Nuovi modelli di narrazione digitale

10 Maggio 2015

A per Alfabeti e Architettura. M per Mappe e Matematica. R per Resistenza, W, la sezione dedicata ai migranti e all’accoglienza, per Welcome. L’elenco delle categorie della Libreria Internazionale di Bologna Children’s BookFair – enormi cartelloni colorati sospesi come festoni, tra la gente assorta nei libri – è ancora, a distanza di qualche giorno, la più bella cartolina ricordo di una fiera che per la seconda volta ha aperto le sue porte a tutti, genitori e ragazzi compresi.

 

Organizzati dai librai della Giannino Stoppani, i tavoli delle categorie mettevano insieme classici e libri di editori sconosciuti, gioielli di cartotecnica e tascabili di narrativa, lingue europee e alfabeti orientali. E tutto questo senza che nessuna delle categorie perdesse di forza o di coerenza, grazie al filo rassicurante e solidissimo della narrazione per immagini, protagonista assoluta, da cinquant’anni, della fiera di Bologna. Dall’alto di questa tradizione, che ha sempre rivendicato con forza il valore, per bambini e per adulti, di “guardare le figure” (l’arte umile ma preziosa di cui è maestro Antonio Faeti), la fiera per ragazzi di Bologna ha iniziato a interessarsi, da qualche anno, anche all’editoria digitale dedicata all’infanzia. È così che al BolognaRagazzi Award, che da 50 anni premia i migliori libri per ragazzi (celebrato, quest’anno, da una mostra dei più significativi e da una lunghissima timeline di copertine in fila), si è affiancato il Digital Award che dal 2012, ovvero sin dalle prime mosse di questo settore (l’iPad ha da poco festeggiato i suoi primi cinque anni) seleziona i migliori esempi di narrazione digitale.

 

Dalle scelte della giuria internazionale di qualità, in collaborazione con la rivista statunitense Children’s Technology Review, si sono definitivamente affermati gli editori di riferimento di un settore piccolo ma in continua espansione: per esempio NosyCrow, famosa per le sue rivisitazioni, in chiave digitale, di grandi classici (come Three Little Pigs), e TouchPress, la factory che ha portato dalla carta allo schermo la poesia di Eliot e la tavola periodica (con The Waste Land e The Elements), aprendo la via della sperimentazione digitale legata all’educational e alla divulgazione. Da quattro anni, quindi, Bologna è diventata il primo palcoscenico dell’editoria digitale per ragazzi. Un palcoscenico con un occhio di riguardo, da sempre, per la narrazione digitale, che ha premiato i migliori tentativi di costruire storie in un ambiente che non fosse quello cartaceo, negli ambiti Fiction e Non-Fiction.

 

Può apparire banale, l’attenzione alla narrazione, ma non lo è: soprattutto ai primi tempi del touchscreen, la sperimentazione delle potenzialità del mezzo in tutte le direzioni ha portato all’assemblaggio di ebook e app in cui il racconto era soffocato, molto più che esaltato, dal digitale. O la storia era debole, mero pretesto per l’applicazione di effetti di interazione e di animazione; o la linea narrativa era una mera trasposizione del libro cartaceo di partenza, senza che le evoluzioni (spesso inutilmente pirotecniche) del mezzo si integrassero in alcun modo sul tessuto narrativo preesistente. In mezzo a queste due possibilità, le produzioni (poche) capaci di costruire percorsi narrativi all’interno di un ambiente digitale senza ricalcare le dinamiche del cartaceo, e di sfruttare il linguaggio delle app in senso narrativo.

 

Questi i presupposti delle sperimentazioni più virtuose, capaci di una vera integrazione tra racconto e tecnologia, e di molte delle app vincitrici gli anni scorsi – una fra tutte War Horse, trasposizione digitale di TouchPress, per l’appunto, dall’omonimo romanzo per ragazzi di Michael Morpurgo (Egmont), che affidava all’interazione dell’app la possibilità di esplorare la narrazione, incentrata durante la prima guerra mondiale, da più punti di vista (quello degli Alleati e quello dei tedeschi). E anche gli anni successivi la capacità di narrare storie complesse e di intersecare più piani di lettura è stata molto apprezzata, sia nella sezione Fiction che nella sezione Non-Fiction.

 

 

I premi di quest’anno, invece, raccontano una storia diversa. Dei 5 premiati (un vincitore e quattro menzioni) nessuno sviluppa una storia come ci aspetteremmo, snodando una narrazione scena dopo scena o facendo dell’ottima divulgazione. Le migliori app per ragazzi del 2015 sono app per piccolissimi, in cui tutto è minimale: la storia, che ruota intorno a pochi personaggi e che spesso si concentra tutta nella loro capacità di fare qualcosa sullo schermo; la grafica, lineare ed essenziale; l’interazione, ridotta all’indispensabile per la storia. I primi anni di tablet le migliori produzioni digitali sfruttavano, appunto, le capacità del nuovo mezzo per raccontare storie coinvolgenti (o meglio, erano perlopiù convinti che raccontare storie coinvolgenti significasse dare fondo a tutta la gamma di possibilità di tablet e smartphone) – e nella maggior parte dei casi nascevano oggetti complicati, fortemente strutturati, a livelli, in grado di prevedere più prospettive e più scelte narrative. Molte produzioni si lasciavano alle spalle gli statici modelli cartacei per assomigliare, molto di più, a ottimi pezzi di animazione interattiva. In questo quadro, era difficile anche soltanto immaginare narrazioni essenziali e rivolte ai più piccoli, a quel mercato 0-3 così difficile e delicato in cui le storie non sono ancora storie ma gettano le basi per la lettura. Nel mondo 0-3, presidiato dalle immagini, era difficile irrompere con la tecnologia.

 

 

Ora, invece, dopo che per anni si è sperimentato di tutto, incrociando in mille modi possibilità tecnologiche, sempre più raffinate, ed esigenze narrative sempre più stratificate e strutturate, è possibile tornare al semplice, inventandolo di nuovo.

Ecco i giochi di forme, senza parole, dei poligoni di ), che componendosi insieme danno vita a oggetti diversi, “in un ambiente in cui il gioco si mescola con l’esplorazione” (così la giuria), e la simulazione biologica dell’ecosistema, da ammirare e costruire, di Toca Nature (Toca Boca) – entrambe Menzioni speciali per la Non-Fiction. Ed ecco che, tra le delle 192 candidature provenienti da 27 paesi, il vincitore è My Very Hungry Caterpillar, rivisitazione in chiave digitale del piccolo bruco creato dall’illustratore Eric Carle per una fortunata serie – tutta cartacea. Anche qui, tutta la storia è affidata al bruco, che mangia e cresce per diventare farfalla. Non ci sono parole a raccontarlo ma tutto è lasciato all’esplorazione di chi gioca, “al dito del bambino al centro della storia per aiutare il bruco attraverso ogni fase della sua vita”.

 

 

Una rivoluzione radicale in un panorama, quello digitale, prima dominato dalla complessità e dalla sperimentazione a tutti i costi. Interessante che parta da Bologna e dalla fiera che gli allievi di Faeti hanno contribuito a plasmare, tenendo sempre ben ferma l’importanza e la specificità di quella letteratura per l’infanzia che non è una piccola letteratura ma una letteratura a tutti gli effetti, anche se, per sua fortuna, ancora bambina.

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