Romeo Castellucci al Festival d'Automne

7 Giugno 2014

A pochi giorni dalla conclusione di E la volpe disse al corvo, la rassegna che Bologna ha dedicato a Romeo Castellucci, il Festival d’Automne di Parigi annuncia nel programma della prossima edizione un articolato omaggio al regista cesenate, che si affianca ai ritratti dedicati al compositore Luigi Nono (scomparso nel 1990), e al coreografo William Forsythe. E se ogni anno il festival dedica un focus particolare a uno o più artisti, il fatto inedito è che sia l’omaggio a Castellucci che quello a Luigi Nono si protraranno anche nell’edizione 2015.

 

 

La Francia è stata senz’altro il paese che più ha contribuito a far conoscere il teatro della Socìetas Raffaello Sanzio al di fuori dei confini italiani, e il Festival d’Automne, insieme a quello di Avignone, ha giocato un ruolo particolarmente importante, ospitando e in molti casi coproducendo gli spettacoli della compagnia fin dai primi anni Duemila. Questo ritratto-omaggio è quindi in un certo senso la conseguenza naturale di un rapporto consolidato, e arriva in un momento in cui per Castellucci si moltiplicano commissioni internazionali di grande prestigio in un ambito per lui nuovo, quello dell’opera: dopo Parsifal, allestito nel 2011 alla Monnaie di Bruxelles e ripreso lo scorso gennaio al Comunale di Bologna, ha debuttato pochi giorni fa al Wiener Festwochen l’Orfeo e Euridice di Gluck, che sarà ripreso alla Monnaie nella versione di Berlioz, mentre nel 2015 Moises und Aron di Schönberg inaugurerà l’arrivo di Stéphane Lissner alla guida dell’Opéra di Parigi

 

Non sorprende quindi che anche i tre titoli presentati nel 2014 al Festival d’Automne avranno la musica come filo conduttore: il primo, che andrà in scena al Théâtre de la Ville dal 4 all’11 novembre dopo un’anteprima a Losanna, è la nuova produzione Go down, Moses (sarà al Teatro di Roma a gennaio del 2015): una riflessione sulla figura di Mosé che riprende il titolo di un famoso canto spiritual in cui la schiavitù degli ebrei in Egitto è paragonata a quella degli afroamericani. C’è da credere che questo lavoro, che sul piano musicale vede ancora una volta la collaborazione di Scott Gibbons, nutrirà il lavoro sull’opera di Schönberg (e viceversa?).

 

ph. Christhophe Raynaud de Lage

 

Ci saranno poi due creazioni che nascono direttamente da composizioni musicali. La prima è Schwanengesang D744, da Schwanengesang (Canto del cigno) di Schubert, ciclo liederistico basato su poesie di vari autori: spettacolo andato in scena un’unica sera in chiusura del festival di Avigone 2013 che Marie Collin, condirettrice artistica del festival d’Automne, ha fortemente voluto a Parigi, dove sarà ospitato nel bellissimo e decadente Théâtre des Bouffes du Nord dal 28 al 30 novembre.

 

L’ultimo titolo in programma sarà un particolarissimo Sacre du Printemps, frutto di una commissione della Rhur Triennale. La rilettura che Castellucci darà della celebre composizione di Stravinskij ne sposterà l’oggetto dal sacrificio umano al sacrificio animale, visto però nella sua forma contemporanea, quella della produzione industriale che lo priva di ogni sacralità, riducendo l’animale a mero prodotto di consumo. A dare forma a questa idea non saranno corpi umani, bensì una «coreografia corpuscolare», fatta di polvere di ossa bovine, che attraverso dei macchinari verrà fatta danzare nell’aria come una materia gassosa. Un concetto che entrerà in risonanza con lo spazio in cui andrà in scena: la Grande Halle de la Villette, uno degli edifici che fino a pochi decenni fa costituivano il gigantesco macello di Parigi.

 

«Per me uno degli aspetti che fanno di Castellucci un grande artista è la sua coerenza di pensiero, il ritorno quasi ossessivo di alcuni temi come l’essenza del vivente e la morte, che ritornano anche in questo Sacre du Printemps all’apparenza così astratto» afferma Marie Collin.

 

Il programma dell’edizione 2015 è ancora in via di definizione, ma è già certo il riallestimento dell’Orestea, mai presentata a Parigi. «L’idea era quella di costruire un programma su due anni che fosse al tempo stesso interessante e realizzabile, in cui ci fosse un equilibrio tra nuove creazioni e vecchi spettacoli» continua la direttrice artistica del Festival d’Automne. «Quando ho chiesto a Romeo quali dei suoi vecchi lavori avrebbe voluto riprendere, l’Orestea è stata la sua prima risposta. È stato uno dei primi spettacoli della Raffaello Sanzio che vidi, e rimasi scioccata dalla presenza in scena di persone malate e anziane. In Europa era il periodo del grande teatro di regia che si esercitava su grandi testi classici o contemporanei: in Germania con la Schaubüne, in Italia con Luca Ronconi… il lavoro della Raffaello Sanzio irrompeva in questo contesto come qualcosa di totalmente altro, un ‘oggetto teatrale non identificato’».

 

ph. Christhophe Raynaud de Lage

 

«Tra gli spettacoli che avevamo pensato di riallestire c’era anche Hänsel e Gretel, ma purtroppo rimetterlo in scena si è rivelato troppo complicato. Mi piacerebbe poi portare a Parigi alcune delle performance presentate nei mesi scorsi a Bologna, in particolare Uso umano di esseri umani (esercizi di lingua generalissima). La difficoltà maggiore sarà quella di trovare uno spazio altrettanto suggestivo dell’ex Ospedale dei Bastardini, con le sue grandi sale, i soffitti altissimi, le enormi finestre da cui entrava la luce del giorno… a Parigi ogni edificio antico è già occupato, spesso restaurato in modo troppo asettico. Sarà difficilissimo trovare un luogo che offra la stessa atmosfera, e del resto non avrebbe senso riproporla in un normale teatro».

 

In questo periodo Romeo Castellucci è probabilmente l’artista italiano più richiesto nel mondo, eppure in Italia è difficile vedere i suoi spettacoli. Conclude Marie Collin: «La rassegna bolognese è stata magnifica, ma a parte Parsifal il programma non prevedeva nessuno spettacolo vero e proprio, solo performance… La Biennale di Venezia, che pure gli ha conferito il Leone d’Oro, negli ultimi anni ha programmato un solo spettacolo (Sul concetto di volto nel figlio di Dio, ndr), e per un’unica sera. Non parliamo di Milano, dove il suo lavoro è ormai quasi invisibile. L’unica eccezione è il festival RomaEuropa. È davvero triste, e non me lo spiego, perché ritengo che oggi nel panorama teatrale internazionale non siano molti gli artisti del suo livello».

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