Antonio Lucci. Peter Sloterdijk

18 Settembre 2014

Pubblichiamo oggi un nuovo ebook doppiozero: Peter Sloterdijk di Antonio Lucci. Un lessico per orientarsi tra i termini e i concetti del grande filosofo tedesco, una guida chiara e approfondita a un’opera complessa che molto fa discutere ma indispensabile per capire la contemporaneità.

 

   


Ne pubblichiamo qui un breve estratto. Gli ebook doppiozero sono acquistabili sul nostro sito e sui principali store.

 


 

“I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo” scriveva Ludwig Wittgenstein nella proposizione 5.6 del suo celebre Tractatus Logico-Philosophicus, ponendo sotto forma di piana affermazione un interrogativo abissale di tutto il pensare filosofico, e una questione centrale per ogni pratica che possa essere definita “linguaggio” (sia esso figurativo, performativo, grammaticale, orale, e di ogni altra forma).
È possibile concepire un qualcosa che vada al di là dei confini tracciati dalla mia capacità linguistica? Posso immaginare qualcosa di cui non so esprimere la forma, il contenuto, i connotati, le caratteristiche, le cui proprietà non possono venir individuate da un calcolo delle scienze che possiedo, che trascende lo spettro dei colori a me percepibili, degli odori da me esperibili e comunicabili?
Esiste un ‘oltre’ il linguaggio?


Secondo il Wittgenstein di questa proposizione sembra chiaro che la risposta a queste domande non possa che essere un ‘no’. Il mio linguaggio traccia – significa, nel senso di ‘donare senso’, di ‘dare possibilità di interpretazione’, di ‘rendere possibile’ – i confini del mio mondo, della mia possibilità di esperienza.


Lo stesso Wittgenstein, e con lui i grandi della filosofia, dell’arte e delle scienze umane in generale, si sono confrontati, in particolare durante il secolo scorso, con il significato di questi limiti, cercando in molti modi di trattarli, analizzarli, conoscerli, e oltrepassarli.


Una galleria di ritratti straordinari dei protagonisti della filosofia del ’900 scaturisce anche solo da un elenco parziale dei nomi di chi con quei limiti si è confrontato:
Edmund Husserl, Martin Heidegger, Jacques Lacan, Gilles Deleuze, Jacques Derrida, lo stesso Ludwig Wittgenstein.
A chiudere – in maniera ovviamente solo cronologica e non definitiva – questa galleria di nomi c’è Peter Sloterdijk.
Cosa accomuna il filosofo tedesco – nato a Karlsruhe, dove ancora vive e insegna, nel 1947 – ai giganti appena nominati?


Non è tanto l’interesse per il linguaggio come tema, come nucleo delle proprie riflessioni filosofiche, quanto il tentativo di oltrepassare i limiti dell’espressione attraverso la creazione di nuove parole, concetti, espressioni, sintagmi, lemmi, che possano – anche spiazzando il lettore – dare conto di realtà che nella storia della teoria non erano state tematizzate, o che soffrivano, al contrario, schiacciate sotto il peso millenario di una tradizione interpretativa che ne impediva un’analisi ex-nihilo.


La filosofia di Sloterdijk è inseparabile dalle creazioni linguistiche che la attraversano, dal suo stile, dalla formulazione di concetti innovativi e provocatori, che tentano di spiegare, creandole, realtà diverse da quelle con cui l’intelletto quotidiano (espressione con cui Martin Heidegger definiva, con una connotazione lievemente peggiorativa, il pensare comune), ma anche la tradizione filosofica classica, si confrontano e si sono sempre confrontate.


Seguendo implicitamente una frase-Leitmotiv di uno dei grandi pensatori precedentemente nominati – Jacques Derrida – che soleva ripetere ‘Non c’è fuori-testo’, a indicare (tra i molti significati che questa frase assume nell’opera derridiana) che non è possibile uscire dal linguaggio (quindi dalla filosofia) tramite mezzi linguistici, e in particolare tramite la scrittura, Sloterdijk non cerca di oltrepassare il linguaggio tramite il linguaggio.


Il tentativo di Sloterdijk, titanico e ironico al contempo, è di creare – attraverso la sua fucina semantica – oggetti di pensiero nuovi, a cui riferirsi per pensare in maniera nuova il nostro passato e il nostro presente.
La presente introduzione sotto forma di lessico al pensiero di Sloterdijk vuole tracciare una rotta entro la complessa, variegata e stratificata produzione del filosofo, anche e soprattutto per chi si approccia per la prima volta ai suoi testi, che proprio per la ricchezza linguistica e semantica possono a volte sembrare eccentrici ed esoterici al lettore non avvertito.


Se dunque è vero, per concludere con le parole di Wittgenstein da cui siamo partiti, che “i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, l’augurio al lettore è che questa introduzione sposti un poco oltre, aprendo le porte al linguaggio sloterdijkiano, i confini del suo mondo.

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