Le anime umide

27 Agosto 2012

Tempo di vacanze, tempo di tuffi nelle chiare acque dei nostri mari. Seduti sulla spiaggia rincorrendo con lo sguardo l’irrefrenabile farsi e disfarsi del moto ondoso, ci accade di inseguire anche i nostri pensieri che, così come le onde, affiorano e si frangono con la medesima velocità.

 

L’acqua è una massa senza forma che fluisce e riempie invasi e contenitori di ogni tipo. Spinta dalla gravità precipita e scorre lungo pendii solcando il suolo terrestre con anse serpeggianti disegnate dalla massima pendenza. Quando lo scorrimento lineare dell’acqua viene devia­to da qualche ostacolo, dietro di questo si formano dei vortici che girano nel senso opposto rispetto alla direzione del­la corrente. La spirale è la forma che l’acqua prende anche quando è messa in movi­mento dalle spinte del vento che incre­spano la superficie del mare. Il piccolo appiglio di una piega è sufficiente alla forza del vento a far presa e sollevare l’acqua facendola oscillare tra cuspidi convesse econcavi baccelli aperti al cielo. Al vertice della cresta di un’onda si incon­trano, in una fortissima tensione e con velocità di scorrimento diseguale, due opposte super­fici limite. La superficie più veloce, quella che si distende nella stessa direzione del vento, precede e sopravanza l’altra (formata dal risucchio verso l’alto della massa d’acqua) costretta a cur­varsi nel suo interno.

 

Ha così inizio la formazione del caratteristico movimento a spirale dell’onda, che, chiudendosi, avvolge inesorabilmente nell’incavatura anche la sua schiumeggiante cresta. Questa schematica descrizione non ci dà ragione di un fenomeno che sfugge all’osservazione diretta dell’occhio umano: nello spazio non riusciamo mai a fissare dove nasce, come si evolve e come svanisce un’onda. Quale che siano forma, colore, lunghezzae altezza con cui appare,ogni sua proprietà evolve e si dissolve troppo rapidamente in un incessante vorticoso fluire. Con questa frustrazione visiva si trova a fare i conti anche il signor Palomar, il protagonista del romanzo omonimo di Italo Calvino. Tuttavia il signor Palomar non si perde d’animo, non esita nel cercare di afferrare la forma di un’onda, perché sente che la sua conoscenza “potrebbe essere la chiave per padroneggiare la complessità del mondo … e di estendere questa conoscenza all’intero universo.

 

William Turner, Pescatori in mare

 

Leonardo da Vinci cinque secoli prima aveva studiato a fondo i movimenti dell’acqua, dedicando loro numerosi disegni che avrebbero dovuto far parte di un libro sull’acqua, composto da quindici sezioni. L’acqua è per Leonardo la matrice della morfogenesi di tutte le forme viventi, “nessuna cosa sanza lei ritiene di sé la prima forma”. Alla sua straordinaria capacità di osservazione non sfuggì la differenza tra moto ondoso e corrente. Come un campo di grano mosso dal vento sembra percorso da un moto ondoso, così anche nel mare le onde si susseguono una dietro l’altra mentre l’acqua resta ferma: forme in movimento sempre diverse nella stessa acqua. Nei fiumi invece la corrente forma delle onde che, una volta stabilizzate, rimangono ferme nello stesso punto e della medesima forma: forme sempre uguali composte da acqua sempre diversa. La formazione dei vortici attira l’occhio di Leonardo, che li osserva e li disegna con crescente interesse fino agli ultimi anni della sua vita.

 

Nella dinamica formazione dei vortici Leonardo aveva intravisto che la stabilità si combinava con il cambiamento, che il movimento rettilineo di scorrimento, più veloce, veniva a contatto con il movimento curvilineo, quello rotatorio più lento prodotto dall’elemento che si scontra con la sua stessa massa. Il vortice per Leonardo rappresenta la formazione originaria del “primo caos”, la visualizzazione dell’impulso formativo da cui ha avuto origine l’infinita varietà di tutte le forme della natura. I movimenti dell’acqua agiscono come forze morfologiche nella formazione delle ossa e dei muscoli degli animali e delle forme dei vegetali: dalle gemme alle foglie, dai viticci della vite alla disposizione delle foglie lungo il fusto (fillotassi) che assicura a ciascuna di esse di ricevere la luce che le necessita.

 

Le forme dell’acqua affascinarono anche il grande pittore giapponese Tokitaro Hokusai (1760-1868), al punto da indurlo a disegnare in più riprese la formazione dei vortici e delle onde prima di realizzare la famosissima “Grande onda presso la costa di Kanagawa”. In quest’opera il pittore intravede il duplice e contrastante sentimento che si percepisce davanti alla maestosa eleganza della forma dell’onda: nello schiumeggiante merletto della cresta si annida il presagio di una latente metamorfosi dei suoi riccioli bianchi in minacciosi artigli uncinati.

 

Ciò che per Hokusai è soltanto paventato nel dipinto Pescatori in mare di William Turner possiede già i tratti di in un’incipiente tragedia che da lì a poco travolgerà la vita di alcuni pescatori sorpresi dalla tempesta. La loro barca, ormai ingovernabile, va incontro al suo destino danzando sulla cresta di imponenti onde, masse enormi di acque cupe che si infrangono furiosamente sugli scogli. L’acqua, quindi, così come dà anche toglie la vita a tutti gli esseri viventi, perché, ricorda Eraclito, tutte le anime sono umide.

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