Perdutamente, la scena romana

31 Ottobre 2012

Perdutamente, un avverbio contenente un mondo al collasso, una società alla deriva, termine che si fa immagine di una generazione. Quale migliore terreno di confronto per il teatro?

 

Con questo tema ricco di implicazioni, suggestioni e rimandi Gabriele Lavia ha voluto chiudere la stagione del Teatro India appena iniziata. Il luogo della sperimentazione, voluto da Mario Martone all’inizio del nuovo millennio anche nell’ottica di riqualificazione delle strutture abbandonate dalla Mira Lanza, col nuovo anno chiuderà le porte all’arte per aprirsi a una serie di lavori di ristrutturazione. A 18 compagnie selezionate sul territorio capitolino – per una volta senza bandi, ma per merito – la possibilità di far vivere lo spazio adiacente al gazometro per un paio di mesi. A ognuna delle compagini artistiche un budget produttivo di circa 6.000 euro e la possibilità di creare workshop e laboratori (gratuiti per i partecipanti) che saranno le fondamenta di un nuovo percorso di ricerca. In dicembre si avrà la possibilità di assistere a una sessione di presentazione dei lavori, piccole opere di un quarto d’ora nate a partire dallo stimolo di cui il Teatro di Roma si è fatto carico.

 

Spazi esterni del Teatro India

 

Mentre questo articolo viene redatto alcuni dei progetti sono già noti. Psicopompo Teatro, collettivo guidato da Manuela Cherubini, lavora sulla drammaturgia contemporanea di lingua spagnola: “Un teatro vivo, che del corpo vivo dell’attore è fatto. Il personaggio, nel senso tradizionale del termine, sembra perduto, abbandonato, a favore di una creazione personale dell’attore”. E in effetti in una prova aperta al pubblico, alla quale abbiamo avuto modo di assistere, la regista (anche principale traduttrice di Rafael Spregelburd) ha spiegato alla platea il proprio interesse per quegli autori che creano i personaggi liberi dalla tipico scheletro psicologico del teatro borghese. In scena estratti da Juan Mayorga, Rafael Spregelburd e il giovane Federico Leon, quest’ultimo argentino classe 1975. Nell’incontro tra la regista, gli attori protagonisti del workshop e il pubblico, si condensano già le finalità di Perdutamente, i giovani attori si alternano sul palco mostrando il frutto dello studio personale e del lavoro laboratoriale, la Cherubini li interrompe, chiede loro di reagire non in base a una ricerca interiore (al bando la reviviscenza stanislavskiana) ma secondo le relazioni e le azioni dei personaggi. Cos’è allora che fa scaturire il pianto o il riso? È solo tecnica? Il pubblico viene chiamato in causa più volte per testare il livello di comprensione di alcuni passaggi.

 

Dal 31 ottobre, per una settimana, sarà invece la volta di Elvira Frosini e Daniele Timpano: la coppia (Kataklisma e Amnesia Vivace le due formazioni in sodalizio) esploreranno invece la condizione dell’uomo occidentale traslandola in una delle figure più celebri del cinema horror, lo zombie: “Lo Zombi non lo conosci, non lo riconosci, è un extracomunitario in agguato pronto a stringerti la mano e venderti accendini, rose e fazzoletti per il naso [...] Il morto che cammina. Che cammina e divora. Il consumatore definitivo. Lo Zombi è Il vecchio che non muore e il nuovo che non c’è. Lo Zombi è l’impossibilità della morte e dunque della resurrezione [...]”. La particolarità del progetto Timpano/Frosini sta nell’idea di confrontarsi anche con attori non professionisti per sviluppare un momento di verifica rispetto al percorso intrapreso, il nucleo tematico sarà infatti alla base della loro nuova produzione per la stagione 2013, Zombi 2.

 

Daniele Timpano e Elvira Frosini

 

Continua la propria ricerca nei linguaggi della rappresentazione teatrale il gruppo guidato da Fabrizio Arcuri, tra metateatralità e sguardi politici. Il progetto POST:END / attempts 1 e 2 dell’Accademia degli Artefattitenterà di porgere alcune domande: “Chi va in scena? Chi colonizza chi? E quando tutti tornano alla loro casa – che cosa resta? E chi non riesce a tornarci, a casa?”. In due sessioni da 5 giorni l’una Arcuri incontrerà prima attori e attrici italiani per aprire le porte della sala prove, nella seconda fase, ad artisti e appassionati di lingua madre non italiana.

 

Se i termini per le iscrizioni ai laboratori di Psicopompo, Frosini/Timpano e Accademia degli Artefatti sono scaduti, come d’altronde quelli per il workshop della compagnia Baracco/Cupaiuolo dal titolo Passifalsi (nel quale verranno esplorate le potenzialità di testi come Ivanov e Amleto), sono invece ancora aperte le iscrizioni, fino al 2 novembre, per Clima di Mk e Alzheimer Mon Amour (il giorno del signore) di Veronica Cruciani (curato insieme a Michele Santeramo). Nel progetto della compagnia diretta da Michele Di Stefano – tra le realtà nazionali più interessanti nel settore danza – sarà il corpo in relazione allo spazio a essere al centro delle giornate di studio: “costruire delle danze insieme è soprattutto rendere abitabile uno spazio vuoto, a partire dalla fragilità della propria presenza nel ritmo e nella vibrazione del suono”. Veronica Cruciani porterà invece all’India la propria esperienza costruita in anni di lavoro sul territorio periferico, adiacente al Teatro Biblioteca Quarticciolo, per interrogarsi sulla perdita della memoria tra gli anziani. La ricerca, alla quale parteciperanno attori e drammaturghi, prenderà le mosse dal Centro Anziani nelle vicinanze del Teatro India con una serie di interviste, per arrivare a una seconda fase di scrittura teatrale nella quale sarà determinante l’apporto di Michele Santeramo (Teatro Minimo e vincitore Premio Riccione 2011).

 

Veronica Cruciani, Antigone

 

I riflessi del progetto ideato dallo stabile capitolino probabilmente si misureranno a distanza di mesi, sul sito del Teatro di Roma sarà attivo anche un diario di bordo e man mano saranno presenti informazioni anche sugli altri laboratori (Andrea Cosentino, Biancofango, lacasadargilla/ Lisa Ferlazzo Natoli, Daria Deflorian/Antonio Tagliarini, Diana Arbib. Luca Brinchi. Roberta Zanardo/Santasangre, Fattore K/Federica Santoro Luca Tilli, Fortebraccio Teatro, Lucia Calamaro, Muta Imago, Opera, teatrodelleapparizioni, Tony Clifton Circus). Dunque, se da una parte è ammirevole lo sforzo di apertura verso compagnie che attendevano questo momento (per merito riconosciuto sul campo) da più di un decennio, è lecito anche chiedersi quale sarà l’impegno e lo sguardo nel futuro. Il Teatro di Roma avrà il coraggio e la forza di far tornare nei propri spazi le produzioni che da questa scintilla nasceranno? Oppure ci limiteremo a vederle nelle solite rassegne di “teatro contemporaneo”?

 

 

Andrea Pocosgnich (TeatroeCritica)

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