Bob Wilson-Lucinda Childs. Relative calm, spettacolo d’archivio
Relative calm è il titolo della nuova lussuosa produzione co-firmata da Lucinda Childs e Robert Wilson che ha debuttato in prima mondiale nei giorni scorsi a Roma sul palcoscenico della sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica – Ennio Morricone. Oltre ai nomi dei due autori dello spettacolo – star assolute del teatro e della danza capaci di avere da sempre, come dichiara Wilson nel programma di sala “un senso comune del tempo, un senso comune della struttura del lavoro [...]” – non di second’ordine è la portata generale del progetto ideato e a cura di Change Performing Arts, una co-produzione internazionale che gode del supporto di partner italiani (Fondazione Musica per Roma, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Stabile di Bolzano), francesi (Théâtre Garonne\ Scène européenne de Toulouse, Le Parvis Tarbes Pyrénées) e svizzeri (LAC Lugano Arte e Cultura).
I nomi dei maestri americani – tornati a lavorare insieme dopo la loro storica collaborazione per lo spettacolo-monumento Einstein on the Beach creato nel 1976 da Wilson sulla musica di Philip Glass – rappresentano chiaramente l’elemento di maggior richiamo e l’assoluto punto di forza della proposta. Relative calm è frutto della volontà di riprendere insieme un lavoro iniziato nel 1981, quando Lucinda Childs, che al tempo preparava uno spettacolo con Jon Gibson a New York, chiese a Robert Wilson di realizzare le luci e lo spazio. A questo, si è aggiunta la proposta di lavorare su Pulcinella di Igor Stravinskij, per questa occasione eseguito e registrato dalla PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista, che Wilson ha deciso di far incorniciare da due pezzi contemporanei, Rise di Jon Gibson del 1981 e Light over water di John Adams del 1985, e da due monologhi portati in scena da Lucinda Childs stessa.
Oggi, la collaborazione tra questi due artisti produce un effetto particolare che consiste nel generare una connessione a tutti gli effetti originale tra passato e presente. Il contatto tra queste due dimensioni temporali pone vari temi, tra cui quello della durata, della memoria, della conservazione e della storicizzazione di una ‘scintilla originale’ creativa, della persistenza della centralità della loro precedente opera comune Einstein on the Beach, o della natura dell’arco del tempo di attesa trascorso, ben quattro decenni. Si avverte, oltre alle questioni direttamente legate al tempo come materia nobile e mobile, una sorta di capacità delle condizioni passate di manifestarsi nuovamente e con la stessa naturalezza di un tempo, senza entrare né in un vero e proprio nuovo orizzonte creativo aggiornato né dando vita a un processo di reenactement da affrontare a quattro mani. La materia temporale delle infinite e prestigiose carriere di Lucinda Childs e Robert Wilson, ancora così contemporanee e già così profondamente storicizzate, si combina qui in modalità ibrida e, così facendo, sembra rammentare al pubblico, semplicemente, quanto lunga possa essere l’eco dell’arte novecentesca, secolo che, alcune circostanze, lo fanno rivivere come un tempo senza fine. Osservato dalla prospettiva del mondo attuale – così scosso, fragile, discontinuo, modulare, rapido e contradittorio – uno spettacolo che si basa su questa particolare forma di ibridazione, sospesa in un potenziale di ‘novità’ e ‘riproposta’, si presenta quasi, e non solo per la sua estetica visiva ammaliante, come materiale onirico: si tratta di un sogno o dell’affiorare inaspettato di un ricordo lontano nel corso del dormiveglia?
A valle della visione, la percezione netta di un’atmosfera ‘d’archivio’ fa inquadrare oggi questo nuova produzione non solo come un lavoro esteticamente novecentesco, non solo come un’opera che dichiaratamente tratta della qualità dello scorrere del tempo, ma anche come un evento che crea una breccia, un canale di comunicazione tra passato e presente. Quello di Relative calm è un tempo già antico, non uno spettacolo che punta a spingere la collaborazione tra Lucinda Childs e Robert Wilson in avanti, ma un accadimento che la storia, al contrario, la va a incontrare quasi à rebours, vincendo, o ignorando, una per una tutte quelle istanze che, come forti folate di vento, hanno nel frattempo spostato il fronte di combattimento del teatro contemporaneo su un territorio probabilmente più critico, accidentato, scosceso e allo stesso tempo meno neutrale di questo. Se si prova della nostalgia, in diversi momenti, è perché è difficile immaginare altri maestri che, tra quarant’anni, potranno avere la libertà e lo spazio di riprendere un discorso interrotto così tanto tempo prima. In questo senso è un’opportunità irripetibile. Tuttavia, sorge la domanda: per chi è questo spettacolo, per quale pubblico? È per chi desidera immergersi nuovamente in un’esperienza del proprio passato oppure per chi cerca un’asciuttissima sintesi del lavoro di due tra i più grandi maestri del Novecento. In entrambi i casi, si tratta di una élite che va a cercare qualcosa di sé e della propria storia nella sala teatrale.
Il teatro di Robert Wilson convoglia in Relative calm come un compatto corpus unico, sia perché in questa nuova produzione si trovano radunati, specialmente nel quadro dedicato a Pulcinella, molti dei suoi più chiari e distinguibili segni, come ad esempio l’uso della luce e del controluce, sia perché molto è affidato alla multimedialità e alla multidisciplinarietà di teatro, danza, musica, video e luce. Lucinda Childs, invece, è una presenza talmente intensa sul palcoscenico da sembrare quasi un’apparizione quando porta, davanti a due proiezioni video in bianco e nero a tema naturalistico, due monologhi in inglese, stranamente senza sovra titoli, tratti da testi di Susan Sontag. Nella rarefazione dei suoi movimenti e nel suo corpo si leggono una calligrafia chiara, sicura e leggera. Nella delicatezza dei suoi piccoli gesti si intravede tutta la sua sapienza e, per esteso, il suo pensiero coreografico, lo stesso che, in controluce, si può intuire dalle coreografie di gruppo del primo, del terzo e del quinto quadro, in questa produzione affidate ai danzatori e alle danzatrici di MP3 Dance project di Michele Pogliani, che negli anni Novanta è stato un suo danzatore.
Sono trascorsi quarant’anni da quel tempo in cui l’incrocio fortunato delle traiettorie di questi grandi artisti del Novecento ha dato vita a un esito eccezionale, il cui riverbero è ancora oggi intatto, così forte e chiaro che, non solo i due stessi co-autori situano il nuovo spettacolo in perfetta continuità con la loro storica collaborazione, ma anche si concedono di poter immaginare di riavvolgere il nastro del tempo per riprendere da dove si erano interrotti. Relative calm offre ai propri autori questo privilegio, a chi vi assiste, invece, resta un poco d’amaro in bocca.
L’ultima foto è di Lucie Jansch.