L’ultima fiamma dell’ottantaquattrenne scrittore / Henry Miller e Brenda Venus: J’aime, j’ai aimé, j’aimerai

Nella collana “Fantasma”, pubblicata in cento copie da Antiga edizioni a Crocetta del Montello (TV), vede la luce un libro scritto da Patrizia Sanvitale: Brenda & Henry. We’ll alwais have Paris. Il volume si compone di cinque parti, Intervista a Brenda Venus, Parigi, Scrittura, Donne, California, arricchite da una introduzione e da una postfazione, e descrive l’eccentrico amore dell’ottantaquattrenne Henry Miller, autore di romanzi erotici e autobiografici famosi, come Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, e una sua giovane lettrice, la ventinovenne Brenda Venus, attrice di origine siciliana, che lavorò in diversi film dell’epoca, anche con Clint Eastwood (Assassinio sull’Eiger) e Nick Nolte (48 ore). Ma questo libro non è solo la cronaca di un amore senile: è l’affresco di epoche diverse, caratterizzate da passioni irripetibili e magici incontri che segnano la mappa della letteratura del Novecento. Nel 1991 Patrizia Sanvitale incontra a Los Angeles Brenda, che le parla delle oltre mille lettere di Miller custodite in una cassaforte bancaria, insieme a una preziosa Guide bleu di Parigi. Circa dieci anni dopo, Sanvitale lavora a una rivista internazionale (CartierArt) e vola a Los Angeles per intervistare Brenda proprio su quella Guide bleu, un quadernino di poche pagine scritte da Miller con stilografica blu e rossa, su carta intestata. La breve dedica riporta queste parole: «Pour ma chérie Brenda, j’aime, j’ai aimé, j’aimerais, Present Passè Future, Henry». Inizia così la sua intervista all’ultima donna amata da Miller.

 

 

Così Brenda descrive a Patrizia Sanvitale il suo primo incontro con Miller:

«Quando conobbe Miller?

Terminai l’università con un certo anticipo e subito dopo traslocai in California, dove cominciai la carriera di attrice. Un giorno qualcuno accennò a Henri Miller e io pensai: quanto mi piacerebbe conoscerlo. Fu un po’ come se un filo avesse attraversato la mia vita dal momento in cui lessi i suoi libri. Finalmente arrivò la sera della sua conferenza: ero eccitata come la prima volta che uno si innamora. Ma quella stessa sera la mia casa a Nord Hollywood prese fuoco. Rimasi senza nulla se non i vestiti che avevo addosso. Mi sentii, praticamente, una donna senza passato.

Cosa successe allora?

Non potei andare alla conferenza, ovviamente. Ero disperata, ma più che per la casa per aver perso l’occasione di incontrare Miller, e cercai di farmene una ragione. Qualche giorno dopo, andai a un’asta per sostituire i mobili che avevo perso nell’incendio. A un certo punto vidi una serie di raffinati libri in svendita. Ne presi uno a caso. Era Women through The Ages di Miller. Lo aprii e qualcosa cadde sul pavimento. Era una lettera amorosa che Henri aveva scritto a una signora giapponese. Lo raccolsi e sopra c’era il suo indirizzo... andai a casa e la mattina, appena sveglia, cominciai a scrivere a Henri.

Ricorda qualche passo?

 

 

Gli accennai del fuoco che aveva distrutto la mia casa e che mi aveva impedito di incontrarlo. Gli raccontai di come avevo sempre voluto conoscerlo e gli mandai anche un paio di mie fotografie. Henri mi chiamò il giorno stesso in cui ricevette la lettera. Quando alzai il telefono e sentii dire “Brenda?”, risposi: “Sì, Henri”».

Inizia così, complice una lettera d’amore scivolata da un libro, il rapporto fra Henri e Brenda: uno scambio epistolare appassionato che continuerà per quattro anni, fino alla morte dello scrittore, punteggiato da brevi incontri, cene, abbracci, e dominato da una tensione erotica costante, anche se platonica. Le 1500 lettere d’amore che Miller scrisse a Brenda sono raccolte in quello che sarà il suo ultimo libro, Dear dear Brenda (in italiano sarà tradotto da Feltrinelli nel 1986 con il titolo Cara, cara Brenda. Lettere d’amore di Henri Miller a Brenda Venus). Ecco la prima lettera di Arthur, datata 9 giugno 1976: «Cara Brenda, è veramente “Venus”? Io non sono riuscito a capirlo, ma il mio segretario dice che è questo che lei ha scritto. È quasi incredibile! È un'attrice? E questo è il suo vero nome o è uno pseudonimo? Dalla foto, potrebbe essere un'attrice – forse anche con un po’ di sangue spagnolo messicano. In ogni caso assai attraente. Mi domando perché voglia vedere uno scrittore di 84 anni come me... Certo che sarei felice di incontrarla, mi fa sempre piacere vedere una bella donna. Devo passare molto tempo a letto per le mie gambe – artrite e sclerosi.

 

Potrei quindi accoglierla in pigiama e vestaglia. Le telefonerò dopo che avrò ricevuto altre sue notizie. Se è davvero bella come nella foto, allora je vous embrasse tendrement» (CCB). Cito da altre lettere a Brenda: «Per me il sesso è sempre stato qualcosa di naturale, di semplice. Ho vissuto una vita piena di sesso. E ora, nella vecchiaia, mi vedo trattato come un amabile guru e un anacoreta. Non s’immagina che io abbia un paio di palle e ciò che le accompagna». «Non ci occorrono più conoscenze, ma più saggezza». «Secondo me non bisogna leggere per istruirsi, ma dare una possibilità alla nostra anima di deliziarsi». «Ho sempre sostenuto che se la vita è bella deve esserlo anche la morte. Sono misteri, non catastrofi».

 

 


«Tollero anche una canaglia, se ha il senso dell’umorismo». «Oggi il mondo sembra impazzito per il sesso, ma ha dimenticato l’amore, ed è l’amore che governa il mondo e quelli che hanno tutto il sesso che vogliono preferiscono l’amore». «L’immaginazione è sempre impura, e a volte anche folle».

Lo scrittore, debole, parzialmente sordo e cieco, costretto all’immobilità sulla sedia a rotelle, con Brenda Venus costruisce un piccolo paradiso a due, elettrizzante e magnetico, fatto di cene, vini, carezze, parole, che rendono eccitanti i suoi ultimi anni di vita. Non è solo un caso che, nel titolo di questo libro spiritoso e leggero, ai nomi dei protagonisti si affianchi una frase celebre, We’ll alwais have Paris, che Ricky (Humprey Bogart), nel finale di Casablanca, rivolge a Ilse (Ingrid Bergman): “Noi abbiamo Parigi per sempre”, alludendo alla breve ma intensa stagione del loro amore parigino. Miller, dal primo giorno del loro incontro, si prende cura di Brenda come un padre scrupoloso, e solo per lei scrive la celebre Guide bleu, dove appunta i luoghi più stimolanti e fascinosi dell’amata Ville Lumière, che le donerà in occasione del suo viaggio del 1979 a Parigi, dove Brenda discuterà la possibile sceneggiatura del romanzo milleriano Big Sur e le arance di Hieronymus Bosch.

 

 

Dalla trilogia di SexusPlexusNexus, passando per Tropico del cancro e Tropico del Capricorno fino a Crazy Cock, Giorni tranquilli a Clichy e Opus pistorum, l’opera di Miller può essere considerata una divertita, esaltante enciclopedia sul sesso come esperienza di vita, sesso che non solo possiede i corpi ma scuote le menti dei protagonisti. La potenza dell’eros non è trasfigurata ma narrata, grazie al demone di una scrittura ininterrotta che nelle lettere a Brenda prende la forma di un’energia orgasmica totalizzante. «Civettavo con la catastrofe, ecco. Avevo tempo e sentimento per cacciare la testa nelle vite altrui, per amoreggiare con la morta materia del romanzesco, per quanto possa essere morbosa; quando è chiusa nella copertina di un libro appare deliziosamente lontana e anonima» (TC, p. 172).

 

Miller scrive pervaso da una costante frenesia erotica, all’interno della quale sospende il pensiero della fine terrena. L’incontro con Brenda è l’ultima passione del Grande Vecchio: benché con lei non faccia all’amore, proprio per questo la sua attenzione erotica si trasforma in una affettuosa e ossessiva preoccupazione per la sua felicità. Anche l’amore scritto in una lettera può essere conturbante come e più dell’atto erotico, e Miller ne è cosciente. Scrive così a Brenda: «25 aprile 1978. […] Una delle prime cose di cui devi renderti conto, se sei un'artista seria, è che l'arte non ha regole. Tutte le altre cose sotto il sole ne hanno, ma l'arte no. Con l'arte sei libera, purché tu obbedisca agli ordini del tuo cuore, non a quelli della mente. Sai niente del movimento dadaista?  Fu un fatto straordinario. Purtroppo non sfondò col pubblico. Aveva a che fare con “clown e angeli” e idioti, traditori, canaglie. Era come ridiventare bambini, ma bambini indisciplinati…Torniamo alla faccenda dello scrivere… Brenda, la letteratura è come la musica, la pittura o qualsiasi altra arte. Devi essere sempre te stessa.

 

 

Non significa che ne trarrai presto dei profitti. Troverai anzi tutte le tagliole e le trappole che hai conosciuto alla TV. In ogni campo, si tratti di arte, d'amore o che so io, ha un certo peso il caso, un peso piuttosto grande, direi. Impara a coltivare il caso, a riconoscerlo a prima vista. Non assillare il tuo astrologo. Impara a conoscere il tuo cuore e la tua mente. Segui i tuoi istinti. E ricordati (ma sono sicuro che te ne ricordi!) che il successo esige sacrifici. Il successo, che pure sembra essere l'obiettivo, è il tuo maggior nemico. Direi: Non cercare di essere il numero 1, sii semplicemente ciò che sei. Siilo pienamente e costantemente. Be’, eccoti servita» (CCB).

Patrizia Sanvitale conduce con leggera freschezza il suo viaggio nell’universo Miller, e nel capitolo Scrittura testimonia l’irrefrenabile potenza vitale dell’autore non solo nei suoi amori per le donne ma nell’amore inflessibile e furioso per i libri: «Non spero mai di abbracciare il tutto, ma semplicemente di dare in ogni frammento separato, in ogni opera, la sensazione del tutto, mentre vado avanti, scavando sempre più in profondità nel passato e nel futuro». «Un solo lettore che mi capisce, che legge veramente i miei libri, quello è abbastanza per me, ma uno è necessario». «Come il denaro, i libri vanno tenuti in costante circolazione. Un libro non è un amico, crea amici per te. Quando hai posseduto un libro con la mente e con lo spirito, ti sei arricchito. Ma quando lo presti sei tre volte più ricco». Che i libri si possano incontrare prima ancora che leggere – così come si incontrano "altri fenomeni della vita e del pensiero", e che appartengano alla vita "quanto gli alberi, le stelle o il letame", lo dimostra uno dei suoi volumi più eccentrici, I libri nella mia vita, inclassificabile e immaginaria autobiografia.

 

 

Dall'eccentrico John Cowper Powys all'adorato Cendrars, da Jean Giono e Rider Haggard, I libri nella mia vita è una guida che ci permette di riscoprire, accanto ai grandi intoccabili della letteratura, una selva di autori sconosciuti o dimenticati, ma non per questo, agli occhi di Miller, meno vivi. La storia segreta di ogni lettore non si compone di tutti i libri che ha letto, e nemmeno di quelli più significativi o più belli, ma soprattutto di alcuni che sembrano scritti proprio per lui e che "come certi rari individui, aumentano la vita".

Con Brenda, a cui non smetterà mai di scrivere per tutto il tempo del loro rapporto, Miller parla di filosofia, poesia, letteratura, e dipinge con passione i suoi acquerelli («Dipingere è amare di nuovo»; «Non sono un ritrattista. Sono un artista libero. Non seguo forme e strutture precise»). Rapito dalla bellezza della giovane donna, vorrebbe occupare con la scrittura epistolare l’intero spazio della sua vita, inseminarla con pensieri e passioni, trattenendola a sé grazie alla magia delle parole. Di lui Brenda, nell’intervista qui pubblicata, scrive: «Henri era un uomo del Rinascimento, un uomo che aveva passato la sua vita scrivendo lettere. Scrisse a molte donne e molti uomini in tutto il mondo. Per lui scrivere era sinonimo di respirare». E aggiunge: «Henri Miller era un maestro nell’entrare nella mente di una donna. Ne aveva la chiave perché era sinceramente interessato alla sua donna, qualunque essa fosse».

Miller, quando incontra Brenda, viveva già da diverso tempo nel suo “buen retiro” di Pacific Palisades, in California. Come osserva nella postfazione Claudio Castellacci: «D’ora in poi, ritroveremo Miller più o meno stanziale in California, sulla costa del Pacifico, prima nell’amata rusticità di Big Sur, poi nella più vivibile Pacific Palisades, dove incrocerà la sua ultima musa, sa chérie Brenda Venus, per la quale, abbiamo visto, ricostruirà una sua personale e frastagliata festa mobile, fatta di indirizzi, numeri di telefono, suggerimenti, ricette, ristoranti, bistrot, itinerari appuntati, a mano, in un magico quaderno dalla copertina blu».

 

 

Grazie a quella “minima” scrittura Miller torna idealmente a Parigi attraverso il corpo di Brenda; si sente ancora vivo e presente negli appunti che affida alla donna amata e che per lui sono magicamente attuali. Ormai prossimo alla morte, non ha più come progetto la felicità sessuale ma le meraviglie inesauribili dell’eros femminile. Miller custodisce Brenda nel baedecker blu che lei porterà con sé nel suo viaggio a Parigi, dove lui la immagina percorrere, complice, gli stessi luoghi amati nel passato. «Parigi attrae i tormentati, gli allucinati, i grandi maniaci dell’amore». Ma gli anni della “grande mania” sono alle spalle. Miller, nell’estrema vecchiaia, è una mite anima innamorata. Scrive Patrizia Sanvitale: «Ma noi poveri mortali, soggetti a una serie infinita di rinascite, “dobbiamo scoprire il significato dell’amore, dobbiamo imparare a vivere l’amore come un fiore vive la bellezza”», chiosa Miller che, nel profondo del cuore, si crede un “sattvika” capace di amore estatico, che lui esprime a modo proprio, attraverso la sua esuberante sessualità. Si crede un’anima pura e quando viaggia in aereo dice di sentire una musica celestiale provenire dalle “alte sfere”. Anche se “nessun aeroplano raggiungerà mai Dio. (…) Dio è distante come il pianeta più remoto e vicino come la propria pelle. (…) Io l’ho trovato senza affittare un aeroplano. L’ho trovato standomene fermo a terra in un paio di mocassini”».

 

Potremmo trovare una definizione più precisa? Lontano come il pianeta più remoto e vicino come la propria pelle: ecco il Dio di Miller. Il suo io potente, colmo di quella scrittura senza maschere che descriverà per sempre, a sé e ai lettori, l’amoroso piacere di corpi liberi e felici, allacciati nella gioia dell’amore fisico. «Il mondo è nato ieri. Sparirà domani» (CCB). Per Miller, l’artista deve proporsi di rovesciare tutti i valori costituiti e dare al caos che si inventa un ordine proprio, seminando lotta, felicità, rivoluzione. L’idea di felicità appartiene interamente allo spirito di Miller. Nel romanzo Big Sur e le arance di Hieronymus Bosch la potente fertilità del luogo, Big Sur, abitato per anni dallo scrittore, è vista come allegoria del celebre “Giardino delle delizie” dipinto da Bosch. Questo dettaglio apre una finestra decisiva sul valore attribuito da Miller alla sua stessa pittura. In un’intervista confessa: «Mi divertono i colori, sono come un profumo che viene da dentro.

 

 

Hai mai visto quei fiori che vivono un giorno solo? Tutto l’anno stanno lì a formarsi, sbocciano e muoiono subito. Chi può dire cosa sia il tempo?» Forse è il tempo della scrittura. Un solo giorno. Il giorno in cui Henri Miller scrive il suo unico e perturbante “libro-oceano”, che stravolgerà, per traboccante potenza vitale, i canoni della letteratura americana. «Io credo che oggi più che mai debba cercarsi un libro, anche se dentro c’è una sola pagina grande; dobbiamo cercare frammenti, schegge, unghie dei piedi, tutto ciò che abbia materia in sé, capace di resuscitare corpo e anima» (TC, p. 239). Miller resterà, negli anni, sempre fedele a se stesso e alla sua idea fondamentale di libertà. Parlando di Rimbaud nel suo Il tempo degli assassini, scrive: «Nessuno meglio di Rimbaud ha messo in luce quanto sia vero che la libertà dell’individuo isolato è un miraggio. Solo l’individuo emancipato conosce la libertà. La libertà è una cosa guadagnata. È una liberazione graduata, una lenta e faticosa battaglia in cui le chimere vengono esorcizzate. Le chimere non sono mai uccise, giacché i fantasmi sono reali solo nella misura del terrore che suscitano» (TA, p. 116).  

 

Libri consultati:

Henri Miller, Cara, cara Brenda, Feltrinelli, Milano, 1986 (CCB).

Henri Miller, Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, Feltrinelli, Milano, 1962 (TC).

Henri Miller, Il tempo degli assassini, Guanda, Milano, 2004 (TA).

 

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