Cosa danno su Twitter stasera?

9 Ottobre 2012

A casa non ho la tv. A cena ascolto sempre la radio in sottofondo, contravvenendo alle indicazioni di Adorno, secondo il quale l’ascolto distratto provocherebbe l’indigestione (Goodman, 2009).

 

Ieri sera mangiavo da solo, la radio non passava nulla di buono e non avevo voglia di alzarmi per collegare il computer alle casse e ascoltare BBC Six in streaming. Allora ho acceso Twitter (sono un consumatore a rischio dipendenza), però ho scoperto che mangiare e scorrere le notizie sul mio telefono non sono due attività che si riescono a fare comodamente. Ho pensato che sarebbe stato bello poter “guardare” Twitter su uno schermo 32 pollici di fronte a me, al posto della radio e della tv e cambiare “canale” con un telecomando messo accanto alla forchetta. Allora ho capito che Twitter non è solo un medium di micro-blogging, come dicono i suoi inventori, ma un nuovo mezzo di comunicazione di massa, molto simile alla radio. Twitter contiene dentro di sé i medium broadcast del Novecento con l’aggiunta delle dinamiche di rete portate da Internet. D’altronde il vecchio Marshall lo diceva già nel 1964 che ogni nuovo medium non fa che ri-mediare i precedenti. La radio ha ri-mediato il giornale (giornale-radio), il teatro (radiodramma), i fumetti (sceneggiati seriali), gli spettacoli da rivista (varietà), lo sport (Novantesimo Minuto) e la tv a sua volta ha ri-mediato la radio (dalla soap-opera alla telenovela, tanto per citare un caso).

 

Questi processi di ri-mediazione non sono stati immediati né veloci.

 

La radio è nata per raccontare la realtà in tempo reale: i risultati delle elezioni americane (Harding contro Cox, 1920), un evento sportivo (il primo in assoluto fu l’incontro di pugilato tra Dempsey e Carpenter, 2 luglio 1921). Ci vollero alcuni anni per capire che la radio poteva non solo “sostituirsi” al giornale come medium informativo ma anche intrattenere. Per i primi due anni la BBC trasmise in diretta spettacoli teatrali o adattamenti da testi teatrali originali, poi nel 1924, un giovane scrittore gallese, Richard Hughes, scrisse “Pericolo!”, il primo testo pensato esclusivamente per l’ascolto radiofonico e inventò il radiodramma, un genere completamente autonomo dal teatro.

 

Ci vollero dieci anni prima che comparissero le prime fiction seriali nella radio americana (il 16 giugno 1930 va in onda la prima puntata di Clara, Lu & Em, la prima soap opera della storia). La serialità, già inventata dai romanzi d’appendice ottocenteschi, viene ri-mediata sotto forma di sceneggiati, soap e serial d’avventura per ragazzi e si rivelerà come una pratica produttiva fondamentale nella costruzione e nel mantenimento del pubblico. In quel caso Adorno per una volta scrisse una cosa giusta: “la commistione di nuovo e sempre uguale è tipica dei media moderni”.

 

La parola “Format” comparve in radio soltanto negli anni quaranta, con l’invenzione del formato musicale Top40. Questa breve cronologia storica per dire che la radio, come ogni nuovo medium, ci mise molti anni ad esplorare i confini del linguaggio sonoro e stabilire dei generi.

 

Twitter oggi sta attraversando la stessa fase che la radio e gli altri medium di massa hanno attraversato alla loro nascita. Non solo, Twitter è oggi il nuovo medium che più di tutti ha analogie con la radio. Entrambi i medium si concentrano sulla parola: sono medium ad una dimensione sola, sonora o testuale che sia. Costringono chi scrive/parla e chi legge/ascolta a concentrarsi sull’uso e sul senso della parola, in poco spazio (Twitter) e in poco tempo (radio). Twitter, come la radio, è un medium leggero e portatile. Twitter, come la radio, è un flusso di parole che teniamo in sottofondo mentre facciamo altro, per ascoltarlo con attenzione soltanto quando davvero ci imbattiamo in qualcosa di interessante. La nostra attività su Twitter, sostiene lo storico australiano David Goodman, assomiglia all’ascolto distratto della radio, al continuo “tune in, tune out” radiofonico. Twitter, come la radio, è nato per raccontare la realtà in tempo reale e come la radio mutò forma, dotandosi di un palinsesto di programmi d’informazione ed intrattenimento, anche su Twitter stanno nascendo nuovi forme e generi di contenuti.

 

In realtà la mutazione è già avvenuta: tra i profili da seguire, oltre a giornalisti e testate di informazione, ognuno di noi ha aggiunto personaggi dello spettacolo, comici, profili fake a scopo satirico, riviste tematiche, scrittori (in vita e non), per non parlare dei nostri amici. Quello che cerchiamo, in mezzo a questo flusso di parole scritte con stili diversi è pura informazione, relazioni, contatti e scambi con umani (s)conosciuti e intrattenimento puro.

 

Chi segue il profilo di Carlo Gabardini, Luca Bottura o Lia Celi lo fa come chi segue una fiction sull’amore ai tempi di Internet (@carlogabardini) o una rubrica di satira politica (@bravimabasta e @LiaCeli). Questi tre casi sono già dei “format” autonomi, nati per Twitter, che non hanno bisogno di nessun altro medium da riadattare.

 

Anche la Twitteratura, la possibilità di fare letteratura su Twitter, è un altro dei generi emergenti. È possibile far stare una storia in uno spazio così ristretto? Gli haiku occupano ancora meno spazio e quelli scritti da Allen Ginsberg sono gioielli di scrittura. Ma anche senza scomodare gli haiku, ci sono scrittori come Jennifer Egan (vincitrice di un Pulitzer per Il Tempo è un bastardo) che hanno iniziato a pubblicare racconti a puntate su Twitter, rispolverando la serialità dei romanzi d’appendice (lo sta facendo anche Amazon, come ricorda il magazine on line @finzioni).

 

Quello che manca però è ancora un cambio di prospettiva: la consapevolezza che ogni profilo, personale o istituzionale, è un canale di comunicazione capace di attrarre un pubblico di massa o di nicchia a seconda dell’ampiezza e della profondità dei propri contenuti. E se ogni profilo è un medium con un pubblico, dovrebbe anche avere un palinsesto preciso, una programmazione seriale e organizzata, come un vero medium di flusso. Dovrebbero nascere guide ai programmi per Twitter, quali programmi seguire e soprattutto a che ora. Quello che manca a Twitter è una formattazione dei contenuti sotto forma di palinsesto, inteso come l’insieme delle trasmissioni programmate da una emittente per un certo periodo. Mi direte che sto applicando vecchi concetti ad un nuovo medium, che Twitter non è fatto per essere broadcast, che Twitter non è né la radio né la tv, eppure io voglio poter mettermi a tavola una sera e chiedere: “Cosa danno su Twitter, stasera?” Con buona pace di Adorno, digerirò senza fatica, anche con Twitter acceso, la radio in sottofondo e il cellulare che squilla in camera.

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