Ma perché si scivola così bene? / Notizie dall’impero delle bucce di banana
La buccia di banana ha proprietà miracolose. Non solo dà sollievo alle punture di zanzara, ma cura anche le verruche e attenua le rughe. Oltre a pulire denti, scarpe e argenteria, concima il giardino attirando uccellini e farfalle di ogni colore. La buccia di banana non andrebbe gettata via senza pensarci almeno due volte, essendo fonte inesauribile di rimedi naturali che tendono a migliorare la nostra vita. A meno che, certo, non ci mettiate un piede sopra: in tal caso la vostra vita andrà decisamente a peggiorare. Piegandosi sotto il peso di una gigantesca risata.
Ma perché si scivola così bene su una buccia di banana? E non altrettanto su quella di una pera, di un kiwi o di un avocado? Perché sulla superficie interna della banana sono presenti a quanto pare dei follicoli che se spremuti rilasciano un gel a base di polisaccaridi. Un gel che spiaccicato tra la banana e il suolo provoca l’immediato scivolamento: è ingegnosa la banana. Forse si vendica dell’offesa di essere calpestata. Oppure lavora per il Dio del ridicolo che, al contrario di quello serioso con la barba, non dorme mai.
Se capitate tra le mani del Dio del ridicolo, rimpiangerete amaramente la barbetta paternalistica di quello serioso. Il Dio del ridicolo, che regna imperturbabile sull’impero delle bucce di banane, è infatti di una crudeltà inaudita. Dispotica e infantile. È il Dio della vergogna e della caduta: nel ridicolo non si entra, non si esce e neppure si resta, ma per l’appunto si cade. Come in un pozzo. E cadendo non si può fare a meno di chiedersi se sia un sollievo o piuttosto una tragedia. Se tutto è ridicolo, saremo alleggeriti oppure privati di ogni barlume di senso?
Pensate a un dittatore. Baffetti, mascella, vocione: l’incarnazione stessa del ridicolo. Ma pensate adesso a quel dittatore da bambino. In mezzo a un cerchio feroce di simili che ride delle sue orecchie a sventola. O delle pezze al culo che si ritrova. In un certo senso il ridicolo ci salva, facendo rotolare giù dal piedistallo quella schiera infinita di idoli e tromboni che funesta l’universo. In un altro ci censura e ci perverte. Dal bambino al dittatore: bacchetta i sogni e le stranezze, trasformandoli in mostruosità.
Il ridicolo è un tarlo che rode il mondo fino a lasciarlo nudo come un torsolo di mela. Con i semini che ci guardano attoniti. All’inizio il can can derisorio ci galvanizza come una forza che libera il mondo dalle sue impettite zavorre. Ma poi finisce per intristirci, come un eccesso di tabula rasa. Di troppa allegra distruzione. Sarà per quello che i più celebri comici di ogni tempo e luogo hanno sofferto di lancinanti attacchi di malinconia? O che Kafka, secondo una delle più belle parabole del Novecento, leggeva le sue cupe invenzioni ridendo?
Ma torniamo alla banana. Ai suoi magici poteri. Magia bianca e magia nera. Risolleva e fa cadere. Pulisce le scarpe e le inganna con quel gel di polisaccaridi nascosto tra le sue pieghe. Prima di tutto abbiamo stabilito che sull’impero delle bucce di banane non risplende la luce di nessuna clemenza. Adesso la questione è se stiamo parlando di un impero retto da leggi più o meno democratiche. Oppure da bassi istinti di sopraffazione. Perché se è vero che il Dio del ridicolo non si riposa mai, quindi non risparmia nessuno, come negare che per amore del suo regno eternamente ridanciano quello stesso Dio percuota con un colpo di frusta soprattutto chi in piedi come gli altri non riesce a stare?
Sei grasso e fai ridere. Inciampi e fai ridere. Sei vecchio, storpio, stralunato e una risata globale ti seppellirà. Sulla buccia di banana scivola il potente, d’accordo, ma prima di lui scivolano i poveracci cresciuti a suon di schiaffi e imperfezione. Aperto sberleffo alla legge, il ridicolo è anche il suo principale alleato. La norma e la vergogna di esserne fuori sono infatti il suo maggiore campo di applicazione. Questo è il più crudele paradosso che lo riguarda: contro ogni totalitarismo quale antidoto migliore del ridicolo? Nessuno. Ma la sua spettacolare efficacia in questo ambito non dipenderà anche dal fatto che dentro di sé cova un’anima altrettanto tirannica? Che conosce insomma il nemico meglio di chiunque altro, nella misura in cui gli è fratello?
La seriosità ci uccide, ma il ridicolo ci annienta davanti a un pubblico impietoso. “Sei ridicolo!” è la più brutale ingiunzione al conformismo che conosciamo. Fin dall’infanzia più tenera: si cresce in mezzo a mille traumi e paure, ma niente supera il timore abissale di cadere nel ridicolo. E cadendo essere espulsi dal cerchio della tribù in cui ci è capitato di nascere. La vergogna per una caduta morale può inseguirci fino all’inferno. Ma quella per una caduta su una misera buccia di banana rovina il paradiso per sempre. Distrugge infatti l’immagine di noi che si va dritti nel mondo, consegnandola come un cavallo zoppo ai demoni della canzonatura. Chi inciampa pubblicamente perde ogni stato di grazia e si ritrova goffamente disfatto nelle mani degli altri.
Infine, un’ultima domanda: lo sghignazzo è relativo o universale? Subisce variazione storiche, geografiche, oppure sta ficcato come Satana al centro della terra senza mutare mai? Il Dio del ridicolo per sopravvivere deve cambiare. Essere flessibile, elastico. Adattarsi ai diversi climi, alle diverse culture, ai cambiamenti di sensibilità. Tuttavia c’è un nucleo incandescente che rimane pronto a seguirci dappertutto. Quando il gel di polisaccaridi si spreme dai follicoli di una buccia abbandonata per strada, puoi essere in Cina, in Australia o in mezzo agli Inuit della Groenlandia: puoi essere dove ti pare. Ma se il piede che ha strizzato il gel della banana è tuo, allora puoi stare sicuro che l’insieme di atomi che forma momentaneamente la tua persona ha il tempo contato. Tra poco perderà l’equilibrio, disintegrandosi sotto lo sguardo appeso in cielo di qualcuno che ride di te.