Italia tra parentesi
L’Italia come argomento. Che cosa rende questo paese così particolare tanto da divenire oggetto o soggetto di un’opera d’arte? Nessun paese al mondo è stato tanto ritratto quanto lo è stato nei secoli l’Italia. Non certo soltanto per i paesaggi, la storia o l’arte, ma anche e soprattutto per una materia costituita da una umanità che sfugge ad ogni definizione o categoria. Una materia umana creata dalla stratificazione e ibridazione di culture ed etnie diverse, risultato di scontri e integrazioni secolari, forzata alla coabitazione su un piccolo e vario territorio e che solo di recente ha cercato di immaginare una storia comune, alla ricerca di una possibile identità condivisa.
Laboratorio permanente dove si testano sino al limite le pulsioni più profonde dell’animo umano, tra tragedia e commedia, per gli artisti l’Italia rappresenta un principio di realtà, un territorio da cui nascono e si mettono alla prova etiche, poetiche ed estetiche. Un territorio in cui la realtà offre una infinità di trame, di storie, di situazioni, di personaggi tali da rappresentare già di per sé un immenso serbatoio per l’elaborazione artistica. Una realtà dove la ragione perde progressivamente il suo orientamento, per inoltrarsi smarrendosi nei territori oscuri e perigliosi dell’impossibile, dell’informale, dell’irrazionale, dell’illecito: in una parola nei territori dell’arte.
È attraversando questi territori che cinema, letteratura, poesia, teatro, arti visive narrano il nostro tempo presente: l’Italia diviene così il soggetto di opere che con impegno politico e civile scandagliano le cronache quotidiane e i nodi irrisolti della nostra storia, s’infiltrano tra le pieghe di realtà sommerse, scuotono le coscienze e aprono squarci di verità scomode o ignorate. È l’Italia delle tragedie e delle catastrofi, dei fatti drammatici che attendono una risposta, di realtà illegali pervasive e conniventi, di colossali anomalie e contraddizioni.
Ma l’Italia può anche essere lo spunto per percorrere le strade che portano all’immaginario, alla dimensione onirica, al sacro, una fuga dalla realtà che con essa tiene però stretti i rapporti di dipendenza: è il paese dei balocchi, delle fiabe e delle maschere, della vita come teatro, delle fedi e delle credenze popolari.
Questa è la scena entro la quale si muove il mio libro, che si concentra sull’arte visiva in Italia degli ultimi cinquant’anni, a partire dall’inizio degli anni sessanta sino ai nostri giorni, per scovare quelle linee, a volte invisibili e sotterranee altre volte evidenti, che rintracciano l’Italia come argomento in artisti di generazioni diverse. Un metatema che fa dialogare opere distanti nel tempo che affrontano soggetti comuni, quasi delle categorie attorno alle quali si sviluppa il discorso critico e narrativo di questo percorso: l’identità, il paesaggio, le icone, i simboli, la memoria collettiva, la cultura popolare, l’impegno politico e civile, le ferite della storia.
Una storia dell’arte per temi, che privilegia la singola opera piuttosto che il movimento o il profilo dell’artista, in un ipotetico percorso lungo le stanze di una mostra immaginaria che racconta una identità italiana attraverso lo sguardo dell’arte. Una storia che prova allo stesso tempo ad evidenziare alcune caratteristiche formali comuni, alcuni temi ricorrenti che scompaiono e riaffiorano lungo il corso di decenni, come costanti congenite e peculiari del nostro dna artistico.
Le opere ci conducono così tra vizi e virtù della nazione italica, tra i suoi caratteri distintivi e identità collettive, attraversando topoi e pregiudizi, luoghi comuni e clichè, contraddizioni e nodi irrisolti e ponendosi come chiavi interpretative della più intima natura e mutevole forma del paese, riconoscendone la valenza universale come specchio dei meandri più reconditi dell’animo umano.
Si presenta il 22 giugno 2011 alle 18:30, presso la Caffetteria degli Atellani di Via Moscova 28 a Milano, il libro di Bartolomeo Pietromarchi Italia in Opera La nostra identità attraverso le arti visive, edito da Bollati Boringhieri.
L’autore e Gabi Scardi ne discuteranno con Stefano Arienti, Marcello Maloberti, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, Adrian Paci, Diego Perrone, Matteo Rubbi e vedovamazzei.
Pubblichiamo qui la Premessa e una galleria di immagini tratte dal libro, scelte e commentate da Bartolomeo Pietromarchi in esclusiva per doppiozero.
Luca Vitone
Souvenir d'Italie, 2010.
Courtesy Luca Vitone e Galerie Michel Rein, Paris.
Fotografia Kleinefenn
Parigi, 2010. Luca Vitone immagina un monumento alla Seconda Repubblica italiana, quella nata nel 1994 dalle ceneri di Mani pulite.Come una cartolina mandata dall’esilio o come lapide mortuaria, il sole massonico illumina d’immenso la nostra attuale “rinascita democratica”.
Emilio Isgrò
I come Italia, 2010
acrilico su tela montata su legno, 100 x 100 cm
courtesy archivio Isgrò
Moltitudini come formiche costruiscono o distruggono? I come Italia, I come identità, I come inutile, I come I (inglese), I-Italy
Joseph Beuys
La Rivoluzione siamo Noi, 1971
eliografia su carta, 180 x 90 cm
“Quando parlo di “rivoluzione” intendo “trasformazione”, ovvero trasformazione della vita di tutti gli uomini. Tutto ciò che ho fatto è in rapporto con la catastrofe, sempre presente e dominante nel Mezzogiorno e nella vita della gente del Sud, nelle condizioni politiche e sociali.” Joseph Beuys
Francesco Arena
Falce e martello, 2007-2008
Particolare dell’installazione.
Courtesy Galleria Monitor, Roma
Che cosa resta del simbolo di una ideologia? Con la leggerezza di accostamenti casuali tra oggetti trovati, che come dice lo stesso artista “sono stratificazioni geologiche di pensieri, a volte ben amalgamate, altre appena poggiati l’uno sull’altro” la selva di falci e martelli di Arena costituisce un paesaggio desolato, un bric a brac concettuale che svuota di valore un simbolo, di cui rimane soltanto l’ombra apparente o il ricordo nostalgico di un significato ormai perduto.
Michelangelo Pistoletto
Bandiera rossa, 1962-1966
velina dipinta su acciaio inox, 120 x 100 cm
Collezione François Pinault, Venezia
Gli uomini di spalle, le bandiere ripiegate, un momento di attesa che non passa. Riflesso nella superficie specchiante del quadro l’osservatore vive un presente permanente che si rinnova nell’istante. Un eterno presente: condizione d’un paese in stallo, dimentico del suo passato e ignaro del suo futuro.
Massimo Bartolini
My Fourth Hommage, 2003
C-print, 267 x 125 cm
courtesy l’artista e Galleria Massimo De Carlo, Milano
Il Quarto Stato si è fermato. Non avanza più. Oltre che fermo è sprofondato nel suolo, nella condizione frustrante di radici che lo hanno immobilizzato e risucchiato verso il basso, prigioniero della sua origine e della sua condizione.
Simone Berti
Senza titolo, 1999,
stampa lambda, 150 x 180 cm
courtesy collezione privata e l'artista.
I tubi metallici appaiono come protesi, strutture rigide dalle quali i personaggi ritratti non possono liberarsi, sovrastrutture che rendono visiva e fisica la relazione ma anche la costrizione, la rigidità, l’impedimento. Sono strutture sociali che come le strutture primarie di minimalista memoria riflettono sulle basi relazionali su cui si definiscono identità individuali e collettive.
Lara Favaretto
Momentary Monument, 2009
torba nera, terra vegetale, sabbia vulcanica, alghe acquatiche, muschio, ferro, legno, cellulosa, acqua dolce, metallo installazione site specific, Making Worlds / Fare Mondi, 53a Biennale di Venezia
L’artista costruisce una palude a Venezia: l’opera assume una forma mimetica, confusa tra mille altri acquitrini, silenziosa e quasi invisibile. Il ‘cimitero sommerso degli scomparsi’ è un anti-monumento, un ‘buco figurativo’, dedicato a coloro che sono svaniti nel nulla: forma di pudore in una realtà insostenibile.
Elisabetta Benassi
Senza Titolo (459 metri di campo arato), 2005
stampa lambda, 65 x 80 cm
courtesy l’artista e Magazzino d'Arte Moderna, Roma
Tra cultura popolare e riti pagani l’artista suggerisce una linea continua che dalla funzione sociale del gioco popolare passa a quella del rito collettivo con accenni sacri. Il luogo scelto dall’artista riconnette il Colosseo sullo sfondo (antico stadio di giochi popolari), a quello moderno del campo di calcio in una performance che volge lo sguardo alle origini più profonde della cultura e della civiltà occidentale. Atti fondativi che ne costituiscono ancora l’impalcatura portante.
Rossella Biscotti,
Il processo, 2010 - 2011
Installazione sonora, 8 ore in loop. Calchi in cemento, dimensioni varie. Performance. “Aula Bunker” del Foro Italico, ex Corte d'Assise di Roma. Veduta dell’installazione
fotografia Sebastiano Luciano
courtesy Fondazione MAXXI
Ex aula bunker del tribunale di Roma al Foro Italico. Processo del 7 aprile, all’autonomia. Biscotti recupera le registrazioni originali di accusa e difesa e realizza dei calchi in cemento di frammenti di celle, microfoni, scalini e altri dettagli architettonici all’interno dell’ex aula. Dai nodi irrisolti della nostra storia recente tornano le voci come fantasmi e il peso di tracce al negativo.
Gianluca e Massimiliano De Serio
Stanze, 2010
Videoproiezione HD, 58’
Stanze è una “catena poetica”, che riprende, attualizzandola, la tradizione orale somala, in cui la poesia era lo strumento di dibattito pubblico e politico del paese. Il film è interpretato da alcuni giovani rifugiati politici somali a Torino, all’interno di quella che è stata la loro ultima “casa”: la caserma La Marmora di via Asti, una vera e propria centrifuga della storia italiana. Stanza dopo stanza si scende nel buio della nostra storia e della nostra coscienza collettiva in un cortocircuito identitario e claustrofobico.
Flavio Favelli
Cerimonia (India Hotel 870), 2007-2010,
Tela Airtex cucita, vernice, 37 x 33 mt
fotografia: Dario Lasagni
Cerimonia (India Hotel 870) è la ‘fodera’ che l’artista realizza del DC9 Itavia precipitato nel 1980 per cause ancora non chiarite a largo di Ustica. Una fodera che ne ridisegna la sagoma a grandezza reale. L’opera, è in tela tecnica leggera color crema, tagliata e cucita sulle misure e forme del relitto dell’aereo, con due scritte rosso pompeiano ITAVIA ai lati della fusoliera. Ombra di luce proiettata sul selciato di Piazza Grande, fantasma della memoria sospesa.
goldiechiari,
Senza titolo, 2009
stampa lambda, 100 x 140 cm
courtesy delle artiste
Il cerchio si chiude: la corona è secca all’ombra del travertino monumentale.
Alfredo Jaar
Domande domande, 2008
Intervento urbano, Milano
cartelloni, posters, insegne elettroniche, cartoline, sito web, convegno
courtesy Alfredo Jaar
Grandi manifesti 6x3, fiancate di autobus, locandine e cartoline su cui erano stampate, in rosso o bianco su fondo nero, una serie di domande destinate ad interrogare la necessità, il ruolo e la funzione della cultura nella nostra società: l’intellettuale è inutile? La politica ha bisogno della cultura? La cultura è critica sociale? La cultura è necessaria?.....
Contro il silenzio assordante degli intellettuali l’artista prova a provocare una reazione con domande dirette e disturbanti, con gli strumenti di una campagna pubblicitaria.
Armin Linke
Senza titolo (Garigliano), 2007
fotografia stereoscopica anaglifica, stampa lambda montata su alluminio, 60 x 128 cm
courtesy Galleria Vistamare, Pescara
Vestigia d’un tempo passato prossimo, luoghi inacessibili e quindi invisibili, cattedrali ormai spente e quasi in rovina, le ex centrali nucleari in Italia testimoniano d’un fallimento, d’una storia interrotta
Nelle foto di Linke questa rimozione diviene tangibile nel vuoto di questi luoghi come sospesi nel tempo, congelati in un istante che si è fermato e non è più trascorso.
Marcello Maloberti
Casa, 1993
stampa lambda, 50 x 70 cm
courtesy Galleria Raffaella Cortese, Milano
Cosa ci fa una nonna sotto il tavolo? Vertigine data dall’abisso in cui sembra di sentire il rumore di fondo di una storia di provincia, di quella provincia italiana dove è sempre in agguato la vena di follia, la dimensione paradossale, maniacale, deviata.
Fabio Mauri
Che cosa è il fascismo, 1993
Museo Pecci, Prato
foto: Claudio Abate
courtesy Studio Fabio Mauri
Che cosa è il fascismo è una performance in cui il pubblico viene coinvolto nell’azione. L’artista pone lo spettatore di fronte al suo recente passato, glielo fa rivivere anche se non lo ha vissuto, lo fa sentire partecipe interrogandolo nel più profondo delle sue convinzioni e convenzioni, costringendolo a rivolgere gli occhi alle “radici del male”, a non distogliere lo sguardo per non dimenticare.
Maurizio Cattelan
L.O.V.E, 2010
Courtesy Archivio Cattelan
La mano gioca sull’ambivalenza del gesto che dal significato con il dito medio alzato nasconde in sé anche la posizione della mano nel saluto nazista o fascista e che, come la mano colossale dell’Imperatore Costantino conservato in Campidoglio a Roma, riecheggia il simbolo di tirannia e megalomania delle derive del potere e la sue tragiche spoglie.
Adrian Paci
Centro di Permanenza Temporanea, 2007
video, 5’30’’
courtesy kaufmann repetto, Milano
In Centro di permanenza temporaneaun gruppo di extracomunitari pressato sui gradini di una scala per salire su un aereo che non c’è riflette su una condizione di sospensione, d’incertezza identitaria, in cui l’inutilità del gesto imposto e il rito dell’ ‘ascensione’ contribuiscono a creare una situazione surreale che commenta una drammatica realtà.
Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini
Il gioco della verità, 2001
2 stampe cibachrome, ognuna 70 x 70 cm,
courtesy Lia Rumma, Milano e Napoli
Percorrendo i cliché di tutte le storie sentimentali, spesso riferendosi all’immaginario cinematografico, scendendo nella vertigine delle incomprensioni, della verità e della menzogna, della fiducia e della diffidenza in quel precario e instabile equilibrio su cui si fonda perennemente il rapporto di coppia.
Diego Perrone
Totò nudo, 2005
Animazione digitale, 4' 30"
Courtesy Galleria Massimo De Carlo e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Il valore iconico del protagonista è letteralmente spogliato di ogni suo potere evocativo nel momento in cui lo si riporta alla sua condizione primigenia e naturale di ‘uomo nudo’ in un bosco selvaggio. Finito il rito dello spogliamento Totò nudo inizia a rotolarsi per terra, in una regressione alla libertà dell’infanzia, ad un rapporto diretto e non mediato con l’ambiente.
Gabriele Picco
Senza titolo (Nuvola), 2005
Installazione permanente, Parco delle Madonie (Palermo)
Fiat 500, corda, vetroresina, cemento
Cosa sono le nuvole. Tra icone popolari e ricordi di emigrazioni, tra primo benessere e profonde ferite sociali, l’artista evoca la visionarietà e leggerezza di un popolo capace di reinventarsi costantemente in un’opera che è vero monumento all’Italia contemporanea.
Giulia Piscitelli
Operaio, 2006
stampa su alluminio, cm 80 x 110
courtesy Galleria Fonti, Napoli
La realtà d’una condizione esistenziale che dalla necessità del lavoro si fa testimonianza d’un destino tragico che diviene simbolo estetico tra vita e morte.
Paola Pivi
Alicudi, 2001
Alicudi appare deserta, arida e inospitale, colata di lava scura in mezzo al mare che tutto ha bruciato al suo passaggio. È il simbolo dell’ u-topos, il nessun luogo, dove nulla è possibile e tutto è possibile. “L’isola è il luogo della lontananza, luogo di un’alterità utopica perché il mare che la circonda la preserva dal facile accesso: il mare distanzia l’imprevedibile dall’ovvio, l’armonia dal disordine e predispone al balzo dell’immaginazione. L’isola si addice all’utopia, alla solitudine, al silenzio” (Antonio Prete).
Matteo Rubbi
Italia in cerchio
Una “forma geografica e culturale complessa” come l’Italia si distende come un unico percorso, in un grande “gioco di società” che ne restituisce, attraverso i singoli giochi, tutto il multiforme e poliedrico carattere. Il senso condiviso dell’identità nazionale è rappresentato da quel complesso di regole che, per ogni gioco diverse e incomplete, mutevoli e incerte, sono negoziate ed interpretate dai giocatori man mano che il gioco procede. Un’opera corale che come in un ‘cerchio’ si fa specchio della nostra complessa identità e del nostro fragile contratto sociale.
Vedovamazzei
Radiografia di Pinocchio, 1992
Olio su tela, 200 x 200 cm
Collezione Privata
Pinocchio, Pulcinella, una dama del Settecento, il licantropo, il Santo, Lucignolo ed altri formano una galleria di ritratti in cui l’elemento patologico della deformazione ossea si fonde con l’immaginario popolare in un rapporto morboso e tragicomico, tra precisione della scienza e sua deriva fantastica che coglie l’essenza stessa di un’attitudine in bilico perenne tra morte, malattia e sua esorcizzazione.
Francesco Vezzoli
An Embroidered Trilogy, 1997-99
Video installazione, 12’
Courtesy Francesco Vezzoli e Galleria Giò Marconi, Milano
Lo spettacolo dell’Io è allora completo, lo sguardo dello spettatore si rispecchia nell’idolo e nell’artista che impersona se stesso come spettatore. È il trionfo dello sguardo, del voyeur e di un Io collettivo profondamente influenzato da una società globale in cui “l’illusione del reale” si è definitivamente attestata sul piano di una post-realtà mediatica.
Sislej Xhafa
Padiglione clandestino, 1997
Fotografia a colori, 100 x 70 cm
Courtesy l’artista e Magazzino, Roma
La condizione dell’apolide, dell’immigrato clandestino senza statuto legale, la perdita del legame con il territorio, viene rappresentata nell’opera di Xhafa da un giocatore solitario al di fuori del campo di gioco, perso nel tentativo vano di instaurare una qualsiasi relazione che lo possa far uscire dalla condizione di invisibilità.