Mi ribello dunque siamo

21 Ottobre 2014

Kiko ha sedici anni, Kiko ha perso il padre – italiano – in un incidente. Kiko vive con la madre – filippina – e il nuovo convivente, un caporale che sfrutta operai edili clandestini, nella periferia friulana.

 

Kiko, costretto a trascorrere intere giornate in cantiere, va male a scuola. L’unico posto in cui si ritrova è un vecchio autobus abbandonato in una discarica. È lì che il ragazzo si nasconde per fuggire un mondo guasto.

Kiko è destinato a soccombere, fin quando, un giorno, incontra l'anziano Ettore. L’uomo dice di essere un professore in pensione, un vecchio amico del padre. L'insolito comportamento del maestro incuriosisce il ragazzo, dotato di grande intelligenza e sensibilità. Ecco infine, per entrambi, un’occasione di redenzione.

 

Grazie a Ettore, Kiko trova il coraggio di battersi e dare forma autentica alla vita, trova il coraggio di vivere senza rinunciare al desiderio di conoscere se stesso.

 

 

Se chiudo gli occhi non sono più qui, dice l'autore, il regista Vittorio Moroni, "è un film sull’avventura della conoscenza, sulla potenza esplosiva che deflagra quando il sapere entra in contatto con la vita e il bisogno profondo di interrogarci intorno a essa".

 

Kiko è un idealista, un costruttore di futuro. Kiko è un uomo in rivolta. Kiko siamo noi.

Mi ribello dunque siamo (Camus), è una delle frasi che Ettore traccia su sassi bianchi di fiume, sassi che, come un Pollicino, Kiko segue nel cercarsi, rispondendo a un'unica sollecitazione: Ribellarsi.

 

Il ragazzo, oltre a una catastrofica condizione economica, eredita dal padre un prezioso tesoro, la passione per l'astronomia, il desiderio di alzare gli occhi al cielo e confrontarsi con la grandezza. Eredita la volontà di rendere straordinaria la propria vita.

 

 

Chi è Kiko? È innanzitutto un uomo che rifiuta. Ma un uomo che rifiuta, dice Camus, non rinuncia: è anche un uomo che afferma.

Dunque osserviamo nel dettaglio il movimento di rivolta. Kiko, che ha ricevuto ferree indicazioni di vita, giudica a un tratto inaccettabile un nuovo comando. Insorge, rifiuta, ricusa. Che cosa dimostra questo rifiuto?

Dimostra la necessità di trovarsi e dare forma a mondi unici per quanto solidali. Dimostra l'ineluttabilità del riconoscimento e della ricerca di significato, di valore.

 

 

La giusta risposta di Kiko è la non-rassegnazione, anzi la rivolta. Contro l'insensatezza del mondo l'uomo deve avere la forza di alzare la sua protesta. Kiko ha deciso che cosa vuol fare. E lo farà.

 

Se prima era adagiato in un compromesso, ora rifiuta e senza esitazione vuole essere tutto, identificarsi totalmente con quel bene di cui ha preso coscienza, essere riconosciuto e considerato nella propria persona.

 

 

Se Kiko accetta questa fatica è perché crede in un bene trascendente, il proprio destino, è perché difende un diritto, negato, che ritiene necessario, e agisce dunque in nome di un valore, per quanto confuso, che ritiene di avere in comune con tutti gli uomini, la coscienza morale, che nell’Emile Rousseau così descrive:

 

Esiste dunque in fondo agli animi un principio innato di giustizia e virtù in base al quale, nonostante le nostre stesse massime, giudichiamo le azioni nostre e altrui come buone o cattive, ed è a questo principio che do il nome di coscienza.

 

 

In Italia si producono opere cinematografiche di grande valore, opere che di frequente non arrivano al pubblico, e quando ci arrivano faticano a restarci, opere cinematografiche che non sono trasmesse in televisione, che non sono viste nelle scuole, e che tuttavia illuminano il nostro mondo, questo mondo così difficile, contorto ed enigmatico, restituendo dignità e grandezza al cinema.

 

Se chiudo gli occhi non sono più qui è uno di questi film, un film eccezionale, anche nell'accezione testuale di opera cinematografica non comune nel panorama commerciale italiano, di opera che, come dice Moroni, "riconosce la possibilità dell’entusiasmo e della trasformabilità della vita a partire dal conoscere".

Perché, nonostante quello che si racconta in questi nostri anni arresi, parole e idee, quando sono pertinenti, possono ancora cambiare il mondo.

 

Il film sarà proiettato prossimamente al cinema Centrale a Milano

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