La biblioteca di Atlantide / Lo scambio e il dono

23 Giugno 2020

L’atto di donare degli oggetti ad altre persone svolgeva un ruolo fondamentale all’interno delle società primitive e continua a svolgerlo anche nelle società contemporanee. In molti settori merceologici, infatti, l’acquisto di un oggetto per regalarlo a qualcuno allo scopo di rafforzare la propria relazione con esso rappresenta una delle principali motivazioni che orientano i comportamenti delle persone. Per comprendere il ruolo sociale svolto dal dono, le riflessioni ancora oggi più interessanti sono quelle sviluppate quasi un secolo fa dall’antropologo francese Marcel Mauss. Questi è partito dalle ricerche di uno dei maestri della sociologia e cioè Émile Durkheim, il quale, dopo aver studiato i comportamenti delle tribù aborigene dell’Australia e di altre società primitive, è giunto alla conclusione che le società producono in continuazione delle forme simboliche utilizzate dagli individui per attribuire al mondo sociale in cui vivono dei significati e un determinato ordine. Gli scambi di doni contribuiscono a questa produzione di forme simboliche, come ha messo in evidenza Mauss, nipote dello stesso Durkheim, nel 1923-24, sulla prestigiosa rivista L’Année Sociologique, all’interno del suo Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, pubblicato in forma di volume in Italia dall’editore Einaudi con una introduzione di Marco Aime. 

 

In tale saggio, Mauss, ha messo in evidenza come nelle società primitive lo scambio di beni si configurasse come uno scambio simbolico, in quanto esprimeva con chiarezza i sentimenti e le relazioni che legano tra loro gli esseri umani. Ciò era apparso evidente a Mauss attraverso l’analisi dell’utilizzo che veniva fatto dei doni in alcune situazioni sociali fortemente ritualizzate. Come ad esempio nel potlatch, un banchetto-festa che veniva organizzato da alcune tribù del Nord-Ovest americano e nel quale ciascun capo-tribù sfidava gli invitati donando loro cibo e oggetti preziosi per dimostrare di essere più ricco e potente. Spesso arrivava anche a distruggere o bruciare tutte le ricchezze possedute. Attraverso il potlatch, dunque, gli oggetti donati o distrutti diventavano dei simboli del valore sociale, del prestigio e del potere e stabilivano o confermavano le gerarchie esistenti a livello sociale. Impiegando lo scambio di doni, le tribù potevano concludere scambi commerciali o stringere alleanze, ma potevano anche arrivare a sfidarsi reciprocamente.

 

 

Mauss ha definito gli scambi di doni come «fenomeni sociali totali», in quanto sono in grado di assumere la forma di scambi apparentemente liberi di oggetti, ma in realtà sono caratterizzati da un forte senso di obbligatorietà interindividuale. Il concetto di hau, o «spirito delle cose», gli ha consentito di spiegare tale fenomeno. Ha trovato infatti che presso le tribù Maori esisteva una particolare categoria di beni: i tonga (idoli sacri, stuoie, talismani, tesori, ecc.), che venivano tramandati di generazione in generazione ed erano profondamente legati alla tribù, alla famiglia e al proprietario, tanto da essere animati dal loro stesso hau, ovvero dalla loro forza spirituale. I Maori pensavano che gli oggetti donati possedessero una parte dell’anima del donatore (lo hau appunto) e che, di conseguenza, fosse necessario contraccambiarli per fare ritornare tale anima al suo legittimo proprietario, così come era necessario accettarli quando li si riceveva. Lo scambio di doni comprende pertanto secondo Mauss tre obblighi fondamentali: donare, ricevere e ricambiare. Ostacolare tali obblighi è considerato un rifiuto di instaurare uno scambio sociale, un gesto pericoloso equivalente a una vera e propria dichiarazione di guerra. 

 

In sintesi, si può sostenere che l’aspetto fondamentale dell’analisi sviluppata da Mauss risiede nell’idea che attraverso lo scambio di doni si rafforzano e intensificano le relazioni che uniscono gli individui e perciò si crea la società. E dunque che il sistema sociale ha un bisogno vitale di continuare a contare sulla forza del simbolico, su quell’anima segreta che accomuna le persone e gli oggetti. 

Mauss ha anche tentato di mettere a confronto il dono con lo scambio di tipo commerciale, affermando che il dono assume la forma di uno «scambio commerciale differito nel tempo». Riteneva, infatti, che tra i due tipi di scambio le differenze fossero minime, sebbene riconoscesse che lo scambio commerciale è caratterizzato da un certo grado di incertezza, in quanto il donatore non ha mai la sicurezza di essere ricambiato. Ma ciò che è importante è che per Mauss nelle società contemporanee, dove prevale una logica mercantile e utilitaristica, i principi del dono non sono scomparsi. Si sono invece trasformati e sono sopravvissuti in forme di diversa natura: la solidarietà, la carità, il sistema previdenziale dello Stato, ecc. 

 

Gli antropologi venuti in seguito hanno solitamente confermato la validità delle idee espresse da Mauss. Fa eccezione probabilmente soltanto Georges Bataille, il quale ha rifiutato nel volume La parte maledetta di considerare come una componente del dono quella obbligatorietà sociale che ricopre invece un ruolo fondamentale nell’analisi che è stata svolta da Mauss. Per Bataille, cioè, il dono non dev’essere necessariamente ricambiato, in quanto è da considerare come uno spreco e una dépense. A suo avviso, infatti, va enfatizzata la natura eccessiva e gratuita del dono, considerandola strettamente legata a quell’intrinseca necessità di distruggere e sperperare che caratterizza generalmente la produzione all’interno del sistema capitalistico. Bataille era mosso però soprattutto dall’obiettivo di sviluppare una critica del capitalismo e ha trascurato perciò quella potente funzione simbolica che viene svolta dagli scambi di doni all’interno dei sistemi sociali. 

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