultimi decenni, in fin dei conti, la situazione non si discosta più di tanto, laddove le nuove proposte giunte in pubblicazione spesso faticavano a staccarsi dallo schematismo dei canoni stilistici tramandati dalla tradizione storiografica.

Alla raffinata raccolta di schede curata da Alessandro Del Puppo riesce un deciso balzo in avanti – degno del miglior contropiede calcistico – proprio su questo punto, ossia il superamento del canone pedissequo. Per carità, in arte nessuno fa gol, almeno non tirando un pallone in rete… tuttavia, è compito dei bravi storici dell’arte dimostrare la rilevanza di un dato artista o di una specifica opera offrendone un’analisi fondata sullo scrupolo metodologico, sul rispetto della provenienza e sulla ricostruzione del contesto storico-sociale. E quando ci si mette al lavoro per selezionare il meglio dell’espressione nazionale, tanto nel calcio quanto in arte, si è obbligati a un atto di responsabilità storica, più che a un atto di fede categoriale. Ovviamente, l’efficacia delle scelte di un allenatore si misurano poi sui risultati ottenuti in campo dalla rosa di nomi messi assieme. A pensarci bene, ciò non differisce molto dal caso di un elenco di artisti, dato che bisogna argomentarne la pregnanza nel campo dell’arte. L’unica differenza, insomma, è il campo di gioco che nel caso dell’arte non è un prato rettangolare ma, per dirla con Pierre Bourdieu, è quello di un dato periodo storico, del suo luogo geografico e degli attori che lo compongono.

In apertura alla collezione di saggi viene subito dichiarato l’approccio metodologico – incentrato sugli assi della grammatica del genere, dell’espressione linguistica e dell’iconografia sottesa – che risuona come un compendio lungamente agognato per esplorare la storia dell’arte italiana dall’Unità ad oggi attraverso una prospettiva disciplinare aggiornata, nonché svincolata da canoni cristallizzati. Le schede sono organizzate in cinque capitoli tematici, anziché stilistici, che cronologicamente risalgono lungo l’asse del dibattito che ha caratterizzato la cultura del nostro Paese e, più in generale, le sue diverse stagioni politiche ed economiche, financo esistenziali come il Risorgimento, il Ventennio e la Resistenza. Per questo le scelte talora sorprendenti delle opere o persino degli artisti inclusi nel volume non sono motivati necessariamente dalla ricerca dei capisaldi di un determinato stile o autore, bensì dalla consonanza che possiedono rispetto alla situazione del proprio tempo. In questo senso, opere apparentemente di minore impatto storiografico come Lettrice (1865) di Federico Faruffini, Interrogatorio (1941-43) di Mario Mafai o Camion in una strada (1968) di Titina Maselli dischiudono invece il proprio particolare significato rispetto alla capacità di riassumere perfettamente il sentimento profondo di una nazione e del suo popolo.

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Federico Faruffini, Lettrice (Clara), 1865, olio su tela, 40,56 x 59 cm, Milano, Galleria d’Arte Moderna.
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Titina Maselli, Camion in una strada (Camion), 1968, olio su tela, 201 x 401 cm, Firenze, Museo Novecento.

Si evidenziano poi diversi tratti comuni a tutta la raccolta capaci di rendere Arte italiana un autentico antimanuale, a partire dalla scelta di una scrittura a più mani – ben sedici gli autori e le autrici – che rompe con i tradizionali binomi della manualistica nostrana per entrare nel solco delle più solide esperienze internazionali. A ciò si aggiunge la commistione di due generazioni diverse di studiose e studiosi, i cui contributi si distinguono per provenienza accademica e orientamento metodologico, ma risuonano assieme con la “ricchezza interpretativa e la polifonia narrativa” (p. 16) indispensabile per rifuggire facili categorizzazioni, inserendo piuttosto opere e artisti in un contesto diacronico in progressivo mutamento politico e sociale. Invero, il volume collettaneo riesce nell’intento di presentare l’arte italiana – ossia quella che pertiene realmente all’esperienza del Paese come giovane stato nazionale – offrendo una riflessione costante sull’immagine e il ruolo sociale degli artisti, operando un riscatto della presenza femminile (seppur più come soggetto), ponendo grande attenzione alla varietà di media (non soltanto pittura, ma anche scultura, editoria, fotografia, video e performance). In tal modo, la raccolta curata da Del Puppo riesce a restituire momenti complessi non solo dell’arte, ma anche della storia italiana, incarnati per esempio nella fase della dittatura fascista da due artisti ugualmente sublimi, ma ai poli opposti dello spettro politico come Mario Sironi e Mario Mafai. Ancor più dirompente, infine, risulta la scelta programmatica di trattare opere (e persino artisti) talvolta poco note, ma tutte presenti in collezioni museali italiane o comunque accessibili al pubblico, il che trasforma la raccolta in una concreta guida ai luoghi dell’arte moderna e contemporanea in Italia.

Tantissimi i contributi da segnalare per solidità scientifica, passione trascinante e bella scrittura, a partire dalle pagine dello stesso Del Puppo, ad esempio sul celebre libro imbullonato di Fortunato Depero che restituisce tutta la tensione stilistica interna al lavoro dell’artista.

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Fortunato Depero, Depero futurista, 1927, libro imbullonato, 24 x 32 cm, Rovereto, Museo d’Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.

Oppure la sapiente ricostruzione dinamica, a suon di opere, del dibattito artistico tra le prime avanguardie operata da Flavio Fergonzi che riconferisce a Materia (1912) di Umberto Boccioni il giusto ruolo nel panorama internazionale. Oppure ancora l’apertura stessa del volume che Giorgio Zanchetti dedica allo Spartaco (1847-49) di Vincenzo Vela, scultore ticinese, capace di offrire al suo tempo (e a questa raccolta) con tutta forza la rinnovata immagine archetipica della liberazione dal giogo dei canoni e della sopraffazione. Quindi la conclusione di Laura Iamurri con una tensione lonziana che getta nuova luce sull’articolato dibattito femminista nell’arte italiana in Sotto tiro (2013) di Silvia Giambrone

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Copertina del volume con un fermo immagine tratto da Silvia Giambrone, Sotto tiro, 2013, video performance, colore, 5,02 min.

In ordine sparso, spiccano, tra le firme più giovani, studiosi come Francesco Guzzetti per la sua attenzione ai paradigmi linguistici e ai criteri di presentazione artistica, nel caso di Medardo Rosso e Grazia Varisco; Chiara Perin per lo sguardo sociale e al contempo politico che riesce a offrire sui diversi realismi nella scala temporale, da Gerolamo Induno a Renato Guttuso; Luca Pietro Nicoletti per la capacità di travalicare i generi, da quello funerario di Enrico Butti alla scultura lignea di Floriano Bodini, restituendo il tormento creativo e professionale degli artisti; Fabio Belloni per l’attenzione al dialogo tra antico e contemporaneo che aumenta lo spessore critico delle imprese artistiche del secondo dopoguerra, ad esempio in Giulio Paolini.

Per tornare alla metafora iniziale, sempre che mi sia perdonata, è d’uopo un’ultima riflessione sui “non convocati” di questa nazionale. Parrebbero forse mancare alcuni nomi preclari dell’arte italiana del periodo considerato, di quelli però che uno si aspetta sempre e forse proprio per questo – in un manuale che non vuole essere tale – va bene rimangano assenti per non gettare ombre troppo lunghe sui presenti. E magari neppure segnavano questi campioni… Penso comunque a Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini, Amedeo Modigliani, Filippo de Pisis, Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti, Jannis Kounellis, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti. Ma qui, lo confesso, siamo al Fantacalcio che, in fin dei conti, è questione di preferenze individuali e funziona solo in un ristretto gruppo di amici. Magari l’unica professione di fede che si poteva auspicare riguardava le presenze femminili, laddove certo andavano ben studiate e argomentate, ma potevano offrire qualche puntello maggiore all’inserimento di artiste nella storia dell’arte italiana. In questo caso mi vengono in mente Benedetta Cappa, Alis Levi, Carla Accardi, Maria Lai e, più vicine a noi, Vanessa Beecroft e Marinella Senatore, le quali avrebbero inoltre enfatizzato la buona copertura geografica del volume, molto attento ad artisti che vanno da Nord a Sud. Teniamocele buone per il volume secondo di questo rigoroso quanto benvenuto antimanuale artistico della giovane Italia che farà certamente scuola… e pure università!

Tanto di cappello, Mister.

​​​​​​​In copertina, Giulio Paolini, Giovane che guarda Lorenzo Lotto, 1967, fotografia su tela emulsionata, 30 x 24 cm, collezione FER, Ulm (Germania)

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