A Perugia
Chi frequenta i festival che scandiscono l’estate italiana, soprattutto se gli capita di restare per più giorni negli stessi luoghi, non può che constatare l’atmosfera vagamente regressiva che si impadronisce dei convenuti. Una volta accadeva per i congressi, i convegni e le fiere, ora sono i festival che han reso la cultura consumo (facile criticare, ma poi è difficile sfuggire al meccanismo) che rilanciano questo schema inossidabile. I momenti topici, come è noto, non sono tante le conferenze, ma le lunghe ore trascorse nei bar, gli infiniti dopocena e, naturalmente, pranzi e cene. Di solito gli organizzatori s’accordano con gli assessorati al turismo con convenzioni e buoni pasti: è quel che è accaduto per Festarch, il Festival dell’Architettura organizzato dalla rivista Abitare che per la prima volta si svolgeva a Perugia.
A noi conferenzieri (c’era anche Doppiozero) venivano dati dei simpatici tagliandini per i pasti che, scartata una prima idea di farne oggetto di borsa nera, potevano essere consumati in una serie di ristoranti della città. Gli osti di Perugia oscillavano tra una signorile disponibilità di ordinare à la carte e l’obbligo del menu fisso con vino contingentato e trattamento da mezza pensione. Per non far nomi era il caso della “Taverna”, il ristorante di maggior nome della città, che giorno dopo giorno proponeva alla “banda del tagliandino”, considerata ormai un’accolita di scrocconi, un menu invariato dove prosciutto e melone (buono peraltro) era il termometro dell’impegno della cucina.
Non si sa se per noia o per quella leggera euforia che coglie quando si è in vacanza da se stessi, abbiamo (era in corso un piccolo scisma) ascoltato il consiglio di un amico perugino e, disertando i ristoranti convenzionati, sprezzanti di dover pagare di tasca nostra, abbiamo provato Dal mi’ cocco, prezzo fisso 13 euro. Bisogna lasciare quel recinto incantato ma un po’ costrittivo attorno a corso Vannucci, oltrepassare il magnifico Arco etrusco e l’Università per stranieri (sì, il delitto ecc.) e avviarsi per il corso Garibaldi. Qui c’è un’osteria su due livelli, ma piccola, con tovaglia di carte e vino della casa, dove però si mangia generosamente bene. Piatto(ne) fisso i maccheroni fatti in casa, preceduti da un antipastino, a cui si accompagnava farro coi funghi (con quantità un po’ abbondanti di panna, a legare), arrosti misti e dolcetti della casa. Il menu cambia ogni giorno e due/tre volte all’anno. Ripeto, non bisogna avere pretese, ma a me è parsa un’oasi.
Dal mi’ cocco, corso Garibaldi 12 Perugia. Tel 0755732511 (meglio prenotare). Chiuso il lunedì.