L’incompleto come attitudine

23 Maggio 2012

Alla Galleria Francesca Minini di Milano un singolare progetto riunisce una collettiva di giovani artisti provenienti da diverse nazioni le cui opere interrogano in modo provocatorio un’attitudine sfuggente e controversa che investe pensiero, sguardo, gesto e forma: il non-completo.

 

Quattordici dadi disposti in modo casuale sul pavimento che attendono nuovamente di essere lanciati fino a riottenere come somma totale il numero 42 (Nina Beier & Marie Lund, 42, 2008), una macchina fotografica usa e getta con all’interno un rullino parzialmente utilizzato (Jouzas Laivys, A sigle-use camera containing a film wich is not yet fully exposed, 2003), un puzzle di 1.800 pezzi non ultimato e racchiuso in un quadrato di plexiglass appeso alla parete (Ryan Gander, Let’s make this happen, 2012), una serie di Polaroid che ritraggono in una determinata data, ora e luogo piccoli abeti (Meriç Algün Ringborg, Untitled (tree top project), 2009), una frase che indica le coordinate di un ipotetico appuntamento (Jonathan Monk, Meeting#99: Buckingham Palace London England May 19th 2039 Noon), scene estrapolate da diversi film del passato rimontate in un unico video (Pierre Bismuth, Respect the Dead, 2001-2003), un atto di vendita che garantisce all’acquirente, una volta firmato, l’immortalità (Kris Martin, Life after death, 2006), dei portachiavi kitsch con appesi dei piccoli congegni utilizzati per aprire porte e lucchetti (Claire Fontaine, Passe-partout, 2009), parole ricamate su una tela che formano la definizione della parola Fear in inglese (Ghada Amer, The Definition of the Word Fear in English, 2007), un grande masso di pietra che nasconde un sacchetto contenente un telecomando e un foglio con una serie di istruzioni (Mandla Reuter, The Gate, 2012): la trama sottesa che lega sensibilmente e concettualmente l’insieme complesso e frammentario di questi oggetti, immagini, suoni e parole è l’interrogazione aperta sullo statuto ontologico dell’incompleto e sulle sue possibili manifestazioni, declinazioni e implicazioni nella contemporaneità.

 

Meric Algun Ringborg. Untitled (tree top project), 2009-ongoing. Polaroid photography. Courtesy Francesca Minini, Milan. Photo Agostino Osio.

 

Il titolo stesso di questa mostra ideata e curata da Adam Carr, An Incomplete History of Incomplete Works of Art, suggerisce la complessità di questa dimensione latente nel linguaggio, nell’espressione e nelle immagini, mai totalmente afferrabile, circoscrivibile e soprattutto definibile.

 

Fotografie, sculture, disegni, serigrafie, video e piccole installazioni (alcune delle quali riattraversano in modo esplicito, determinate riflessioni e problematiche aperte tra gli anni Sessanta e Settanta da artisti come Ian Wilson, Lawrence Weiner, Hanne Darboven, Robert Smithson) realizzate da diversi artisti in quest’ultimo decennio (esclusa la serie di disegni su carta Incomplete open cube drawing realizzati da Sol Lewitt nel 1974) mettono in scena il rapporto tensivo e dialettico tra la dimensione dell’incompleto e quella del completo, sospendendo questa relazione nell’intervallo riflessivo, percettivo e immaginativo che si stabilisce tra opera, spettatore e contesto espositivo. Il nodo critico intorno al quale si sviluppa l’intera mostra, infatti, non è dettato solo dalla riflessione sul rapporto tra intenzione, forma e indeterminazione nel processo di creazione artistica, ma coinvolge anche l’osservazione di tutti quei meccanismi e dispositivi di contestualizzazione, esposizione e diffusione delle opere d’arte che ne regolano e determinano a posteriori la ricezione e trasmissibilità.

 

Ghada Amer. The Definition of the Word Fear in English, 2007. Embroidery and gel medium on canvas, 185 x 152 cm. Courtesy Francesca Minini, Milan.

 

Narrazioni spezzate e ricomposte, contestualizzate ossessivamente nel tempo e nello spazio (Alek O., 27 November 2011, London, 2012), interrotte e sospese (Dan Rees, Merthyr Rising, 2012), parzialmente taciute, in costante mutamento (Christian Burnoski, Balloons: One Every Five Days, 2010; Jonathan Monk, Mirror (fade-repeat) I, 2012), intenzionalmente obsolete (Nina Beier, The Blues, 2012; Pierre Bismuth, Yasmine-Francine, 2001), eccedenti, strutturalmente incompiute (Simon Dybbroe Møller, O, 2011) e continuamente riscritte (Ron Terada, Have you seen this Kitten?, 2008): queste suggestioni visive, spaziali, temporali e immaginative, oltre a costituire la struttura fisica e la dimensione concettuale dei lavori presenti in questa esposizione, restituiscono allegoricamente la natura problematica di tutti quegli spazi fisici, teorici, testuali, percettivi, discorsivi e istituzionali che si creano e si sviluppano nel corso del tempo intorno all’opera d’arte stessa.

 

Christian Burnoski. Balloons: One Every Five Days, 2010. Helium, balloons, stone, twine, 90 x 90 x 185 cm. Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milan.

 

Un intervento in particolare all’interno di questa mostra esaspera la natura controversa e insanabile di questa relazione. Si tratta dell’opera Untitled (Missing Piece) realizzata nel 2005 dall’artista messicano Mario Garcia Torres. Un lavoro che apparentemente non esiste e appare solo nello spazio fisico e tangibile di un foglio di carta (nello specifico nella checklist delle opere esibite) in cui l’artista trascrive esclusivamente il proprio nome, il titolo e l’anno di realizzazione del suo intervento: Mario Garcia Torres. Untitled (Missing Piece), 2005.

 

Non sono forse proprio queste perdite, mancanze e dispersioni ad alimentare continuamente ogni processo di significazione? In fondo anche una possibile risposta a questa stessa domanda non potrà che essere strutturalmente incompleta.

 

An Incomplete History of Incomplete Works of Art, 2012. Curated by Adam Carr. Exhibition view at Francesca Minini, Milan. Photo Agostino Osio.

 


 

An Incomplete History of Incomplete Works of Art

 

Artisti in mostra: Meriç Algün Ringborg, Ghada Amer, Nina Beier, Pierre Bismuth, Liudvikas Buklys, Christian Burnoski, Claire Fontaine, Ryan Gander, Juozas Laivys, Sol LeWitt, Nina Beier and Marie Lund, Kris Martin, Simon Dybbroe Møller, Jonathan Monk, Alek O., Dan Rees, Mandla Reuter, Ron Terada, Mario Garcia Torres.

 

A cura di Adam Carr

 

Luogo: Francesca Minini, Via Massimiano 25, Milano

 

Date: 10 maggio-14 luglio

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