Cecenia: propaganda e primavera

24 Aprile 2013

Gennaio 2013 – An education

 

Cecenia, un villaggio nella provincia pre-montana, verso i confini con Daghestan e Georgia. Una scuola media inferiore, l’edificio è un lungo prefabbricato a un piano unico, provvisorio dalla fine della guerra. Gli alunni più grandi oggi sono riuniti nell’aula magna: lezione di Islam. Ragazze con bandana sul capo e gonna nera (lunga ai piedi per le più grandi, divisa obbligatoria), ragazzini con lentiggini in camicia bianca.

 

 

Le scuole cecene seguono in tutto e per tutto il programma della Federazione Russa: le classi sono miste maschi-femmine, è prevista soltanto l’ora di Religioni Mondiali, dove si studiano insieme buddismo, ebraismo e ortodossia oltre alla fede di Maometto, le 4 religioni ufficiali nel paese. Islam, arabo e Corano si studiano solo in scuole apposite e madrasse. Come aggiunta al programma, ci sono anche un paio d’ore a settimana di lingua e letteratura cecena.

 

 

Oggi però è un incontro speciale: è venuto uno dalla Muftia di Grozny: su uno schermo proiettano un video sui “wahabiti”, gli estremisti islamici, lo scopo è contrapporre la loro ideologia alla fede “vera”, cioè ufficiale, tradizionalista e sufi del Caucaso predicata dai governi locali. Perché sia ben chiara la distinzione anche ai bambini.

 

 

Il film alterna immagini della “miracolosa” ricostruzione della Cecenia da parte di Kadyrov padre (la pax con Putin), e del figlio pio in moschea, a scene di esplosioni, animazioni con fiamme infernali e video “promozionali” dei ribelli bombaroli, quelli che si trovano sui siti web dei radicali pro-califfato. “Sono uomini stupidi, ignoranti e malvagi, perciò se ne incontri uno, uccidilo”, si commenta a un certo punto citando da non so qual testo sacro. I bambini guardano attenti senza annuire. Poi la predica esplicativa dell’inviato, in ceceno.

 

La propaganda in Cecenia bombarda ogni giorno i giovani, fin dalla tenera età. Sono loro il primo obiettivo di Kadyrov. Nel corridoio della scuola, una lunga fila di cartelloni incollati al muro è una summa perfetta dei valori da trasmettere e dell’attuale confusione culturale-ideologica-identitaria che regna in Cecenia – la storia di un grande compromesso storico. Poster 1: Attenti alle mine! (entro il 2017 dovrebbero sparire tutte, dice il governo). Poster 2, “Grozny prima e dopo”, in 3 parti: il prima sovietico di fiori e amicizia dei popoli, il dopo della guerra con la città bombardata in bianco e nero, e il dopo-2, con l’oggi, la capitale ricostruita – che nelle foto pare però molto simile alla Grozny sovietica anni ’60, con le zhigulì in colori pastello. Poster 3: il Ramzan-pensiero riassunto in una serie di motti, e poi le opere, le nuove moschee costruite in ogni villaggio (a Shali ne stanno erigendo una enorme che per la prima volta porterà il nome del leader ceceno invece di quello del padre cui sono dedicati la maggior parte dei nuovi edifici pubblici di Grozny, Kadyrov junior ancora vivo, molti la considerano un’eresia insopportabile). Poster 4: i rischi terribili dell’alcol nella Cecenia dove vige una informale “legge secca”, foto brutali di alcolizzati (palesemente russo-slavi) riversi su gradoni di marmo in condizioni schifose. Infine, il capolavoro: un poster patinato verde (chiaramente stampato in serie) che riporta il decalogo dei Valori Ceceni, dal rispetto per gli anziani ai rapporti da tenere tra bambini e bambine, dove alle ultime si insegna la modestia e la sottomissione ‘tradizionali’.

 

All’ingresso, uno striscione accoglie i piccoli allievi con una frase di Gorki sull’importanza dello studio e del sapere per la crescita umana. Su un cartellone le foto dei migliori studenti (la competizione scolastica mantenuta dall’era sovietica) contornano il ritratto del Padre comune, Kadyrov senior. Dentro le aule, manifesti con le dinastie degli zar, ritratti di Tolstoi, citazioni di poeti locali in ceceno.

 

Grozny, 7 marzo

 

Ora di pranzo, ristorante sushi Yapona-Hata. Invitata da T. e A., due amiche cecene diversissime, una europeizzata, l’altra velata alla maniera ufficiale, con gli strass in testa, tacchi 12 e gilet di pelliccia (lavora alla tv locale dove ha un programma di cucina).

 

 

Posto frequentato da molti vip, mi dicono (ecco che arriva il nuovo sindaco di Grozny col suo seguito, è giovane, “un fico” dice la velata, di cognome fa Kadyrov), ma è economico, non posh. Un cameriere giovane coi brufoli si piega tra i divanetti in finta pelle bianca con lo schienale alto che fa da separé e mi porge un Tablet: ci sono le foto di tutte le pietanze nel menù, posso cliccarci sopra e ingrandirle per ordinare meglio.

 

 

Il telefono delle due ragazze oggi bolle: il gossip del giorno è che Leila, 27, nota annunciatrice della tv di stato, che legge le news nella fascia del mattino, è stata sospesa dal lavoro per essersi fatta il botox alle labbra. “Troppo evidente e volgare, non lavorerà finché non le va via, ha detto il direttore”, racconta T.. A Grozny da un anno la chirurgia plastica alle labbra va molto di moda, pare: “il picco è stato l’anno scorso” mi spiega mentre su Instagram aggiorna il profilo di Ramzan, di cui è dichiaratamente innamorata. “Vediamo cosa ha postato oggi, tesorino”. Non le piace per i soldi e il potere, giura.



Grozny, 8 marzo – Festa della Donna

 

In città è scoppiata l’estate. I giovani sono tutti in giro nei parchi a rimorchiare. E sulla Prospettiva Putin è pieno di corvi neri – krashki, li chiamano. Non sono uccelli, ma le macchine coi vetri oscurati, tutte identiche, con la targa KRA: sono gli affiliati di Ramzan, i suoi uomini più fedeli, solitamente ben armati e dallo sguardo duro, i famigerati kadyrovtsi. Quando passano loro, tutti si scansano.

 

 

Davanti al teatro oggi ce n’è una fila lunga parcheggiata, che non se ne vede la fine. Le donne vanno a spasso su e giù per il corso, agghindate a festa come in un defilé di moda, un misto di tacchi 15 e casti hijab come al solito; altre più avanti con l’età, alcune di aspetto contadino, escono dal concerto con mazzi di fiori in mano, tutti con uguali confezioni. Regalo di stato, bouquets di stato: Ramzan ha aperto un negozio di fiori apposito per consegnarli a migliaia di donne in tutta la repubblica, si chiama Paradiso e ha i lampadari in cristallo e prezzi da gioielleria. Un nuovo modo per riciclare i fondi di Mosca per la repubblica? “Nessuna donna oggi resterà priva di attenzione”, lo slogan della Giornata, ripetuto a martello dalle tv che per tutto il giorno trasmettono video delle consegne di fiori in diverse provincie a opera di funzionari locali. In Cecenia i tigì si sa quando cominciano ma non si sa mai quando finiscono: dedicati ovviamente per l’80% alle imprese del leader, il fatto è che “non si può tagliare nulla in video quando parla Ramzan o qualcuno parla di lui, o del Padre”, mi spiega T., “nelzia”.

 

 

Altre centinaia di ordini floreali sono partiti per Khossi Yurt, il villaggio del Leader, molti indirizzati a sua mamma Iman, divenuta automaticamente madre di tutti i ceceni. Laggiù tutte le ragazze, si dice, vestono come principesse. “Migliaia di fiori regalati coi soldi degli altri”, borbotta irritato B., un amico poco più che 20enne, di ritorno da Washington e dunque particolarmente insofferente all’andazzo locale. Dalle macchine, i krashki escono con mazzi ancora più grossi e scatole di cioccolatini infiocchettati come bomboniere, e li porgono a sorpresa alle ragazze più belle. Quelle si schermiscono vezzose, fingendo sorpresa, poi li accettano sorridendo, finto-timide. Le madri le spingono a dire sì per timore reverenziale e vanità, come la Magnani in Bellissima. Loro, come le parigine nella Francia di Vichy. Un altro aspetto del Gran Compromesso ceceno d’oggi.

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