Fabio Cleto. Intrigo internazionale

13 Maggio 2013

Abbiamo giusto fatto in tempo a celebrare il mezzo secolo del James Bond di celluloide ed ecco Fabio Cleto, brillante saggista e critico dell’Università di Bergamo, in occasione dei sessant’anni del Bond di carta, coinvolgerci in un’avventura (Intrigo internazionale. Po, chic, spie degli anni sessanta, Milano, il Saggiatore, 2013) che dal Bond “americano” della versione cinematografica di Goldfinger si dipana sino ai nostri giorni.

 

 

L’anno chiave è il 1964, anno di Goldfinger, che sfida Bond a innestare il “glamour nobiliare britannico” sulla rivoluzione anticlassista e femminile-femminista, Usa e non (l’indimenticata Pussy Galore, l’“energica femme fatale dal sospetto lesbismo” del film di Guy Hamilton, ma anche la Natalie Wood che, sempre nel 1964, interpreta sugli schermi l’autobiografia-manuale di cattive maniere di Helen Gurley Brown Sex and the Single Girl del 1962).

 

 

L’autunno 1964 vede anche approdare, sulla sofisticata Partisan Review, le “Note sul Camp” della trentunenne scrittrice Susan Sontag. Rilanciando una categoria la cui “circolazione” fino a quel momento “è stata perlopiù da trivio”, il saggio coglie “con audacia la sfida alle categorie tradizionali di identità, gusto, arte e cultura” (p. 50) della nebulosa in formazione nella sulfurea scena newyorkese alternativa, dentro e fuori della factory warholiana.

 

Susan Sontag

 

Eccesso, antiparodia narcisistica, ironia del gusto, inafferrabilità del mascheramento, il camp esplorato da Sontag viene esplicitato, come codice gay, dalla terza chiave iconica di questa storia, lo scrittore Victor J. Banis, incriminato, ancora nel 1964, per “cospirazione volta alla distribuzione di materiali osceni” attraverso i suoi romanzi pulp. Vi spicca la serie con al centro Jackie Holmes, agente della C.A.M.P. Holmes esplode i risvolti innominabili del simbolo-macho Bond nell’inesorabilità con la quale si porta “a letto tutti gli agenti (tutti eterosessuali, ovviamente) dell’Interpol, via via aggiungendo simboliche tacche al suo enorme totem ligneo a forma di fallo” (p. 97).

 

    

 

Chiusura del cerchio? Neanche per idea. In una vorticosa discesa nell’“economia del segreto” (p. 118) della Guerra fredda culturale, Cleto procede, implacabile, attraverso la coppia “molto particolare” (p. 103) di Batman & Robin, per poi gettare il cuore oltre l’ostacolo, sulla neutralizzazione del camp, ridotto ad “ammiccamento rassicurante” nell’Italia del nuovo secolo. Con la speranza finale di un “recupero” della categoria magari attraverso “un pontefice radicalmente démodé, lontano da folle e populismi, capace di conferire sacralità persino a delle scarpette rosse” (p. 147).

 

  

 

Non abilitato a far bollire le pentole del futuro, qui il recensore storico si ferma. Non senza aver sottolineato il caleidoscopio di stimoli e suggestioni (e di gioia degli occhi) che da questo libro, tanto capace di essere vertiginoso e sorvegliato, promana.

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