Psychic Driving. William E. Jones
Quando Henri Michaux fu coinvolto nel progetto di un film, che intendeva mettere in immagini lo “spazio interiore” da lui esplorato nelle esperienze con la mescalina (Images du monde visionnaire, 1963), volle inserire un preambolo in cui dichiarava la sostanziale impossibilità di tale impresa. Nonostante gli auspici riservati a un medium che parrebbe naturalmente visionario, il cinema ha sempre sbattuto il muso contro le “porte della percezione”: i tentativi di mimare la dimensione soggettiva dei fenomeni allucinatori si sono ridotti per lo più a surrogati illustrativi, chincaglieria ottica. D’altra parte, è proprio estremizzando la sua qualità oggettuale che il cinema può approssimarsi a una zona centrale dell’esperienza psichedelica: l’esplorazione di una percezione non umana.
William E. Jones - Installation view. Ph. Lorenzo Palmieri. Courtesy the artist, Galleria Raffaella Cortese
Psychic Driving, l’opera che dà il titolo alla seconda personale di William E. Jones alla Galleria Raffaella Cortese, utilizza elementi visivi tipicamente “psichedelici” senza voler rappresentare una percezione alterata o coinvolgere e alterare la nostra. Emerge piuttosto un senso di opacità e distanza mentre assistiamo a una sorta di trip oggettivo, un’allucinazione che appartiene solo all’immagine stessa e traduce le vicende convulsive attraversate dal suo supporto fisico manipolato. Una “sequenza di file digitali”, e non semplicemente un video, perché il materiale originario, un nastro VHS ottenuto dai National Archives statunitensi, è stato acquisito e decomposto digitalmente da Jones, i frame selezionati e passati attraverso numerosi filtri di Photoshop fino a perdere ogni apparenza figurativa. Per gran parte della proiezione il quadro è in preda a una continua turbolenza di bande colorate, pattern geometrici, onde sfrangiate: un persistente rumore visivo in cui di tanto in tanto riusciamo a distinguere qualche elemento, anch’esso disturbato dal deterioramento dell’originale. Il sonoro giunge invece nitido ed è questo che permette di risalire al materiale di partenza, di capire quindi cosa Jones stia facendo a questo nastro, di cui troviamo le tracce sfigurate anche nell’altro lavoro in mostra, esibito in un piccolo monitor, Mission Mind Control.
William E. Jones - Installation view. Ph. Lorenzo Palmieri. Courtesy the artist, Galleria Raffaella Cortese
Quest’ultimo è anche il titolo della trasmissione televisiva registrata sul VHS originale: un’inchiesta giornalistica del 1979 sul caso MK Ultra, il progetto segreto con cui la CIA, dai primi anni Cinquanta, finanziò la sperimentazione psichiatrica di vari allucinogeni su soggetti inconsapevoli, unita a diverse forme di tortura psicologica e deprivazione sensoriale. L’intenzione era testare la malleabilità della psiche umana, vagliando la possibilità di ottenere informazioni contro la volontà di un interrogato, ma anche (poiché la fantasia di controllo è di per sé incontrollabile) rimuovere contenuti dalla coscienza attraverso veri e propri lavaggi del cervello. Gli interessi strategici dell’Agenzia si sposavano a volte naturalmente con quelli terapeutici di macellai come Donald Ewen Cameron, i cui metodi di cura della schizofrenia prevedevano robuste dosi di sedativi ed elettroshock, nonché sedute in cui il soggetto assumeva LSD per poi essere lasciato in compagnia di registrazioni su nastro dei suoi colloqui clinici: lo scopo era decostruire (“depatterning”) e riprogrammare (“psychic driving”) gli schemi comportamentali dei pazienti cancellandone parzialmente le memorie.
Gli spezzoni selezionati da Jones in Psychic Driving si concentrano soprattutto sull’esperienza di Val Orlikow, una delle vittime di Cameron: mentre la sua voce testimonia di una vita danneggiata, il suo volto emerge a tratti, come una breccia empatica nel muro astratto delle immagini. Per il resto, tra queste e il sonoro persiste una discrepanza, concetto centrale nel cinema lettrista di Isidore Isou, che Jones ha ripreso e applicato in una serie di lavori recenti (Discrepancy, 2008-2010): propugnando un montaggio “discrepante” nel suo Traité de baive et d’éternité (1951), Isou intendeva abolire ogni relazione tra colonna visiva e sonora nel film, imponendo il suo testo-manifesto su immagini depotenziate e deturpate da graffi e imbrattature. Ma qui l’astrazione dal contenuto delle immagini è tanto arbitraria e radicale da spingersi oltre la non-relazione, creando piuttosto un frustrante andirivieni: l’orrore di quanto è raccontato impedisce di abbandonarsi alla pura plasticità dei quadri astratti, mentre questi si frappongono a una lettura puramente documentale. Possiamo concentrarci sulle parole, certo, ma intanto è difficile non pensare che il trattamento riservato alle immagini sia in qualche modo analogo a quello subito dai pazienti di Cameron.
William E. Jones - Psychic Driving (still frame). Courtesy the artist, Galleria Raffaella Cortese
Cancellare, riprogrammare: col suo gesto di appropriazione Jones sfrutta gli stessi strumenti di un potere occulto per dare una paradossale visibilità alle tracce dei suoi crimini. Strategia replicata dai fogli A4 che tappezzano alcune pareti dello spazio: documenti desecretati della CIA, censurati da cancellature, fotocopie sfigurate dalle successive riproduzioni che si stendono identiche sulla superficie a formare una trama astratta. Psichedelia e astrazione, espansione di coscienza e libertà espressiva, mitologie costitutive dell’avanguardia culturale del secondo dopoguerra, americana e non, sono qui rivoltate come guanti, esposte nella loro contaminazione da parte di una logica paranoica e repressiva. Ma non si tratta solo di riaprire faldoni scottanti del passato: è nel presente, in cui accessibilità dell’informazione e pervasività del controllo ridefiniscono di continuo la sfera visuale, che questo trip auto-riflessivo conduce, senza mai smettere di inquietare e interrogare il proprio materiale, resistendo al compiacimento della mera denuncia e invitando a non vedere mai in un documento qualcosa di acquisito, non prima di averlo accolto come una lacuna parlante.
William E. Jones - Psychic Driving, Galleria Raffaella Cortese, Via A. Stradella 7, Milano
In mostra fino al 14 aprile