Monocromo / Architetture nere
Il nuovo libro di Stella Paul, Black. Architecture in Monochrome (Phaidon Press, Londra 2017), si apre con un saggio che prende il titolo da una canzone dei Rolling Stones: I See a Red Door and I Want It Painted Black, in cui il nero dell'oscurità e della notte, dall'interno dell'anima si estende a tutte le cose, lasciando sussistere solo una risata notturna, complice l'amore. La suggestione musicale e l'immagine della porta rossa che deve essere dipinta di nero ci accompagnano per tutto il libro che presenta circa duecento immagini di architetture nere, nelle quali qualche angolo brilla di un colore violento e i vetri, gli specchi, l'acqua giocano con i riflessi di illuminazioni speciali o improvvise.
Con il nero – spiega l'autrice – si può avere una relazione di odio-amore: umile o arrogante, qualche volta umile e arrogante allo stesso tempo. Il nero segnala trasgressione o devozione, penuria o lusso, introspezione oppure estroversione. Al centro di alcune teorie del colore ed escluso come non-colore da altre, il nero rimane in ogni caso fondamentale nelle nostre esperienze personali e sociali, nella storia dell'arte e del costume.
Prima di entrare nel merito del nero monocromatico in architettura, Stella Paul ritiene quindi necessario prendere in considerazione la storia del pensiero, in particolare la tesi aristotelica che dal bianco e dal nero abbiano origine tutti i colori, la scomparsa del nero nella teoria newtoniana e la resistenza di Goethe e degli artisti che non riuscivano a escluderne l'uso in pittura.
Leonardo aveva scritto che il nero, rappresentante dell'oscurità, non può essere annoverato nel numero dei colori, ma lo ammirava: dipingere, scrive, non è altro che produrre effetti di luce e ombra. Gli stessi impressionisti – i pittori che più hanno svalutato l'uso del nero – non riescono a escluderlo: Renoir definisce il nero il principe dei colori. Van Gogh parla di frutto proibito.
Per l'arte contemporanea l'autrice cita il dipinto monocromo Cerchio nero su fondo nero di Aleksandr Rodchenko del 1918, le narrazioni formali di perdita e di morte nei dipinti astratti di Robert Motherwell, le sculture nere di Louise Nevelson, le silhouettes nere, che denunciano gli stereotipi razzisti, di Kara Walker, gli studi sui diversi neri di Ad Reinhardt: nero antico e nuovo, nero lucido e opaco, nero alla luce del sole e nero nell'ombra.
Anche il linguaggio non ci viene in soccorso: non abbiamo un vocabolario capace di descrivere le varie sfumature del nero: il latino almeno aveva due termini, uno per il nero opaco, ater, l'altro per il nero brillante, niger. Invero anche nelle lingue germaniche troviamo questa distinzione: tra swarz e blach nell'antico alto tedesco e swart e blaek nell'antico e medio inglese: opaco, smorto il primo, brillante il secondo.
Anche sul piano antropologico e della storia della cultura il nero mantiene una duplicità ricorrente: imparentato con l'oscurità e con la notte, è insieme il colore del limo e della fecondità; è il colore del peccato e del cavallo che preannuncia la carestia, ma è anche il segno della devozione; è il colore della bile nera e della malinconia, ma anche del rigore morale, della sobrietà e della Riforma. È il colore dell'eleganza dei principi, del tubino nero di Chanel, degli abiti austeri – in tre sfumature di nero – della stilista giapponese Rei Kawakubo.
Anche in architettura il nero ha una storia lunga e proteiforme, dovuta a ragioni molto diverse, di carattere pratico o culturale, ma anche metaforico o formale. Molto interessante è l'antica tecnica giapponese Shou Sugi Ban (letteralmente: assi di cedro bruciate) che consiste nel bruciare il legno in superficie per proteggerlo. Oggi questa tecnica viene riproposta in costruzioni modernissime, nelle quali il legno bruciato conferisce una patina di antico e di protezione all'edificio, come nel caso delle creazioni dell'architetto giapponese Terunobu Fujimori, che è diventato un modello di altre costruzioni anche al di fuori del Giappone.
Anche altri materiali – come l'ardesia, la ghiaia nera, il catrame e la lava –, che hanno uno scopo pratico di protezione contro le intemperie, vengono usati nell'architettura contemporanea in modo davvero creativo: riescono a far dialogare le architetture con l'ambiente, alla ricerca dell'invisibilità oppure, al contrario, di una presenza prominente.
I molteplici significati del nero ricompaiono anche qui. Talvolta il nero evoca pietà e astensione: è il caso, ad esempio, della House of the Seven Gables, a Salem nel Massachusetts (di Joseph Everett Chandler), un'antica casa coloniale, fatta costruire nel 1668 da un mercante marittimo puritano, che voleva improntare la sua abitazione ad austerità e purezza, evitando qualsiasi tipo di ornamento. Resa famosa dal romanzo americano Nathaniel Hawthorne, La casa dei sette tetti o – in altra traduzione – La casa dei sette abbaini, oggi è diventata un museo.
In altri casi il nero diventa ostentazione di solidità e autorità economica, come dimostra un'importante banca di Stoccolma, la Sveriges Riksbank (Peter Celsing), i cui blocchi di granito, intagliati a mano, danno l'idea di impenetrabilità e di eterna durata.
Il nero diventa spesso lussuoso e prestigioso: Stella Paul porta l'esempio di un negozio che si affaccia sulla quinta strada di Manhattan, lo Hublot Store (Peter Marino Architect New York), una torre nera, ricoperta di pannelli di alluminio, in parte illuminati da LED, che nella notte sembrano assumere un movimento verticale.
In altri casi il nero diventa addirittura allegro per la presenza di decorazioni floreali oppure nell'alludere al mondo delle fiabe infantili, oppure ancora diventa direttamente una casa di bambola, come nella The Doll House (Nika Zupanc) della Fiera del Mobile di Milano del 2009, pubblicità di un sistema modulare. Anche la casa newyorkese Peacock Hill, proprietà degli artisti Rob Pruitt e Jonathan Horowitz, gioca con le combinazioni, citando ironicamente la Famiglia Addams e Louise Bourgeois.
Ma la metafora può diventare più astratta e coinvolgere la percezione dell'osservatore imponendo allo sguardo il riverbero di pareti polverose o lucide, il riflesso nel canale, nel fiume, nel mare. Nelle facce del prisma che racchiude il museo di arte contemporanea di Cleveland si specchiano invece le case che circondano la piazza.
La maggioranza degli esempi proposti appartiene all'architettura contemporanea, ma vi sono anche costruzioni storiche, come le residenze in legno delle isole Fær Øer nel mare del Nord, le case olandesi dipinte di nero per avvertire la presenza della peste, gli edifici modernisti riproposti nell'attualità, le capanne alpine di vecchissimo legno. Particolare attenzione meritano le chiesette scandinave, custodi di una devozione antica, che indicano al devoto un cammino spirituale che dall'esterno scuro passa all'interno inondato di luce.
Un libro da sfogliare, fermandosi a leggere le osservazioni che l'autrice dedica a ogni edificio, un percorso nelle infinite possibilità del nero in architettura.