Sotto la protezione il frutto / Didier Anzieu. Io-pelle

15 Febbraio 2018

È uscita per Raffaello Cortina una nuova edizione dell’Io-pelle, l’opera più nota di Didier Anzieu (1923-1999). È un libro di necessaria lettura per ogni psicologo, psichiatra, psicoanalista o psicoterapeuta. Un libro altrettanto importante per antropologi, neurologi e biologi. In quel testo la psicoanalisi si intreccia con la teoria della complessità e con le neuroscienze. Non le neuroscienze contemporanee, che si concentrano essenzialmente sul sistema nervoso centrale, trascurando il corpo, bensì quelle classiche, che danno altrettanta importanza alle periferie sensitive e percettive.

Anzieu è autore conosciuto, più che tra gli psicoanalisti, nel campo gruppo-analitico, in quello dei terapeuti della Gestalt, nello psicodramma e in altre correnti della psicoterapia in cui l’uso del corpo e del teatro è preponderante. L’Io-pelle rientra infatti nel registro di quelle opere che hanno dissentito dall’idea del “corpo ostacolo”. Il “corpo ostacolo” è quella versione della psicoanalisi che considera appunto il corpo come ostacolo alla relazione, anziché come suo veicolo. Le teorie che vedono, dietro al corpo, il fantasma dell’incesto, anziché quello di una madre ancestrale irraggiungibile, come insegnava Elvio Fachinelli, predicono disastri esistenziali dove si incontrano differenze originarie.

 

In questo senso, Anzieu è pensatore originario. Prende le distanze dalle caricature di una certa psicologia dell’Io, la cui fondatrice è Anna Freud (1895-1982), ma costruisce un modello di pensiero differente rispetto alle teorie della relazione oggettuale, la cui fondatrice è Melanie Klein (1882-1960). Entrambe queste teorie trovano origine nel mondo anglosassone. Anzieu però contrasta anche lo strutturalismo “psicanalitico” di matrice francese.

 

L’Io-pelle va al di là di tutte queste concezioni: ci sono due parti biologiche fondamentali negli esseri viventi, pelle e cervello. Queste parti si formano nell’ectoderma. In altri termini, la corteccia cerebrale e la pelle sono altrettanto importanti quanto il centro e la periferia di una metropoli. Così si forma il sistema nervoso. Solo che, per Anzieu, l’io non nasce al centro, bensì alla periferia. È a partire dalla pelle che si creano le reazioni affettive di un corpo, la prima sensazione dell’io è epidermica. Questa concettualizzazione definisce il corpo come un sistema complesso, legato a un doppio feed-back, sensoriale e cognitivo.

Forse è proprio la vita di Anzieu che lo porta a questa rielaborazione. Gli eventi che lo coinvolgono lo spingono a essere un eretico della psicoanalisi, anche se potremmo parlare, nel suo caso, di un’eresia ambivalente. Alcuni episodi della vita di Anzieu sono, a mio avviso, essenziali per comprendere a fondo il suo pensiero.

 

 

 

Negli anni Trenta, la madre di Anzieu, Marguerite Pantaine, viene psichiatrizzata a partire da un delirio paranoico, è in cura con Lacan. Lacan le dedica, sotto il nome di Aimée, la monografia contenuta nella sua tesi dottorale. “Il caso Aimée” occupa circa 140 pagine del libro Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità. Per chi volesse conoscere i dettagli di questa vicenda, rimando a una dotta conferenza di Giacomo Conserva.

In breve, con Lacan, Anzieu ha un conto personale in sospeso. La vicenda riguarda la reticenza dell’analista nel rivelare, prima, e nel negare, o non riconoscere, poi, che “Aimeé” altri non è che la madre di Didier: Marguerite Pantaine Anzieu. Quando Anzieu scopre questo occultamento, abbandona le sedute con Lacan definitivamente.

Anche Anzieu, come Jean-Jacques Abrahams, L’uomo col magnetofono, potrebbe reagire come un gatto selvatico all’analisi.

La sua reazione, invece, è opposta; aziché sequestrare l’analista, decide di rifondare la psicoanalisi a partire dal suo rimosso: la pelle; quella rivestitura che contiene gli organi, quel sacco poroso, fessurato, agitato dai recettori che incontrano, durante la vita quotidiana, l’alterità, la pelle dell’altro.

L’uscita dalla sfera lacaniana, così repentina, legata al “tradimento”, non produce, in Anzieu, quel delirio relazionale che si verifica, a volte, tra il terapeuta e il paziente. Anzieu, nonostante la paranoia della madre, o forse grazie a quella, produce, al contrario, un distacco dall’egemonia lacaniana. Si trova in compagnia di altri dissidenti, con una parte dei quali – Daniel Lagache (1903-1972) e Jean-Bertrand Pontalis (1924-2013) – fraternizza; insieme a loro fonda un’altra società psicoanalitica. Tuttavia l’Io-pelle somiglia, almeno in parte, a ben altre riflessioni sul corpo, sviluppate da autori come Julia Kristeva (1941) in relazione al corpo femminile e Felix Guattari (1930-1992), in relazione all’espressione e al riconoscimento del soggetto a partire dal viso, la viseità. Come Kristeva e Guattari, Anzieu, già nel 1985, proprio all’inizio del suo testo, prende le distanze da un certo riduzionismo neuro-biologico dominante in psicologia:

 

Tale modello, che si è rivelato fecondo per i biologi, negli organismi statali di ricerca viene sempre più imposto alla psicologia, votata in tal modo a diventare il parente povero della psicobiologia; spesso, poi, tale modello è imposto con autoritarismo da “scienziati” che, nel loro campo, difendono con contrastante ardore la libertà della ricerca e innanzitutto della ricerca fondamentale (L’Io-pelle, p. 3).

 

La scelta di rivalutare la pelle, la parte esteriore del corpo, mostra subito il segno della relazione: la prima forma di relazione con sé e con gli altri consiste nel toccarsi, annusarsi, guardarsi, ascoltare il suono, ecc. Attraverso la relazione della mia pelle con me stesso e tra la mia pelle e la pelle dell’altro si crea un’intesa vitale essenziale.

L’influenza diretta o indiretta dell’Erotismo di Georges Bataille (1897-1962) e, più ancora, del pensiero di Sade (1740-1814) non può qui essere trascurato. A metà circa del testo, presso il capitolo sulle funzioni dell’Io-pelle, Anzieu descrive un caso clinico riferito da Michel de M’Uzan (1921-2018) recentemente scomparso e co-fondatore di IPSO, la scuola psicosomatica di Parigi.

Il signor M., radiotecnico, si deturpa gravemente inserendo materiali metallici e vetrosi sotto la pelle, procurandosi cicatrici e riempiendo l’ombelico e altri incavi di metallo fuso, rischiando la morte attraverso queste pratiche che sono accompagnate da altre, come l’ingestione delle feci del partner, e le umiliazioni richieste. Queste pratiche masochiste, che si fermano all’estremo limite della sofferenza, appena prima della morte possibile, producono, secondo Anzieu, un motto di giubilazione ben più intenso di quello descritto da Lacan quando si riferisce allo stadio dello specchio. De M’Uzan parla, a questo proposito, di un desiderio di onnipotenza paradossale. Eppure Anzieu sostiene che, perché queste pratiche di godimento masochista radicale, al limite della soglia, in extremis, possano ripetersi, è necessario che le funzioni dell’Io-pelle si ripetano in maniera costante, benché provvisoria. Come in un eterno ritorno del medesimo, la perversione richiede resistenza fino all’estremo: l’uomo diventa vittima di se stesso attraverso il partner castigatore. In maniera differente questo accade anche attraverso le pratiche estreme di digiuno di molte giovani anoressiche, che permangono sulla soglia della spettralità mortifera, benché, in questi casi, non ci siano altro che loro stesse, senza la presenza di alcun partner castigatore.

 

L’eresia di Anzieu tuttavia è ambivalente. Pensatore eretico e originale, dotato di un’immaginazione letteraria straordinaria – basti leggere il suo testo Beckett e lo psicoanalista – non riesce ad abbandonare l’idea patogenetica della clinica psicoanalitica più classica. Anzieu, nelle sue digressioni cliniche, cade, a tratti, nella tentazione psicogenetica anglosassone, dalla quale sostiene in premessa di prendere le distanze; la tradizione che ancora accomuna le due matrici che scaturiscono dalla psicoanalisi inglese: l’oggetto parziale buono/cattivo, dal lato della teoria delle relazioni oggettuali (Klein), e le fasi sadico/erotiche (Anna Freud), dal lato della teoria pulsionale. Questo moralismo psicoanalitico è contraddetto sia dalle sue ricche osservazioni sulla pelle, che emergono dalle migliori pagine di questo libro, sia dalla sua stessa geniale e prolifica esistenza di figlio di una madre che gli stessi psicoanalisti ai quali, a tratti, si riferisce, non esisterebbero a definire: “carenzata”.

 

L’immagine di copertina è la migliore illustrazione del suo pensiero: se la pelle protegge, quando viene tolta si trova il frutto della nostra vita, la vita quotidiana.

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