Firmato S. B.
Le date, 20 Febbraio 1986 - 20 Febbraio 2011, sono ricamate in oro, così come la firma in corsivo. Da meno di vent’anni le squadre di calcio hanno il nome dello sponsor stampato sulla maglia ma non era mai accaduto che qualcuno vi apponesse il suo nome e cognome alla maniera di una griffe: invece il Milan sceso in campo contro il Chievo (maglia bianca e banda verticale rossonera) brandiva sul petto la prova che da venticinque anni esso è una privata e anzi personale proprietà di colui che, da altrettanti, è signore e padrone del nostro paese. Si dice lo abbia fatto per mettere le maglie all’asta e versarne i proventi a Alice for Children (un progetto per i bambini di Nairobi) pure se le Carte federali (all’art.72) fanno espresso divieto di esibire distintivi o scritte di segno politico e confessionale. Quella firma è però di tutt’altra natura, perché è segno non soltanto di una metafisica proprietaria quanto di un dominio biopolitico cui non possono scampare, oramai, né l’immaginario degli appassionati né gli stessi calciatori in carne e ossa. Molto meno vistosa, eppure rilevante in questo senso, è la notizia che Giorgio Chiellini rinnovando il contratto con la Juve abbia sottoscritto una clausola (si è detto decisamente “innovativa”) che lo obbliga a un codice etico predisposto dal suo stesso club: ciò vuol dire che la sua libertà di espressione è pre-definita e che, letteralmente, Chiellini è di fronte alla stampa un embedded. C’è almeno un precedente che dovrebbe far riflettere: dopo il bombardamento cosiddetto umanitario sulla Serbia, nel ’99, il difensore juventino Zoran Mirković (ex Partizan di Belgrado), intervistato alla Domenica Sportiva e richiesto di un parere su un incontro appena disputato, inaspettatamente se ne uscì con la frase “Complimenti allo Sceriffo!”circa i raid devastanti sulla propria città. Nessuno disse nulla ma l’anno dopo Zoran Mirković avrebbe militato nel Fenerbahçe, a Istanbul.