La grammatica musicale di Peter Greenaway

24 Ottobre 2014

Marco Robino ha creato la sonorizzazione per la mostra della “Peota reale” alla Reggia di Venaria: del compositore sono in cantiere anche suoni etruschi. Mentre continua la collaborazione cinematografica con Peter Greenaway. Con i suoi quattordici anni di attività, l’eclettismo delle competenze, le prestigiose collaborazioni internazionali, Architorti è una delle realtà più vive e interessanti della scena musicale piemontese. Nato come quintetto d’archi nel 2000, l’ensemble si è andato trasformando nel tempo in una casa aperta che ospita, a seconda delle esigenze, fino a venticinque strumentisti.

 

«Non è facile trovare una parola univoca per definirci – spiega Marco Robino, violoncellista, compositore e anima storica della formazione –. Siamo diventati un laboratorio permanente, un luogo dove è possibile incontrarsi, provare, comporre, registrare musica di repertorio ma anche, e soprattutto, fare ricerca e sperimentazione. Era un cambiamento necessario, richiesto dai tempi: da qualche anno la crisi globale ha cambiato il modo di proporre e di consumare musica. Per noi le cose sono cambiate quando Peter Greenaway mi ha chiesto di scrivere musica per lui. Come Architorti avevamo già collaborato ad alcuni suoi progetti in veste di strumentisti, ma il salto necessario per passare alla composizione ha significato, per me, entrare in un mondo nuovo, aprirmi (e aprire il mio gruppo) a possibilità che non avevamo ancora preso in considerazione».

 

 

Sono entrate in gioco nuove figure professionali, nuove competenze?

Certamente, e una in particolare, quella dell’ingegnere del suono, che in ambito classico è sempre stata a torto sottovalutata. Grazie alla collaborazione con Marco Gentile, produttore artistico di tutta la musica che Architorti produce, siamo riusciti a realizzare in primo luogo un nuovo approccio alla composizione, un nuovo metodo, che ci permette di lavorare e produrre molto, di esplorare ambiti diversissimi, di creare e utilizzare esattamente i suoni che ci servono, che siano quelli di uno strumento solista, o quelli di una grande orchestra. Ci tengo a sottolineare che non usiamo campioni né suoni sintetici: tutte le parti sono suonate da strumentisti in carne e ossa. Il metodo, la tecnologia, entrano in campo successivamente, in post-produzione, grazie a tecniche di mix e sovrapposizione di tracce. Le macchine sono un supporto, un aiuto, velocizzano alcune operazioni, rendono possibile ottenere risultati di grande potenza sonora – e emotiva – in economia di tempi e mezzi.

 

Molti dei progetti che avete in cantiere cominciano in questi giorni a essere presentati al pubblico. Fino all’8 febbraio 2015, nella Scuderia Grande Juvarriana della Reggia di Venaria, si può visitare l’esposizione della “Peota Reale”, il Bucintoro settecentesco commissionato da Carlo Emanuele III di Savoia ai maestri d’ascia veneziani. Imbarcazioni di gala di questo genere, molto diffuse all’epoca, sono oggi quasi del tutto perdute: rimane quest’unico esemplare, ora visibile al pubblico, insieme alle carrozze reali, in un nuovo allestimento all’interno delle scuderie juvarriane, che prevede anche scenografie, proiezioni, giochi di luce e altri elementi multimediali. Qual è stato il vostro ruolo nel progetto?

Il direttore del Centro Studi della Reggia, Andrea Merlotti, ci ha chiesto tre brani che potessero essere ascoltati contemporaneamente in zone diverse dell’esposizione. Bisognava che avessero elementi comuni (i bpm, alcuni elementi strutturali, la lunghezza, il tema, la tonalità) ma anche stili differenti, in modo da segnare i confini e le atmosfere in cui man mano i visitatori si sarebbero immersi. Dei tre brani, uno di taglio risorgimentale-trionfalistico, uno (intitolato Caprilli e destinato alla “manica delle carrozze”) risolto in un gallop burlesco, un terzo di carattere aulico, sognante e grandioso, solo quest’ultimo, che si potrà ascoltare nella sala del Bucintoro, prevede l’utilizzo della voce. Qui il senso letterario e culturale complessivo dell’operazione è affidato al poeta, Daniele Martino: la sua elegia O fiumi che solchiamo si ispira alla polena della barca,  ma discostandosi dal senso più immediato e risalendo a un’idea di Settecento più preziosa e al contempo conturbante e attuale. Sulla prua del Bucintoro è scolpita una figura che potrebbe somigliare a Narciso: ma Martino ha visto in questo giovinetto proteso sulle acque il leggiadro Ila, amante di Ercole, e per la sua bellezza rapito dalle ninfe di acque dolci, le Naiadi. Un mito cantato da Properzio, che si attaglia perfettamente allo spirito settecentesco della nostra musica.

 

Che tipo di Settecento avete pensato di ricreare?

Un falso, naturalmente! Premetto che abbiamo una grande esperienza del Settecento vero (per anni e anni abbiamo frequentato il repertorio in trascrizione) e tra noi ci sono specialisti come Elena Saccomandi e Efix Puleo. Ma in questo caso volevamo dare un’idea pop, contemporanea del Settecento: abbiamo usato un mezzosoprano (Rosy Zavaglia) per il ruolo della Naiade principale, un soprano (Cristina Cogno) per il breve intermezzo in cui entra in scena Ercole, e per il finale un coro di ragazze non impostato (Coro Juvenilia Vox) a cui abbiamo sovrapposto ancora la voce del mezzosoprano, con un effetto straniante, molto particolare.

 

 

Un secondo progetto importante in ambito artistico-museale è l’ambientazione sonora della mostra “Gli Etruschi e l’Aldilà. Il viaggio oltre la vita tra capolavori e realtà virtuale”, che inaugura il 23 ottobre a Bologna.

Si tratta di un gemellaggio multimediale tra il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma e il Museo della Storia di Bologna. Il più famoso reperto della civiltà etrusca giunto fino a noi, il Sarcofago degli Sposi, è molto fragile e non può essere spostato da Roma, dove si conserva. L’inverso accade per un prezioso canopo conservato a Bologna. Ma con le nuove tecnologie è possibile ricreare un oggetto, anche imponente come il Sarcofago, sotto forma di ologramma tridimensionale in grandezza naturale. La regia dello spettacolo sarà a cura di Giosuè Boetto Cohen. I visitatori, sia a Roma che a Bologna, avranno la possibilità di visitare entrambi i musei, parte dal vero e parte ricreati digitalmente.

 

C’è un ultimo appuntamento di cui non si può non parlare, anche perché di nuovo si tratta di un esperimento mai tentato prima. Tra settembre e ottobre l’ultimo film di Peter Greenaway, Goltzius and The Pelican Company sarà proiettato nei teatri di tutta Italia, in lingua originale con sottotitoli in italiano, grazie a un’iniziativa di Lo Scrittoio in collaborazione con Maremosso.

È una bella idea e siamo curiosi di vedere come sarà accolta dal pubblico. In questo film tra l’altro gli Architorti compaiono non solo come (unici) strumentisti, ma anche come presenze sceniche: è la prima volta che Greenaway inserisce compositore ed esecutori nel cast degli attori! Tutte le musiche del film sono composte da me, e insomma, si tratta di un’opera gigantesca, immaginifica, ma che sentiamo molto nostra. La seguiremo anche in questa avventura su questi schermi inediti, introducendo dove richiesto le proiezioni con un preludio musicale.

 

 

Com’è lavorare con una personalità forte e dal carattere difficile come Peter Greenaway?

Avere a che fare con Greenaway è fantastico e al tempo stesso estremamente impegnativo: per esempio ha bisogno di avere a disposizione moltissima musica, anche prima di iniziare a girare, anche durante le riprese. I suoi film nascono in modo organico, immagini e suoni insieme, e per questo è importante per lui poter lavorare a stretto contatto con il compositore, avere tempo e agio di sviluppare tutte le idee, di scremare molto, di scegliere. Il metodo che insieme a Marco Gentile abbiamo messo a punto ci permette di venire incontro a questa esigenza: possiamo collaborare separatamente con i musicisti che ci interessano, registrare le tracce una per una e poi sovrapporle fino a raggiungere l’effetto e la potenza che serve ad una determinata scena. È affascinante, è possibile, è un’idea creativa che grazie alle competenze di una nuova generazione di musicisti, e alla tecnologia sempre più raffinata che abbiamo a disposizione, può essere messa in pratica senza perdite di tempo e di energia, e persino senza immani investimenti economici. Per cui noi con Greenaway, almeno finora, abbiamo sempre lavorato magnificamente, in modo intenso e produttivo. Con lui sperimento una nuova grammatica musicale.

 

Questo articolo è pubblicato sul nuovo numero de Il giornale della musica

 


 

Dopo la prima italiana alla Triennale di Milano dello scorso 30 settembre (organizzazione CRT) il più recente film di Peter Greenaway, Goltzius and the Pelikan Company prosegue con il suo tour nei teatri italiani: Napoli Teatro Bellini dal 7 al 12 ottobre, Mantova Cinema Ariston 8 ottobre ore 21 con la presenza di Peter Greenaway, Roma Teatro Argentina dal 12 al 16 novembre. Goltzius and the Pelican Company, distribuito in Italia da Lo Scrittoio e Maremosso – è un affresco di un'epoca e insieme una affascinante parafrasi del mondo contemporaneo. Dietro le immagini erotiche e attraverso la vita del pittore Hendrickx Goltzius e del suo rapporto con il margravio di Alsazia, Greenaway racconta, nel suo modo inconfondibile di girare, la nascita dell'epoca moderna dove è il sesso a dominare i media e la comunicazione. Goltzius (interpretato da Ramsey Nasr) sta cercando di convincere il margravio di Alsazia (un sanguigno F. Murray Abraham), a sovvenzionare la stampa di una nuova e lussuosa edizione del Vecchio Testamento. «Io scrivo fantasie che nella realizzazione pratica diventano oggetto d'arte» ha dichiarato Greenaway; Goltzius testimonia il profondo interesse di Greenaway per i capolavori del Rinascimento: narrazione, videoarte, pittura, teatro, musica fondono l'estetica del Cinquecento secolo con i mezzi digitali del ventunesimo secolo, creando uno spettacolo opulento, una messa in scena dove i linguaggi vengono contaminati in un cortocircuito di diverse tecnologie. 

Anche questa volta le musiche del film sono firmate da Marco Robino, ed eseguite anche sul set, in costume d'epoca, dal suo quintetto Architorti: il testo poetico dell'aria cantata Di Narciso è di Daniele Martino. 


Intanto la casa di produzione cinematografica inglese Axiom Films ha appena annunciato la pubblicazione del film in dvd, blu-ray e video on demand: http://www.axiomfilms.co.uk/films/coming-soon/goltzius-and-the-pelican-company.html

 

Possibile anche acquistare la colonna sonora di Marco Robino on line su eBay: http://www.ebay.it/itm/CD-ARCHITORTI-Goltzius-The-Pelican-Company-OST-2014-Peter-Greenaway-NEW-/111475564530?pt=IT_CD&hash=item19f4761ff2

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