Oliver Sacks, antropologo dell'autismo
Il ricordo di Sacks da parte di Marco Belpoliti mi spinge a scrivere di una parte importante del suo lavoro clinico e sociale. Maestri indiscussi di Oliver Sacks, per sua stessa ammissione, furono Alexander Romanovič Lurija (1902-1977) e Kurt Goldstein (1878-1965). Lurija fu tra i primi ad avere l'idea, ora in disuso, di fare il neurologo con competenze storico-culturali, che gli costò un'epurazione dall'Istituto dove lavorava da parte dei pavloviani. Di lui, tra le altre illuminanti indagini scientifiche, rimane il caso clinico del mnemonista, pubblicato nel 1968, ventiquattro anni dopo il racconto Funes el memorioso di Borges, a indicare di quanto la letteratura preceda la scienza. Goldstein fu il primo neurologo a mettere in discussione le semplificazioni pavloviane e a leggere la fenomenologia delle condotte umane patologiche come rivelatrici di un equilibrio sui generis, influenzando, tra l'altro, l'opera filosofica di Maurice Merleau-Ponty e quella medica di Georges Canguilhem.
Già nell'Uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Sacks si occupa di una sindrome rara: la Gilles de la Tourette. Scrive, vado a memoria, di un uomo – Ray dei mille tic – che suona la batteria in un gruppo musicale, con eccellenti risultati, ma ha continui problemi lavorativi legati all'insistenza della sindrome, che produce coprolalie sporadiche di varia intensità e conseguenti licenziamenti. La diagnosi di sindrome di Tourette era da tempo caduta in disuso – il povero Tourette era morto in manicomio, ripudiato dalla famiglia – le persone con questa sindrome venivano erroneamente scambiate, sopratutto dagli psichiatri, come psicotiche. La nota farmacologia ex-adiuvantibus diceva che, poiché trattati con un noto neurolettico reagivano positivamente, e poiché lo stesso farmaco “funzionava” anche su pazienti con diagnosi di psicosi, allora si trattava di psicosi. Elementare, come spesso è l'ideologia psichiatrica.
Del resto la sindrome di Tourette è uno dei tanti Golem cui sta dietro il nome del medico che l'ha scoperta. George Albert Édouard Brutus Gilles de la Tourette (1857-1904) era alla Salpêtrière e lavorava con Jean-Martin Charcot (1825-1893), lo si ritrova nel noto quadro di Pierre Aristide André Brouillet (1857-1914) Una lezione clinica alla Salpêtrière. Per un lungo periodo fu ritenuta una forma isterica, quando molti disturbi neurologici, in Francia, venivano descritti sul piano della fenomenologia del comportamento, piuttosto che dal punto di vista strettamente neurologico. Poi, lentamente, la sindrome tese a scomparire dai quadri diagnostici, diventando un fenomeno raro, probabilmente coperta dalla falsa impressione, almeno nei casi più marcati, che fosse appunto un insieme di sintomi psicotici, tanto più dopo l'invenzione dei neurolettici. È noto il riduzionismo sanitario che sostiene l'esistenza di una cosa solo se ha un riscontro bio/farmacologico.
Sacks propone al suo paziente, Ray, di assumere il neurolettico in questione e Ray, da un certo punto di vista, migliora. Si comporta meglio, non perde più il lavoro, in famiglia tutto bene. Diventa un ottimo perbenista. Tuttavia non riesce più a suonare la batteria così bene, non è più così brillante, cambia identità. Penso, dati gli effetti di quel neurolettico, che alle otto di sera si addormentasse, e la batteria, come noto, si suona dopo le dieci. Questo, a volte, è l'effetto di un farmaco. Il medico gli chiede di scegliere, Ray rinuncia al farmaco per tornare come prima, senza alcuna obiezione, esitazione, preoccupazione del dottore. A volte ci vuole coraggio, e Sacks ne aveva.
A partire da quel momento, grazie anche al contributo di questo strano tipo neurologo e romanziere – che insegnò a distinguere clinicamente un tourettiano da una persona con un disordine psicotico – le diagnosi di Sindrome di Gilles de la Tourette aumentarono e il campo clinico di riferimento passò dalla psichiatria alla neurologia, evitando a molte di queste persone di subire quei trattamenti di contenimento ancora diffusi nel mondo delle ideologie psichiatriche.
Un contributo clinico forse ancora più importante di Sacks furono i suoi studi sull'autismo, supportati dal grande contributo di Temple Grandin. Fu lei a coniare il titolo del suo libro: Un antropologo su marte. Sull'autismo era calata una cappa di disperazione esistenziale alimentata da alcune interpretazioni mediche e psicologiche iatrogene, sia in campo psicodinamico, che in campo cognitivo-comportamentale. Su questa lunga vicenda storica, con Enrico Valtellina, abbiamo appena scritto un saggio che sta per venire pubblicato. Ebbene, Sacks fu tra i primi clinici ad affrontare l'autismo dal punto di vista di un soggetto autistico, piuttosto che di un paziente autistico. Di una persona, Temple Grandin, che insegna zootecnia in una università del Nord America.
Da lì in poi, la proliferazione di letteratura ad opera di persone autistiche, la diffusione mediatica di film, documentari, trattati scientifici e divulgativi, di ogni ordine e qualità, è stata enorme. Sopratutto nacque un movimento identitario definitosi Neurodiversity, fondato negli anni Novanta da Judith Singer. Un movimento che, appellandosi alla ricchezza e all'importanza della biodiversità, sosteneva che i neuro diversi – persone autistiche, ma non solo – hanno potenzialità e risorse diverse ma altrettanto valide delle persone “neuro tipiche”. Si giunse persino, sulla scorta dell'influenza di studiosi come Sacks, a formulare, da parte di questo movimento – in modo ironico e provocatorio – una classificazione diagnostica per la neuro tipicità: i neurotipici si guardano troppo a lungo negli occhi, ha una loquacità smisurata, fanno sempre tutto per un fine specifico.
Marco Belpoliti ha fatto una importante sintesi delle opere principali, quelle che hanno avuto il maggior peso letterario. Il suo è il migliore tra i servizi fatti per la scomparsa di Oliver Sacks che mi sono capitati tra le mani. Questo saggio parla più del clinico, sopratutto del suo modo di vedere la clinica, che è tutto ciò che un buon clinico dovrebbe sapere.
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